Ennesimo “colpaccio” del premier giapponese Shinzo Abe: il 15 maggio è stato ufficialmente proclamato, fra le proteste dell’opposizione, l’ “Orientamento generale” che cancella dalla Costituzione il “divieto di difesa comunitaria” in vigore dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: in pratica il divieto di fare la guerra. Il tutto mentre la politica estera si fa sempre più decisa e l’economia sembra cavalcare come da tempo non succedeva (al punto di meritarsi l’elogio del nostrano Beppe Grillo). Il tutto si lega in un unico orizzonte: quello di uscire dal “regime del dopoguerra”, come gli storici conservatori e nazionalisti chiamano, con toni spregiativi, l’assetto politico-istituzionale instauratosi a partire dal 1945.
L’economia sembra andare alla grande, se è vero come e vero che, nel primo trimestre 2014, il Pil è salito del 5,9%, pari ad un incremento dell’ 1,5% sul trimestre precedente. Va detto, però, che il balzo è dovuto ad un’impennata dei consumi (+ 2,5% annualizzato), in particolare di beni durevoli (+ 66,9% annualizzato!). Tale aumento è stato generato dall’innalzamento dell’ Iva dal 5% all’ 8%: prima che scattasse, è partita la corsa ai consumi. Ora ci si aspetta, nel prossimo trimestre, un crollo dal 4% al 6%. Sempre a causa del rialzo dell’ Iva, l’inflazione è schizzata al 2,7%. Per questo la Borsa resta cauta ed attende le nuove misure che il premier ha annunciato per il prossimo mese.Alcuni evocano lo spettro del 1997, l’anno in cui, dopo l’aumento dell’Iva dal 3 al 5%, il Paese piombo’ in una pesante recessione. A quell’epoca il sistema bancario giapponese era sull’orlo della bancarotta a causa della montagna di prestiti inesigibili, eredita’ dello scoppio della precedente bolla economica. Ieri i tre principali gruppi bancari giapponesi (MUFG, SMFG e Mizuho) hanno annunciato utili superiori alle attese, per un totale equivalente a circa 25 miliardi di dollari in una sola annata. Il Sol Levante sembra dunque al sicuro da catastrofi, ma non si nasconde che le difficoltà non sono ancora del tutto superate.
Sul piano della politica estera, si può dire: vento in poppa. La visita ufficiale di Obama a Tokyo, fra il 23 e 24 aprile 2014, ha segnato un quasi en-plein. Già prima di arrivare, aveva rilasciato un’intervista al quotidiano “Yomiuri” in cui, per la prima volta, ha dichiarato ufficialmente che gli Stati Uniti si considerano ufficialmente impegnati alla difesa delle Senkaku in caso di attacco, in quanto coperte dall’ articolo 5 del Trattato di Sicurezza tra Giappone ed Usa. Il concetto è stato ripetuto durante la visita. A far esultare i Giapponesi, in particolare, è il fatto che Obama abbia usato la parola “Senkaku”, anziché “Diaoyu”, come le chiamano i cinesi, che parimenti ne rivendicano al sovranità. E proprio nel corso di tale visita è arrivato dal Presidente degli States il “disco verde” (fondamentale, trattandosi di norma imposta dall’Amministrazione americana ne ’45) all’abolizione del divieto di Difesa collettiva. Tutto ciò ha fatto imbufalire la Cina, come le successive tappe del tour di Obama, in Corea del Sud e nelle Filippine. Il presidente americano, alle prese con una difficile crisi dello scacchiere geopolitico, che vedono risorgere le tensioni con russi e cinesi, sta infatti cercando di consolidare un fronte di paesi alleati nel Pacifico. E, per questo, gli fa molto comodo che il Giappone, rediviva superpotenza, sia dalla sua parte.
Un’ombra sul vertice è stata, d’altro canto, gettata dalle difficoltà inerenti la conclusione dei negoziati di libero scambio inerenti la Trans Pacific Partnership: essi restano bloccati per la pretesaavanzata dal Giappone, di escludere dall’abbattimento dei dazi alcune categorie di prodotti, fra cui quelli agricoli e le automobili, sicchè nella conferenza stampa congiunta finale non si è potuto che fare riferimento a generici “passi avanti”. Un momento di gelo c’è stato, poi, quando, nella medesima conferenza stampa, rispondendo ad una domanda di un giornalista di “Yomiuri”, Abe ha difeso la propria decisione di rendere omaggio ai caduti del Giappone nel sacrario di Yasukuni, visita che aveva profondamente irritato gli Stati Uniti.
Nel frattempo, sono entrate in vigore le “linee guida” che, il 28 gennaio, il Ministro dell’ Educazione Hakubun Shimomura ha annunciato per la stesura dei libri di testo che, a partire dal 2018, dovranno entrare in uso nelle scuole. E’ l’attuazione del programma di “ripresa educativa” annunciato dal Partito liberaldemocratico in campagna elettorale, volto ad eliminare la tendenza “troppo di sinistra” che il partito di governo ritiene di riscontrare nel mondo dell’istruzione nipponica. Da ora in poi, i libri di testo dovranno insegnare, innanzitutto, lo spirito di gruppo, il patriottismo ed il rispetto delle tradizioni, eliminando quell’eccessivo “senso di autocritica” attualmente indotto negli studenti giapponesi dalla scuola, a detta dei liberaldemocratici. La storia del Giappone è una cosa seria, e i giovani la dovranno apprendere nel modo giusto, in vista del futuro che il governo Abe vuole costruire per l’Impero del Sol Levante.