Lobbisti sì, lobbisti no. La disputa è aperta, anzi apertissima. Soprattutto se i contendenti sono Luigi De Maio, vicepresidente grillino della Camera, e Massimo Micucci, già spin doctor di Massimo D’Alema, e fondatore di Reti, società campione nel settore del lobbying e dei public affairs. Insomma, è guerra aperta tra chi vorrebbe i lobbisti fuori dal Parlamento e chi, invece, di questa professione ci vive davvero.
Una disputa assai sfiziosa, che passa da The Front page, il portale on line, fondato da Fabrizio Rondolino e Claudio Velardi. Il 20 gennaio, Micucci ha infatti firmato un lettera al vetriolo contro le logiche pentastellate: «Cittadino De Maio, lei vuol cacciare i lobbisti dal Parlamento. E’ una semplificazione, ma da lobbista – si legge – le dico che forse ha ragione. Condivido quanto lei ha affermato per spiegarsi: “La nostra è una battaglia di trasparenza. Vogliamo dare un nome e un cognome a tutte le persone che avvicinano i parlamentari nelle stanze dove si prendono le decisioni”. Non mi ritenga insolente – continua Micucci – se aggiungo che non basta. I lobbisti spesso ne sanno più dei parlamentari, a parte quei parlamentari che fanno i lobbisti, e tutti sanno che quando il Parlamento sceglie in nome di un interesse generale, qualcuno ci guadagna e qualcun altro ci rimette. Per chi fa il lobbista alla luce del sole è diventato più noioso, che dannoso, sentir parlare di lobbying, di assalti alle diligenze e francamente anche di regolamentazione. Quanto ai pasticci che vengono combinati sono soprattutto farina del sacco dei decision makers pubblici che non sentono nessuno e ignorano le conseguenze delle decisioni assunte».
Insomma, posta così la questione, non è facile individuare cosa facciano esattamente i lobbisti. Per una certa vulgata sono assimilanti a dei briganti (coloro che brigano, sic). Se non bastasse, poi, la legge anticorruzione del 6 novembre 2012, ha addirittura introdotto il reato di traffico d’influenze illecite, compromettendone il ruolo. Per comprendere al meglio un fenomeno che secondo le ultime stime conta in Italia 160.000 operatori, Barbadillo si è rivolta a Santo Primavera, lobbista pure lui, e autore del saggio scritto a quattro mani con Massimo Micucci, dal titolo provocatorio Trafficante sarà lei! (Bonanno Ed., 2013). «Chi pensa che sia un faccendiere, sbaglia di grosso. Il lobbista è semplicemente un esperto in una data materia, la cui come competenza deriva dal suo lavoro tecnico. Insomma, rappresenta il punto di vista di una categoria o di alcuni interessi particolari. La sua missione ha però valore soltanto in contesto plurale, dove lo Stato non decide a priori, ma ascolta le istanze dei diversi segmenti sociali. La nostra funzione è quella quindi di confrontarci con il decisore, che spesso è un politico o un burocrate. Purtroppo – sottolinea Primavera – il termine di lobbista, soprattutto in Italia, è spesso frainteso. Chi si adopera in questo settore, non fa altro che preparare l’azione politica complessiva. Per dirla in termini differenti, il lobbista partecipa al mercato delle idee».
Nella particolare visione di Primavera, il tema della regolamentazione del fare lobbying, impone una presa in carico della questione anche da parte chi si pone in termini alternativi alla sinistra e agli slogan grillini. In Pensare per governare, appunti per una destra globale (Bonanno Ed, 2014), scritto in partnership con Lorenzo Castellani, giornalista di ItaliaOggi, viene posta una riflessione: «Una forza che si ritiene destra di governo, ha l’obbligo morale di regolamentare il mercato degli interessi. Se non lo si è già capito, passerà da qui il futuro meccanismo di finanziamento dei partiti politici, indipendentemente dal fatto se quei fondi proverranno dal settore pubblico o da quello privato. Insomma, il tema è assai urgente».
*Trafficante sarà lei! Lobby, politica e traffico di influenze, di Massimo Micucci e Santo Primavera, Catania-Roma, Bonanno Editore, 2014, 10,00 euro