Dante televisivo. Dante globalizzato. Dante ingurgitato. In un 2013 che pare diventato un anno dantesco; per i 700 anni dalla composizione di Monarchia? No, principalmente, per il romanzo Inferno di Dan Brown (Marzo 2013, Mondadori); un’opera, quest’ultima, che è un enorme plot o una fuga nella Divina Commedia per narrare una storia di virus e di complotti internazionali.
E si tralascino ora le diffuse inesattezze di tale romanzo. Tipo: la maschera mortuaria di Dante, vantata originale, non è mai esistita. Tipo: i golosi, destinati al fango nella Commedia, nel noto romanzo erroneamente fanno altro, mangiano sterco; ma, si sa, gli scrittori vivono di licenze!
Piuttosto, non si tralasci il significato della moda dantesca, quella che si percepisce in giro. Con tutto il rispetto per la divulgazione di Roberto Benigni, ma, in questi anni, è stata più riletta l’opera del sommo poeta oppure è stata più celebrata la presenza dell’attore comico?
Si percepisce una sensazione, questa: Dante Alighieri sta diventando una specie di griffa e il sistema televisivo-editoriale ha un sublime richiamo a disposizione.
Ma si veda in positivo la questione. Con questo successo, nelle scuole sarà più facile studiare i versi del poeta? I giovani saranno più interessati? Risposta: Nelle scuole, purtroppo, l’insegnamento dantesco rimane sempre lo stesso, tra il pedante e il doveroso. E non sarà un romanzo americano a cambiar le cose.
Per una nuova operazione critica, si faccia pure questa benedetta fiction sulla vita del poeta di cui si parla da tempo. Purtroppo, il film basato sull’opera di Brown è quasi pronto. Si faccia allora una fiction corretta sul letterato fazioso. Sul seguace bianco coinvolto in una guerra civile. Sul “guerrigliero inconcludente” (C.Marchi). Sul fiorentino indipendentista che, da reazionario, sogna un nuovo ordine imperiale, cioè un ‘ordine straniero’ per favorire un diverso assetto nazionale; e qualcuno ha già scritto che, nel novecento, l’Alighieri sarebbe stato un collaborazionista.
Si realizzi sì un film dantesco, ma per narrare l’Alighieri politico e cortigiano e uomo di cultura fuggiasco. Tutto ciò per rileggere davvero un ‘intellettuale scomodo’. E la sua fissazione per la patria unita. La sua immensa parola morale, da lanciare contro un’Italia “nave sanza nocchiere in gran tempesta/non donna di province, ma bordello!”
Il Dante televisivo, romanzato alla Brown, il Dante pop non serve a nessuno. Se ne sono accorti gli studiosi dantisti che, in questi mesi, hanno pubblicato per fare un punto sulla ricerca critica. Si pensi a Marco Santagata, il quale ha messo un po’ d’ordine nelle teste dei lettori di Brown, pubblicando Guida all’Inferno (Maggio 2013, Mondadori). Si pensi al saggio di Alberto Casadei, Dante oltre la Commedia (Giugno 2013, Mulino), per rileggere le interpretazioni dantesche dal Novecento a oggi. E si pensi a Carlo Sini con il suo Dante. Il suono dell’invisibile (Luglio 2013 et. al.), per un ‘rilancio’ del politico di Firenze e della sua identità psicologica, etica, ed occidentale.
In conclusione. Si prova nostalgia per gli anni in cui si cominciavano le crociate ideologiche; cioè da una parte il grido cattolicissimo Dantes noster est!, e dall’altra lo strepito marxista sul poeta anti-papa e politicizzato.
Quello scontro ideologico era sì fastidioso. Nondimeno ora risulta più fastidioso il ‘depauperamento’ della storia del grande italiano. Un ‘depauperamento’ promosso da una ‘cultura liquida’ che sta raffigurando un Dante Alighieri leggerissimo o di plastica.
@barbadilloit