L’associazione Identità Europa ha nello storico Franco Cardini e in Adolfo Morganti, editore de Il Cerchio, i suoi esponenti più importanti. Da anni promuove iniziative che sollecitano una riflessione sulle radici del continente europeo (radici classiche e cristiane) e sul suo destino. Recentemente, Identità Europa ha organizzato a San Marino un convegno sull’ “Europa all’epoca delle grandi potenze dal 1861 al 1914”, in quell’ambito si è discusso anche della natura complessa delle relazioni tra Italia e Russia. Riprendiamo l’argomento, spesso trascurato dagli storici contemporanei, con il presidente di Identità Europa, Morganti.
Nella seconda metà dell’Ottocento si articolava una rete complessa di alleanze tra nazioni europee continentali: la Triplice Alleanza (Germania, Austria, Italia) e per un certo tempo il Patto dei Tre Imperatori (Germania, Austria, Russia). Era il tentativo di superare i nazionalismi in vista di una cooperazione continentale?
C’era il tentativo di superare i limiti ed i conflitti innescati dal nazionalismo giacobino, ma nello stesso tempo erano forti le tensioni strategiche che riguardavano l’area balcanica, con la Russia che sponsorizzava i moti nazionalisti dei popoli slavi e l’Austria che conteneva queste pulsioni sottolineando l’aspetto sovranazionale dell’impero degli Asburgo. Sarajevo non fu una sorpresa, come location dello scoppio della prima guerra mondiale.
E l’Italia come si mosse sullo scacchiere internazionale?
Tutti conosciamo l’impulso profondo dato dall’arte italiana alla Russia: un impulso evidente a San Pietroburgo. Meno nota è l’intensità dei rapporti marittimi tra l’Italia e il Mar Nero che hanno plasmato la struttura economica stessa di quelle regioni. Sul piano diplomatico, dopo l’intervento piemontese nella guerra di Crimea, le relazioni con la Russia indubbiamente andavano recuperate: in effetti, per lungo tempo, la Russia rappresentò qualcosa di estraneo e distante, negli stessi anni in cui l’Italia stabiliva un’alleanza con l’Austria-Ungheria.
Col nemico per eccellenza del periodo risorgimentale…
In seguito, con il voltafaccia del 1914 la situazione ovviamente si ribaltò: i Russi divennero alleati nel corso della I guerra mondiale, ma i rapporti governativi e diplomatici non furono così frequenti ed organici, come lo furono invece i rapporti economici.
Ritieni che l’identità europea, a cui fa riferimento la tua associazione, debba oggi includere anche la Russia?
Sicuramente la parte europea della Russia deve essere considerata un elemento importante del discorso sull’Europa contemporanea. A partire dalle sue conquiste siberiane, che sono relativamente recenti, la Russia ha maturato una vocazione più ampia, euroasiatica, tuttavia l’Europa non è pensabile senza la sua parte orientale, così come l’identità cristiana del continente non è pensabile senza contemplare il ruolo dell’Ortodossia. La Russia da una parte è Europa e si riconosce come tale (e da un punto di vista esistenziale oggi difende valori tipicamente europei più di tanti altri Stati dell’Unione), d’altra parte essa si attribuisce una missione e una identità molto più ampie dei confini dell’Europa stessa.
Il dialogo ortodosso è ricominciato alla grande negli anni Sessanta con Paolo VI, con il ritiro delle reciproche scomuniche e l’abbraccio col patriarca Atenagora.
Generando entusiasmi e resistenze da entrambi i lati: resistenze che in ambito ortodosso addirittura minacciarono di produrre uno scisma, che successivamente si concretizzò.
E il fatto che Giovanni Paolo II fosse uno slavo, un polacco (non estraneo all’humus culturale del nazionalismo polacco) ha facilitato o ha creato qualche attrito di incomprensione tra le due parti?
In realtà, quando la prima gerarchia cattolica della Russia post-sovietica fu scelta da Giovanni Paolo II la presenza di presuli polacchi fu rilevante e questo ha creato notevoli problemi di coesistenza con gli ortodossi. La stessa azione dei Francescani in Russia veniva vissuta come una forza di penetrazione cattolica nell’area del cristianesimo ortodosso. Ora con il successivo cambio di gerarchia (nella quale la presenza dell’Italia è autorevolmente rappresentata dall’attuale Vescovo di Mosca) questi problemi sono quasi completamente scomparsi.
