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Lavoro. Riforma del mercato? No grazie. L’economia si rilancia con i modelli socialmente sostenibili

by Stefano Conti
18 Febbraio 2014
in Cronache, Economia
0

telelavDa quanto tempo assistiamo da parte del mondo politico italiano all’affannosa ricerca, tanto inutile quanto dannosa, di riformare il cosiddetto mercato del lavoro? Quanti apprendisti stregoni abbiamo visto sventolare ipotetiche formule innovative capaci di miracolare la nostra asfittica economi? A quanti sterili e qualunquisti dibattiti televisivi sulle problematiche del lavoro abbiamo assistito, senza mai aver ascoltato nel merito una sola proposta degna e sostenibile? Forse sarebbe sufficiente iniziare ad applicare seriamente quegli strumenti, norme e leggi che in Italia abbondano.

Da una Ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano sull’utilizzo del telelavoro, emerge che l’Italia si posiziona al 25° posto su 27 Paesi europei, con una media del 3,5%, mentre ai primi posti troviamo la Repubblica Ceca (oltre il 15% di diffusione), Lituania, Spagna, Germania e Slovenia (6,5%-7%). La ricerca evidenzia inoltre come nelle Pmi il telelavoro sia presente nel 20% delle imprese, ma sia concesso a tutti i dipendenti in meno del 2% dei casi. Lo studio calcola che attivare diffusamente il telelavoro potrebbe tradursi in prospettiva in un risparmio di 37 mld di euro per le imprese italiane. Purtroppo anche nello sviluppo di questa forma di lavoro si registra l’ennesimo ritardo italiano nei confronti degli standard europei.

Tutto ciò certamente dovuto ad una visione rigida e conservatrice di una parte del sindacato, ma le principali resistenze si registrano in ambito confindustriale e in una concezione rigida dell’organizzazione del lavoro delle aziende, che continua ad esigere la fisica presenza del lavoratore in ufficio. Eppure il telelavoro, o come piace chiamarlo, smartwork o lavoro agile, può portare notevoli benefici.

Alle aziende; aumento della produttività, risparmio sui costi fissi di gestione delle sedi, risparmio consumo energetico, diminuzione dei giorni di malattia. Per i lavoratori: maggiore conciliazione tra vita lavorativa e sfera familiare, risparmio dei tempi di spostamento, calo dello stress, risparmio di denaro e maggiore responsabilizzazione nel lavoro e quindi aumento dell’autostima. Per la cittadinanza e l’ambiente, con la diminuzione dell’emissione dei gas di scarico, tra i principali fattori dell’inquinamento urbano. Immaginiamo, poi, i possibili vantaggi non solo per le aziende private, ma anche, date le dimensioni, per il Pubblico Impiego; un piccolo esempio di spending review che possa finalmente coniugare le esigenze dello Stato con quelle dei suoi dipendenti.

Non solo telelavoro tra le alternative possibili. Ad esempio sono ancora disponibili gli incentivi 2013 (circa 210 mln di euro) ed ulteriori 35 mln di stanziamento previsti per il 2014, per l’acquisto di auto elettriche o ibride a basse e bassissime emissioni di Co2, di cui il 70% destinati al rinnovo del parco auto aziendali ed ulteriori 20 mln di fondi per le Istituzioni locali per la realizzazione di impianti di colonnine di ricarica.  Pensiamo ad un’azienda come Telecom Italia che dispone di circa 10mila auto sociali e quanto potrebbe essere il risparmio di carburante e la diminuzione di inquinamento ambientale, in un’ottica di vera Responsabilità Sociale d’Impresa.

C’è infine il paradosso dei Fondi europei per lo sviluppo destinati all’Italia che le nostre regioni riescono a spendere poco e male. Pochi forse sanno che l’Italia è il “terzo contribuente netto” di Bruxelles e tra il 2005/2011 il saldo tra contributi versati alla UE e risorse ricevute dall’Europa è negativo per circa 39,3 mld di euro. Per il biennio 2014/2020 ci saranno da spendere oltre 70 mld di euro tra Fondo Sociale Europeo e Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (circa 57 mld) e del Fondo Europeo Agricolo di Sviluppo Regionale (circa 17,5 mld).

Il paradosso è che come Italia non siamo riusciti a spendere e rendicontare, entro fine 2013, circa 34 mld di euro (fonte Ministero della Coesione Territoriale e delle Politiche Agricole) e solo grazie alla deroga concessa dal meccanismo N+2 previsto da Bruxelles, questi soldi potranno essere spesi entro dicembre 2015.  Finalmente i nostri politici nazionali e locali avranno la possibilità di discutere di progetti e modelli di sviluppo economici senza l’ombra inquietante della copertura finanziaria, e poter rivendicare ancora una volta “l’Europa ce lo chiede”!

*segretario nazionale Ugl Telecomunicazioni

@barbadilloit

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