Matteo Renzi l’ha definita “la svolta buona”, condendola con esagerazioni tipiche del personaggio (abuso di aggettivi: «storico», «incredibile», «determinante»). Si sa che questo lo pensa davvero ma ieri questa svolta non è finita in un decreto, come lui stesso voleva, bensì in un annuncio – l’ennesimo – seppur a breve scadenza.
IL FATTO: “RENZI PER IL MOMENTO PROMETTE”. Come scrive sul Fatto quotidiano Stefano Feltri– il fatto che tutto ciò ricada così vicino alle elezioni Europee non sembra rassicurare: «Ancora una volta Renzi ha rilanciato, ha spostato di un paio di mesi il momento in cui valutarlo». Certo, è chiaro che il taglio delle tasse sul reddito (80 euro al mese) per i lavoratori ci sarà (il mancato taglio pregiudicherebbe il risultato alle Europee e quindi la stessa leadership di Renzi); resta nebuloso, invece, il capitolo delle coperture dato che è inverosimile che ciò che ciò possa ottenersi da un aumento della spesa pubblica.
DRAGHI RIMPROVERA L’ITALIA. Non a caso (anche se dal Mef assicurano che non si sia trattato di una risposta alla conferenza del premier di ieri) Mario Draghi oggi ha richiamato l’Italia: «Non ha fatto tangibili progressi rispetto alla raccomandazione della Commissione Ue di far scendere il deficit, rimasto al 3% nel 2013 contro il 2,6% raccomandato dall’Europa». Due richiami dall’Europa in una settimana non fanno una prova ma…
“BATTUTE DA TELEIMBONITORE”. Nella conferenza “show” di Renzi è rimasto eluso anche il grande tema del lavoro. Non si è parlato di “Job act”, il premier si è limitato a dare qualche titolo («In sei mesi nuovo codice del lavoro…»). Per il momento, insomma, l’aspetto che di Renzi è realmente quantificabile è proprio la fisiognomica, la semiotica più che i provvedimenti. Qualche esempio? Basta prendere le slide utilizzate da Renzi. “Una casa per tutti”, assomiglia – troppo – al berlusconiano “un buon lavoro anche per te”. Così come la promessa sul credito di imposta per i giovani ricercatori: «Lo raddoppiamo». E la riduzione dell’Irap sulle aziende? «Dal 1° maggio». Mattia Feltri su La Stampa tutto questo l’ha definito così: «Metafore e battute da teleimbonitore».
Non a caso – dato che gli aspetti economici sono rimasti vaghi – le cose più interessanti rilevate dai cronisti sulla perfomance del premier sono proprio gli aspetti dello “show”. L’immagine di Renzi con il telecomando che manda le slide non si discosta più di tanto dai corsi per manager yuppie. Filippo Ceccarelli, su Repubblica, lo ha ritratto così: «Fra i personaggi che sin dagli antichi teatrini ambulanti il profeta della società dello spettacolo Guy Debord pone alla base del potere – “illusionisti, imbonitori e protettori” – Matteo Renzi ha incarnato tutti e tre, e anche molto bene. Forse troppo».
BERLUSCONI: “POSSIBILE CHE TRA DI VOI NON SIA UNO COME LUI?” È questo, l’aspetto emozionale e promozionale, quello che per il momento è centrale nella comunicazione e nella preoccupazione di Renzi. Un gioco al rilancio che sembra sedurre sempre di più chi ha fatto scuola in questi anni del dialogo diretto con i cittadini-elettori. Si sa, infatti, che ieri Renzi non ha mostrato le slide ai giornalisti (presi più volte in giro, come accadde in Senato con i senatori) ma direttamente ai telespettatori. Davanti a questo i retroscena hanno registrano una malcelata rabbia, condita da apprezzamento, del Cavaliere mentre guardava Renzi in conferenza stampa. Rabbia contro tutti i dirigenti del suo partito: «Possibile che tra di voi non ci sia uno come Matteo…». E se Berlusconi ciò non può dirlo pubblicamente, a chiarire la vulgata su Matteo che circola ad Arcore ci ha pensato Marcello Dell’Utri: «Straordinario. L’avrei assunto in Publitalia».
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