Nel 2009 il Guardian scrisse che l’Italia avrebbe potuto essere esclusa dal G8, se la situazione economica del Paese non fosse migliorata nel breve periodo. Berlusconi si affrettò a dire che ciò non sarebbe stato possibile, mentre D’Alema riconobbe che, pur non essendoci la possibilità fattiva di essere espulsi dall’organizzazione, si poteva essere più o meno influenti degli altri Paesi che ne fanno parte.
Quattro anni dopo il Fondo Monetario Internazionale sancisce che, dal punto di vista economico, l’Italia non è più nel G8, superata dalla Russia di Putin. Stando al PIL, la nostra economia è ormai dietro a Cina e Brasile, quindi dal punto di vista pratico, il Belpaese non è neanche fra i primi 10 paesi più industrializzati e la sua permanenza nei più importanti vertici internazionali è ormai solo una consuetudine.
D’altronde lo scenario economico italiano è piuttosto fosco e non sembra che il mondo politico voglia farsene carico.
La chiusura o la vendita delle aziende storiche è un sintomo palpabile della situazione. Marchi come Richard Ginori, Pernigotti, Bulgari, Parmalat sono ormai di proprietà di aziende straniere, mentre altre aziende storiche sono fallite senza riuscire a salvarsi. Secondo l’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Monza, fra il 2008 e il 2012 è fallita una azienda storica su 4. Storie decennali, in alcuni casi secolari, scomparse sotto i colpi della crisi. L’ultimo caso in ordine di tempo è la Mivar, la più grande e importante azienda di televisori italiana, che alla fine degli anni ’80 fatturava 200 miliardi di lire e occupava il 12% del mercato italiano, producendo 400 mila televisori. Un colosso, fondato nel 1945 da Carlo Vichi (l’azienda si è sempre chiamata Mivar di Carlo Vichi &co), che non ha mai chiesto soldi alle banche, ma non ha resistito di fronte alla concorrenza asiatica con relativa manodopera a bassissimi costi.
Fra pressione fiscale e mercato globale l’azienda è entrata in crisi, nonostante l’innovazione continua e i prodotti competitivi (LCD, LED, Smart TV). Carlo Vichi ha quindi deciso di sospendere la produzione momentaneamente, contando di riprenderla quando le condizioni economiche lo permetteranno.
@barbadilloit