Una manifestazione insolita, civile e sorprendente. Sabato scorso a Bergamo si sono radunate per un flash mob le Sentinelle del coordinamento italiano di Manif pour tous, per esprimere il proprio dissenso nei confronti del passaggio parlamentare della legge Scalfarotto contro l’omofobia (anche se gli organizzatori ci hanno spiegato che il ritrovo è sorto in maniera del tutto informale e spontanea): i Veglianti, disposti in file, come da tradizione, per la centrale Piazza Vittorio Veneto, all’ombra della Torre dei Caduti sono rimasti per un’ora in piedi, in silenzio, ciascuno con in un mano un libro.
Identico dissenso, ma di verso opposto, esprimeva anche la contro-manifestazione indetta da “Bergamo contro l’omofobia” (e anche questi organizzatori ci hanno spiegato che il ritrovo è nato in maniera del tutto informale e spontanea): un gruppo costituito prevalentemente di giovani si è disposto a pochi metri – forse sarebbe più giusto dire: centimetri – dall’avanguardia delle sentinelle per manifestare la propria opposizione a un raduno che a loro dire aveva il sapore, appunto, dell’omofobia e che in realtà mirava a dire no alle unioni tra omosessuali.
Il punto delle Sentinelle è piuttosto semplice: non siamo omofobi, ma siamo per la libertà di pensiero ed espressione e, pertanto, riteniamo illiberale una legge che sanzioni una forma mentale. La risposta degli anti-omofobia? Le sentinelle si proclamano per la libertà, ma mirano a limitare la libertà di riconoscere un’unione civile tra omosessuali e quindi non c’è nulla di liberale nel loro manifestare.
Si possono tralasciare le reciproche accuse – centri sociali infiltrati solo per far casino tra gli anti-omofobia, estrema destra infiltrata solo per far casino tra le sentinelle – perché le due manifestazioni procedono serenamente e senza alcuna tensione; solo quando le file delle sentinelle si sciolgono, parte un “culi” dal loro lato della piazza al quale è risposto con un “trogloditi” dall’altro lato. Il sole è già tramontato e malgrado il cielo minacci pioggia molti partecipanti a entrambe le manifestazioni si fermano a discutere sotto lo sguardo più che rilassato delle forze dell’ordine disposte per precauzione.
Si formano diversi capannelli nelle quali le differenti opinioni sono espresse con una foga degna delle assemblee d’istituto al liceo; e siccome tutti si sono prodigati a spiegare che le manifestazioni erano assolutamente spontanee e volontarie, registriamo gli interventi personali più significativi occorsi nel vivace scambio di battute: una signora: “io non sono credente, ma per me il matrimonio è solo quello in chiesa“;
un ragazzo appassionato d’anatomia, per la presumibile soddisfazione della propria fidanzata, spiega come “il clitoride è stato creato per godere“;
un anziano apprendista sociologo con bastone e berretto che stupito racconta come, trent’anni fa, non c’erano gay in Italia (forse arrivano anche loro sui barconi? chissà);
un sereno e pacato giovanotto che indica come i poliziotti siano tutti fascisti (non hanno arrestato quello che ha urlato “culi”) e le sentinelle pure siano tutte fasciste (odiano i gay) e una signora – un metro e trenta di furia evangelica e accento pesante – sia probabilmente fascista anche lei, insomma: un po’ tutto è fascista tranne la piazza stessa – benché, costruita durante il ventennio, sia effettivamente fascista.
Oltre a personaggi più macchiettistici, la sensazione è che da entrambe le parti ci sia una doppia, importante, consapevolezza: quella di essere depositari del dovere di opporsi a un modo di pensare che non si condivide.
La manifestazione delle sentinelle è pacifica, la contromanifestazione a parte qualche provocazione è altrettanto pacifica, ma per quanto inconciliabili siano le due posizioni, tutti gli appassionati in piazza Sabato a Bergamo si sentivano in qualche modo dei diversi che vogliono diventare dei normali: le sentinelle nel non sentirsi rappresentate e gli anti-omofobia nel vedere minacciata la serenità degli omosessuali.
Se la democrazia può e deve avere un senso, questo è la possibilità di esprimere un’opinione e specialmente un dissenso, nei confronti di una legge come nei confronti di un’idea.
L’Italia forse oggi non è ancora riuscita a capire quanta libertà è disposta ad accettare, libertà nel condurre la propria vita come nell’esprimere le proprie convinzioni; così per molti è del tutto tabù anche solo parlare di omosessuali – roba da culi, comunisti, drogati – e per molti altri è parimenti tabù opporsi all’introduzione di un reato d’opinione – roba da violenti, fascisti, ignoranti.
Il rischio è che ogni limitata visione del mondo conduca a fornire comodi alibi e a trasformare il dibattito in scontro; parimenti, che la democrazia assopendosi sconfini nell’omologazione ritenendo il pensiero scomodo un nemico invece che il proprio garante; che infine la politica ignori questi opposti sentimenti, salvo servirsene per fare tessere o per riempire – senza neanche più riuscirci – le urne.
Non volendo stabilire chi abbia ragione e chi torto, ma piuttosto intuire e analizzare i moventi, questo si può concludere: che a Bergamo, sabato, in piazza, c’erano persone accomunate dalla voglia di esprimere le proprie divergenti opinioni – una voglia spinta da un variopinto, ma comune, sentimento d’esclusione. Come in una sorta di derby dei diversi.