Un rinvio, l’ennesimo, che sa di vera e propria beffa. Se ne parlerà (?) lunedì prossimo 10 febbraio della sorte dei nostri due marò, nell’udienza in cui sarà esaminato il ricorso dell’Italia. Il giudice della Corte Suprema indiana Bs Chauhan, rinviando oggi l’udienza a lunedì prossimo, ha posto alla pubblica accusa un limite non estendibile di una settimana per presentare una soluzione sulle modalità di incriminazione dei marò. «Vi concedo ancora una settimana – ha insistito – ma non sono disposto ad attendere oltre». Peccato che siano trascorsi praticamente due anni dai fatti.
Davanti a quest’ennesima trovata da parte della giustizia indiana le istituzioni italiane sembrano aver imboccato – anche “ufficialmente” – la strada della fermezza: «Abbiamo chiesto alla Corte che, di fronte all’indecisione della pubblica accusa, i marò siano autorizzati a tornare in Italia» ha replicato l’inviato del governo Staffan De Mistura. «E questa richiesta – ha insistito De Mistura- la ripeteremo con forma anche lunedì prossimo indipendentemente dall’esito dell’udienza».
De Mistura ha riannodato i fili della vicenda: «La Pubblica accusa non può più giocare con i tempi. Abbiamo ricordato tramite il nostro avvocato che ci sono stati 25 rinvii giudiziari senza un pezzo di carta. Prima l’unica linea rossa era il non utilizzo del Sua Act. Ora anche lo sono diventati anche i ritardi».
«Abbiamo fatto capire in tutta le maniere, anche informalmente – ha detto il diplomatico italiano, intervistato dal Gr1 Rai – che questi ritardi vogliono dire «che si autorizzano i nostri fucilieri di Marina a tornare in Italia con garanzie: (gli indiani, ndr) si prendano pure i loro tempi se vogliono, ma a questo punto con i fucilieri di Marina in Italia». E se si decidesse di applicare ai due marò la famigerata “Sua Act”? «Se il governo dell’India andasse avanti e applicasse contro marò il Sua Act, cioè la legge anti-pirateria, “sarebbe come considerare l’Italia uno Stato terrorista».