Secondo l’Istat le persone «potenzialmente impiegabili nel processo produttivo in Italia sono oltre 6 milioni». Tradotto dal linguaggio tecnico dell’istituto di ricerca significa che nel Paese oltre ai 3,07 milioni di disoccupati si sommano i 2,99 milioni di persone (in aumento rispetto lo scorso trimestre) che non cercano ma sono «disponibili a lavorare» (gli scoraggiati sono tra questi), oppure cercano lavoro «ma non sono subito disponibili».
Che cosa significano questi dati? Se quello sulla disoccupazione cronica è evidente, il secondo gruppo alimenta ulteriori scenari preoccupanti. Prendiamo gli inattivi che non cercano pur essendo disponibili a lavorare: ciò significa che ci sono quasi 1,3 milioni di persone “scoraggiate”, ovvero che non si sono attivate nella ricerca di un lavoro pensando di non poter trovare impiego.
Se i dati Svimez hanno già registrato il rischio di “desertificazione industriale” al Sud, non sorprende allora il dato che registra come trovare un lavoro resti una chimera soprattutto nel Mezzogiorno e tra i giovani: su 3.075.000 disoccupati segnati nel secondo trimestre 2013 quasi la metà sono al Sud (1.458.000) mentre oltre la metà sono giovani (1.538.000 tra i 15 e i 34 anni, 935.000 se si considera la fascia 25-34 anni). Se si guarda alle forze lavoro “potenziali” il Sud fa la parte del leone con 1.888.000 persone sui 2.998.000 inattivi potenzialmente occupabili. Se si guarda alla fascia dei più giovani sono potenzialmente occupabili nel complesso (ma inattivi) 538.000 persone tra i 15 e i 24 anni e 720.000 tra i 25 e i 34 anni con una grandissima prevalenza di coloro che non cercano pur essendo disponibili a lavorare.