“Guarda, che cosa bellissima, piena di grazia è quella ragazza, che viene e che passa, ondeggiando dolcemente, sulla strada per il mare”. Così cantava Vinicius de Moraes, insieme ad Antonio Carlos Jobim, celebrando la bellezza della ragazza di Ipanema, “Garota de Ipanema”, il brano del 1964 di bossa nova brasiliana più famoso e più reinterpretato al mondo, e tra i tanti successi prodotti dal sodalizio professionale tra i due artisti brasiliani.
Si dice che de Moraes e Jobim, all’epoca della composizione di questa canzone, fossero assidui frequentatori del Veloso, un locale brasiliano in Rua Montenegro, davanti al quale era solita passare nel tragitto da casa a scuola Helo, una giovane e bella ragazza, presto diventata una musa per Moraes che ha visto in lei l’ispirazione per narrare la bellezza della donna brasiliana sulle note composte da Jobim. Quando il brano era già divenuto un successo internazionale, fu proprio Vinicius a raccontare la storia che si nascondeva dietro al testo: “Lei fu per noi l’esempio di un bocciolo carioca; una ragazza con l’abbronzatura dorata, piena di splendore e di grazia, ma con lo sguardo anche triste, che si porta con sé, sulla strada verso il mare, il sentimento della giovinezza che passa, della bellezza che non è solo nostra – dono della vita nel suo incessante meraviglioso e melanconico fluire e rifluire”.
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Fosse stato ancora vivo, il brasiliano Vinicius de Moraes lo scorso 19 ottobre avrebbe compiuto 100 anni. Un secolo da poeta, cantautore e drammaturgo, ma anche giornalista e diplomatico. Sebbene abbia ricoperto fino alla metà degli anni ’60 ruoli istituzionali in qualità di diplomatico del ministero degli Esteri, con incarichi negli Stati Uniti, in Francia e in Uruguay, la sua è stata una vita interamente dedicata alle arti, dalla poesia alla musica, passioni cui ha potuto dedicarsi a tempo pieno dopo la fine della sua carriera politica, interrotta per lo stile di vita eccessivo e non adatto al ruolo. Vinicius, infatti, beveva e fumava molto e non lo negava. In più, nutriva una passione smodata nei riguardi delle donne, tanto da collezionare ben 9 matrimoni, e 5 figli, con ragazze sempre più giovani. Questo stile di vita così precario fu la causa dei suoi problemi di salute, che lo portarono alla morte il 9 luglio 1980, giorno in cui il corpo del poeta e cantante brasiliano fu trovato senza vita dal chitarrista Toquinho, suo amico e compagno d’arte.
De Moraes è stato tra i fondatori della bossa nova, insieme al già citato Jobim e al chitarrista Joao Gilberto, padre della “batida”, il modo tutto particolare di suonare la chitarra senza arpeggio, mischiando samba e jazz, segno distintivo del nuovo genere musicale, che ha ottenuto il successo con il brano “Chega de saudade” (1958). Non solo. Considerato uno dei rappresentati più veri dello spirito del Brasile, de Moraes si è presto fatto portavoce della musica brasiliana nel mondo, soprattutto negli anni successivi il golpe militare del 1967, intrecciando rapporti sempre più stretti con il nostro Paese.
Qui in Italia, dove veniva spesso, Vinicius era amico di Sergio Endrigo e Giuseppe Ungaretti, che ha tradotto anche alcune sue poesie, poi raccolte in alcune sezioni dei Meridiani Mondadori. Ha contribuito anche al successo di un album di Ornella Vanoni, dal titolo “La voglia, la pazzia, l’incoscienza, l’allegria”, edito nel 1976 e contenente molti successi di bossa nova tradotti in lingua italiana. Narratore sublime, Vinicius de Moraes nel 2010 è stato riammesso in servizio con il titolo di ambasciatore da parte del ministero degli Esteri di Brasilia, come omaggio post-mortem.