La realtà, al Senato, ha superato la fantasia. Una giornata, quella appena conclusa, che ha registrato colpi di scena, cambi di registro e situazioni al limite del grottesco. Il punto è che Enrico Letta resta in sella al governo con una maggioranza “politica”, votata dallo stesso Berlusconi che qualche ora prima spiegava invece i motivi del suo “no”. Barbadillo, rispetto a questo, ha stilato il borsino dei vincitori, dei vinti e dei protagonisti di una tornata destinata a incidere – non poco – sul destino politico italiano.
Chi vince…
Enrico Letta. Il premier è il vero vincitore di questa folle giornata. Tutti nervosi, agitati e lui calmo, democristiano anche nella tensione. Tra citazioni di Einaudi e Benedetto Croce, Letta è riuscito a mantenere un profilo alto nonostante le “larghe intese” non abbiano prodotto granché proprio in termini economici e di cultura politica. Alla fine – dopo la fiducia che l’ex premier è stato costretto a concedergli – si è rivolto ad Angelino Alfano con un «grande». Rivolto a Berlusconi, ad Angelino o, forse, a se stesso?
Giorgio Napolitano. Re Giorgio stavolta l’ha scampata bella. Il colpo da maestro è stato quello di aver consigliato al premier di non rassegnare le dimissioni e di valutare l’entità della fronda all’interno del centrodestra direttamente in Aula. Insomma, nonostante il castello delle larghe intese poggi su un terreno fragilissimo il capo dello Stato dimostra di conoscere i tasti giusti del “compromesso” (storico?).
Le colombe. Hanno imparato a fare branco anche i “docili” figliocci di Berlusconi. Tanto da riuscire dove Follini, Casini e Fini avevano fallito: organizzare una fronda organizzata e determinante per le scelte di Berlusconi stesso. Angelino Alfano – quello senza “quid” secondo Berlusconi stesso – stavolta è riuscito a dettare la linea, a racimolare una quota politica e a sfidare il suo padrino politico in uno scontro drammatico e senza precedenti nella narrazione berlusconiana. Con lui le colombe hanno trovato la forza di beccare duro.
Domenico Scilipoti. «Per me è importante stare compatti sul programma di larghe intese che avevamo stabilito. Morirò per l’Italia e non per Berlusconi». In momenti come questo è ispirato come Mameli.
Chi perde…
I falchi. Disorientati, scioccati, allibiti davanti la “resa” di Berlusconi. Pensavano di aver il partito in mano, Denis Verdini – il contabile, il cacciatore di peones – non ha potuto trattenere le lacrime. La “pitonessa” Daniela Santanchè, dopo giorni di dichiarazioni a tutto campo, non risulta pervenuta. Sandro Bondi sconfortato perché smentito in mondo visione da Berlusconi stesso: lui che, pochi minuti del passo indietro del Cavaliere, aveva contestato il Pd in tutti i modi. Per un po’ dovranno volare a testa bassa.
Matteo Renzi. Il “rottamatore” dovrà vedersela adesso con un Letta rafforzato. Con un governo che intende andare avanti Renzi vede spostato fatalmente in avanti il cammino verso la premiership. Adesso gli tocca prendersi il Pd, con relativi riti, correnti, codici, idiosincrasie. Il rischio di uscirne “vecchio” da tutto questo è dietro l’angolo. E su questo terreno “il giovane Letta”…
Beppe Grillo. Ci sperava di sbaragliare tutti con il suo nuovo amore: il Porcellum . Più che altro per “ripulire” il Movimento 5 Stelle dalle tante “mele marce” che ne mettono in discussione la leadership e che ansimano per flirtare con il centrosinistra. E invece nulla, i Cinque stelle restano all’opposizione. E Beppe resta con quello che ha…
L’economia. L’Iva al 22%. La service tax. Gli acconti. Disoccupazione giovanile al 40%. I conti pubblici. La svendita degli asset strategici per “ridurre” il debito pubblico. Solo per fare qualche esempio di ciò che hanno prodotto queste larghe intese…
…e poi c’è Silvio. È un ruolo a parte quello di Silvio Berlusconi. In qualche modo riuscirà a dire di aver vinto, di aver tenuto unito il centrodestra o di aver stanato i “traditori”. In cuor suo sa di aver perso una porzione di leadership (ha dovuto rincorrere, per la prima volta, qualcuno all’interno del proprio partito), quanto il braccio di ferro con il Pd sulla sua questione giudiziaria. Ma soprattutto gli toccherà adesso guidare il partito dai servizi sociali non una campagna elettorale. Se non è una sconfitta questa…
@rapisardant