Lo scrittore e giornalista de Il Foglio, Pietrangelo Buttafuoco ha rilasciato questa intervista pubblicata sul quotidiano.net. Buttafuoco è autore del romanzo “Il dolore pazzo dell’amore” (Bompiani), da pochi giorni in libreria.
Buttafuoco, è tutto finito o tutto sta per ricominciare?
«È tutto finito perché tutto, in questi vent’anni, è stato riassunto nella sola vicenda personale di Silvio Berlusconi».
Vicenda conclusa?
«Direi di sì. Non esiste più il giovane imprenditore di successo e non esiste più neanche il politico giocherellone concentrato sui propri interessi ma capace di straordinaria propaganda».
Cos’è rimasto?
«Un signore anziano e affaticato, ormai lontano da quel manifesto vivente del sorriso e dell’ottimismo che abbiamo conosciuto e frequentato nel tempo».
Ci vede un elemento tragico?
«Ho visto un elemento grottesco nella scena di lui che viene guidato dalle comparse del suo partito in quell’orrendo sacrario che è la nuova sede romana di Forza Italia, e lì contempla inorridito la propria immagine trasformata in gigantografia e le proprie parole trasformate in slogan da manifesto funebre».
I grandi leader si fanno ricordare per una riforma, una guerra, una formula politica: cosa lascia Berlusconi dietro di sé?
«Per far fruttare un albero occorre un contadino e per la politica è raccomandabile un politico. Berlusconi lascia uno straordinario romanzo: il romanzo della sua vita; la sua fisicità, la rappresentazione di sé, il suo io… Ma niente di politico e tantomeno di culturale. Pare inventato da Andy Warhol, non da Niccolò Machiavelli».
Nel senso che nulla di politico vive in lui?
«Nulla. Lui la politica la odia come si può odiare qualcosa di misterioso e inafferrabile. Non posso dimenticare come affrontò le prime grane politiche che si erano create con Bossi e poi con Fini e Casini…».
Come le affrontò?
«Invitandoli in Sardegna per il fine settimana con le rispettive signore».
Eppure, ha dominato la politica italiana per vent’anni.
«A esser precisi, ha dominato gli italiani per vent’anni e per vent’anni ha sostituito la politica».
Con cosa?
«Con se stesso. Vede, la metà degli italiani è fatta di tifosi e l’altra metà di gente che considera la politica al pari del vecchio Enrico Mattei: un taxi che li porti dove vogliono, uno strumento per raggiungere un utile o un interesse. Al Berlusconi vecchio gli italiani preferiranno il Berlusconi giovane: Matteo Renzi».
Perché, diciamolo, ogni nazione ha i politici che si merita.
«Non c’è dubbio. Ma mi spingerei anche oltre: la Casta è molto, ma molto meglio della gente. Alla larga dalla gente comune, dico io. E quando vedo lo squallore dei grillini in Parlamento mi convinco d’aver ragione».
Come nei casi di Mussolini e Craxi, torna ad affacciarsi nel dibattito politico la categoria del ‘tradimento’.
«Sì, ma è uno sbaglio. Mussolini si muoveva nel solco del socialismo rivoluzionario, Craxi nel solco del socialismo riformista: avevano una storia politica e un sentimento di appartenenza, per cui a essere tradita non era solo la persona ma anche l’idea. Berlusconi no, Berlusconi ha solo un potente narcisismo che se fosse chiuso in una bacheca sarebbe una spettacolare opera d’arte».
Nessuna eredità politica possibile, dunque?
«Nessuna. Persino dal Psi e dalla Dc germinò qualcosa, ma dal berlusconismo non può nascere nulla perché il berlusconismo non è nulla senza Berlusconi. Dopo di lui, il diluvio».
E Alfano, come lo vede nei panni di leader del futuro?
«Lo vedo male, non mi sembra un trascinatore di masse… Il suo rapporto con Berlusconi mi ricorda il rapporto che Almirante ebbe con Mussolini: ‘Non rinnegare né restaurare’, fu lo slogan che inventò per cavarsi d’impaccio».
Buttafuoco, come ha vissuto questi vent’anni con l’etichetta di ‘intellettuale di destra’ appesa alla giacca?
«Con imbarazzo. Ma non per colpa di Berlusconi, anche se il ventennio berlusconiano ha annientato la destra. Erano quelli di An che avrebbero dovuto innestare la bandiera della Politica, ridare vita a una storia e agitare idee possibilmente non conformiste».
E invece?
«Invece si sono accontentati di saccheggiare la Rai».
*da quotidiano.net