Se ne è andato Luigi Bernardi, il padre della sperimentazione fusion tra fumetti e racconti. Malato da tempo, stava infatti scrivendo un libro sul tumore ai polmoni che l’aveva colpito circa un anno fa. Si è spento ieri, a Bologna, a 60 anni. Instancabile inventore di progetti editoriali, appassionato di fumetti, raffinato pessimista e rigoroso polemista del settore, Bernardi aveva iniziato la sua carriera nel mondo dell’editoria negli anni Ottanta. Personaggio scomodo per molti, visto le sue accese critiche all’editoria contemporanea, Bernardi incolpava il Camilleri di Montalbano per aver affossato il settore, ma, dall’altra parte del crinale, andava anche a scoprir talenti come Fois e Lucarelli (che con Camilleri c’ha anche scritto un libro). Fusione di generi, giallo e noir, di media, romanzo e fumetto, e quindi di critica, talent scout e pessimista cronico.
Intuizione geniale La Granata Press, tra i suoi tanti mainstream, storica casa editrice di fumetti da lui fondata a Bologna nei primi anni Novanta, che portò in Italia il manga giapponese e Ken il Guerriero. Sempre in quell’ambito la fusione di stili e poetiche, tra scrittori e fumettisti come Pino Cacucci e Otto Gabos, Carlo Lucarelli e Onofrio Catacchio. Poi ancora la direzione editoriale della collana Einaudi-Stile Libero, la nascita della casa editrice Perdisa Pop, le collane Euronoir per Hobby & Work e Vox per DeriveApprodi dove incontra la firma di Paolo Nori.
E ancora: la rubrica del Gaijin sullo storico settimanale bolognese Zero in Condotta, la corrispondenza sui casi di omicidio risolti e irrisolti tra Procura e Tribunale di Bologna per il quotidiano Il Domani, il blog per Il Fatto Quotidiano. Bernardi ha creato alcune case editrici di fumetti e diretto riviste di settore (Orient Express, Lupo Alberto, Mangazine, Nova Express). Nel ’78 fondò la casa editrice L’Isola Trovata, che nel 1985 ha venduto al gruppo di Sergio Bonelli. Verità e finzione, Bernardi viene ricordato per essere l’intellettuale arguto e stizzito, coraggioso e passionale in grado di passare dalle nuvolette di Lupo Alberto e Pimpa, personaggi da lui rilanciato ai tempi di Glenat Italia nei primissmi anni 80’, alle fitte trame decisamente meno colorate dei violenti crimini italiani. Come saggista si ricordano i libri «Pallottole vaganti. 101 omicidi italiani» (Deriveapprod, 2002) e «Il libro dei crimini» (Adnkronos Libri, 2001).
Traduttore di romanzi, biografo e saggista, esperto di crimini e inventore di gialli, stava recentemente lavorando, in uscita a novembre, ormai postumo, a un nuovo project-book: “Quaderno di disciplina” in collaborazione con l’amico Otto Gabos. Non solo racconto, non solo fumetto, non solo testo illustrato, ancora una volta. Un nuovo modo, quindi, di intendere la narrazione. Un nuovo modus inedito, in Italia, che ha rinnovato l’editoria stessa nel suo vulnus più tradizionalista che faceva perno sul diktat anti-commistione e anti-stereotipo tutto carta e bianco e nero, incapace di travisare le note colorate dell’illustre illustrazione di qualità: il fumetto all’italiana. Vignette ribelli che ha inseguito sino alla fine, quando il giallo non era solo romanzo, e quando il nero non era solo parole…