Dal governo non fanno che parlare di «luce in fondo al tunnel». Eppure i dati che continuano ad arrivare sullo stato di salute del Paese segnano ancora il buio profondo. Prendiamo il “Pil” (l’indicatore della produzione): secondo l’Istat segna un calo dell’1,8% nel 2013, addirittura un po’ più della previsione del Governo (-1,7%). Basti pensare, solo per la cronaca, che negli anni ’80 questo cresceva annualmente del 4%. Ma a fine anno, sostiene l’Istat dando ragione alle analisi del Governo, dovrebbe poi «terminare la fase recessiva iniziata nel secondo semestre del 2011».
Tutto bene? Per nulla perché, sempre secondo l’istituto di ricerca, la recessione ha determinato «gravi conseguenze» sull’intensità del disagio economico. Alcuni dati li abbiamo già raccontati nei giorni scorsi (il numero degli “scoraggiati”, di chi non cerca nemmeno più un impiego è arrivato a coinvolgere più di un milione di italiani), mentre è notizia di oggi come dal 2007 al 2012 il numero di individui in povertà assoluta sia raddoppiato da 2,4 a 4,8 milioni. Quasi la metà (2,3 milioni) sono al Sud e di questi poco più di 1 milione sono minori. Aumentano, poi, le famiglie che comprano meno: il 65%. Ciò significa che nel 2013 una famiglia su tre è stata direttamente colpita dalla crisi, mentre per una famiglia su quattro (26%) il tenore di vita è seriamente peggiorato.