Fu Ratzinger a determinare una relazione nuova, promuovendo il cambio di gerarchie, se ricordo bene.
Esattamente.
Un promemoria è sempre utile… perché si è originata e perché persiste la divisione tra cristiani cattolici e cristiani ortodossi?
Vi è tutta una serie di differenze dogmatiche che dividono cattolici e ortodossi: la questione del “filioque” (della processione dello Spirito Santo), la diversa valutazione dell’aldilà (gli Ortodossi non concepiscono il purgatorio); il diverso modo di intendere la confessione. Sono differenze importanti, ma nella storia del cristianesimo divergenze del genere non necessariamente hanno impedito l’unità delle chiese: si pensi che ci fu un periodo storico in cui il cristianesimo irlandese addirittura calcolava la Pasqua in maniera diversa dal cristianesimo continentale. Abbiamo avuto già altre situazioni di diversità, che non hanno pregiudicato l’unità di fondo. Nel caso ortodosso è avvenuta invece una separazione profonda, ma non nascondiamoci che lo scisma è maturato sulla questione del primato del Vescovo di Roma: primato d’onore secondo gli ortodossi, primato gerarchico secondo i cattolici.
Ci sono poi temi forti che uniscono i due mondi spirituali: pensiamo alla forte devozione verso la Madre di Dio. E riguardo al tema mariano non possiamo dimenticare che all’inizio del Novecento la profezia di Fatima è strettamente legata al tema della Russia. Che idea si è fatto in proposito?
La profezia di Fatima scorgeva nella Russia il centro di una grande apostasia, che poi si è verificata col comunismo; ma quello delle profezie è un campo scivoloso. Indubbiamente, che il grande colosso russo costituisca uno scenario fondamentale per l’articolarsi di forze nel confronto tra tradizione e modernità, tra il cristianesimo e il tentativo illuminista di dissolverlo o ridurlo alla sfera privata è sotto gli occhi di tutti.
È vero o è soltanto una semplificazione dire che lo spirito cristiano della Russia è particolarmente attratto dalle enunciazioni del Vangelo di Giovanni e dell’Apocalisse.
C’è una attenzione per l’escatologia in generale. Ma questa attenzione è condivisa con la millenaria tradizione cattolica: in ambito cattolico fino a non molto tempo fa la meditazione sui cosiddetti Novissimi (morte, giudizio universale, inferno e paradiso) era intensa, poi (per usare un eufemismo…) non è stata valorizzata al massimo…
E il tema tipicamente russo della Terza Roma può ancora giocare il ruolo di movente ideale nell’animo dei Russi e nell’animo degli Europei che guardano con attenzione alla Russia?
Assolutamente sì. La Russia è la Terza Roma, sia per i Russi che sono credenti sia per i laici. I laici vedranno nel potere di Mosca la prosecuzione de facto di una autorità imperiale attraverso tutte le modifiche storiche possibili. Per il credente, il concetto di Terza Roma avrà una risonanza ulteriore, ma tutti i soggetti politico-culturali russi condividono il senso di questa missione storica siano essi comunisti o nazionalisti, religiosi o laici.
Tuttavia nell’immenso territorio russo esistono anche altre tradizioni religiose: il ministro della difesa Shoigu è un buddhista di area siberiana.
Ci sono anche regioni della Federazione Russa a maggioranza ebraica e aree in cui si coltiva l’islam sciita (principalmente da parte delle popolazioni turcofone) o sunnita. Sin dal periodo imperiale zarista la molteplicità di tradizioni spirituali non ha mai creato problemi di convivenza.
La sua valutazione personale della figura di Vladimir Putin?
Ma Putin è un russo! In quanto tale egli continua ad incarnare questa missione della Russia cristiana e imperiale. Il fatto che Putin sia credente o meno è indifferente: la sua missione personale è quella di proteggere la Russia e la Russia ha questa identità (imperiale e cristiana), non ne ha un’altra…