Clint Eastwood compie 90 anni il 31 maggio (è nato il 1930 a San Francisco). Ha percorso nei suoi film i sentieri del West e le strade altrettanto violente delle metropoli di un secolo dopo. Nato in California, musicista prima che attore e regista, Eastwood è stato capace di raccontare nei suoi film l’umiliazione degli Stati americani del Sud nella guerra civile come di evocare un grande jazzista afroamericano, Charlie Parker; di far sue, accanto a Morgan Freeman, le ragioni dei bianchi poveri in Million Dollar Baby e quelle dei giapponesi vinti nel 1945 in Lettere da Iwo Jima. Ma l’inizio cinematografico, seguito a quello televisivo negli Stati Uniti, è stato tra Roma e l’Almeria, con un regista italiano allora anche più sconosciuto di lui, Sergio Leone. Ne parliamo con Maurizio Cabona, critico de Il Messaggero.
Maurizio Cabona, la prima qualità di Clint Eastwood è…?
“… Aver imparato, recitando, a filtrare se stesso nei suoi personaggi; e aver reso mainstream film insoliti. Se ha interpretato vari film seriali, come regista ha saputo scegliere e cambiare gli sceneggiatori”.
C’è qualcuno nel cinema professionalmente longevo come Eastwood?
“C’è Leni Riefenstahl che lo è stata di più. Ha recitato, danzato, filmato per otto decenni, cominciando col cinema muto fino a dirigere classici come Il trionfo della volontà e Olympia, quest’ultimo premiato alla Mostra di Venezia del 1938. E non è poi stata dimenticata, se la travagliata lavorazione di Tiefland, tra 1942 e 1954 è raccontata nella Nina dei tuoi sogni di Fernando Trueba nel 1999. La Riefenstahl, nata nel 1902, ha fatto a tempo a vederlo! E poi ha girato ancora Un sogno d’Africa (2003)”.
Allora a 90 anni Eastwood non ha ancora il primato. Ma come è cominciata la sua carriera?
“Grazie a un commilitone nell’aeronautica, David Janssen, che, diventato attore, lo presenta a Hollywood. Poi il regista Jack Arnold lo dirige in piccoli ruoli nella Vendetta del mostro (1954) e in Tarantola (1955). Protagonista, Eastwood lo diventa con le 206 puntate dal ’56 al ‘66 della serie tv della Cbs, Rawhide, giunta in Italia come Gli uomini della prateria solo quando Eastwood era ormai famoso”.
Eastwood però arriva prima e gira tra Roma e l’Almeria Per un pugno di dollari.
“Nel 1964. Sergio Leone, che gli avrebbe preferito James Coburn o Charles Bronson. Troppo cari, però”.
E Leone s’accontenta di Eastwood…
“Il loro sodalizio per la trilogia del dollaro ha questo vizio d’origine”.
Presto a Roma circola una battuta negli ambienti del cinema…
“… ‘Clint ha due espressioni, col cappello o senza’. Questa arguzia Leone poteva risparmiarsela: un attore recita male (anche) perché il regista dirige male”.
Eppure i loro film sono successi mondiali.
“Certo. Ma ogni volta Leone affianca a Eastwood comprimari che stima più di lui. Alla quarta volta, Eastwood dice ‘basta’. Ormai è famoso e può scegliere. Torna negli Stati Uniti per girare Impiccalo più in alto di Ted Post, mentre Leone gira, finalmente con Bronson, in Almeria C’era una volta il West“.
Lei ha incontrato Eastwood nei grandi festival. Come lo ricorda?
“La sua falcata di uomo di quasi due metri è simile a quella di Henry Fonda. Sa anche suonare e cantare. E sa dimenticare i torti subiti e ricordare i doni ricevuti, se ha dedicato a ‘Sergio [Leone] e Don [Siegel]’ Gli spietati (1992)”.
Da tempo Eastwood sceglie i suoi personaggi. Gli somigliano?
“Non tutti e non del tutto, ma nessuno di loro gli dispiace. E ha saputo staccarsi dal pistolero senza nome degli albori cinematografici”.
Quando ha visto il primo film con Eastwood?
“Nel 1964, Per un pugno di dollari. Uscì direttamente in seconda visione, ma i buoni incassi lo fecero rimbalzare in prima visione. Quasi nessuno si accorse che Leone aveva rifatto, senza dirlo, La sfida del samurai di Akira Kurosawa. Per il regista giapponese, il plagio di Leone fu una fortuna: divenne ricco col risarcimento che la produzione italo-spagnola-tedesca”.
Ci sono film di Eastwood sottovalutati?
“Brivido nella notte; Breezy; Honkitonk Man; Bronco Billy; Gunny”.
E ci sono film di Eastwood non riusciti?
“Firefox; Cacciatore bianco, cuore nero; Un mondo perfetto; Mezzanotte nel giardino del bene e del male; Space Cowboys; 15:17 Attacco al treno”.
Ha un aneddoto personale su di lui?
“Alla conferenza stampa di Cannes nel 2008, un giornalista in età gli obietta che, in Changeling, Angelina Jolie accenda la radio e subito si senta la musica (ci voleva un minuto perché le valvole di un apparecchio si scaldassero). Un altro regista avrebbe alzato le spalle, invece Eastwood replica: ‘Per età lei e io lo ricordiamo, ma gli altri non avrebbero capito. Per non rallentare il ritmo del film, mi sono preso questa libertà. Ma ha ragione lei’”.
Eastwood esprime un patriottismo ormai raro nel cinema, misurato ed esente (a volte) da retorica.
“Talora ha ecceduto con l’enfasi, come in Firefox. Ma ha imparato dagli errori. American Sniper pare inizialmente patriottardo, ma il peggior nemico di un reduce americano dall’Irak si rivela un altro reduce”.
Politicamente lo definirebbe…
“… Un conservatore intelligente. Ma soprattutto un diplomatico di complemento”.
Perché?
“Perché con Lettere da Iwo Jima ha chiuso – per parte sua – la guerra col Giappone. E con Gran Torino ha chiuso – per parte sua – la guerra di Corea. Milioni di giapponesi e di coreani hanno visto questi film così rispettosi del loro ieri e del loro oggi”.
Eastwood è un revisionista?
“Il texano dagli occhi di ghiaccio è un film revisionista sulla fine della guerra civile americana nel 1865. Lettera da Ivo Jima è più che un film revisionista: è un film dalla parte dei giapponesi nella guerra perduta contro gli americani nel 1945”.
Autonomia e indipendenza delle produzioni di Eastwood sono così rare.
“Tuttora lui gira film per il cinema in sala, quando Woody Allen (1935) e Steven Spielberg (1947) hanno ripiegato sull’online, almeno per il mercato che più conta, quello americano. Il suo Richard Jewell, film senza divi, è costato poco e ha incassato tanto”
C’è un grande libro su Eastwood?
“Sì. L’ha scritto Diego Gabutti e l’ha edito Milieu: Cavalieri pallidi, cavalieri neri. Gesta e opinioni di Clint Eastwood, eroe pop”.
info@barbadillo.it
Ottima intervista.
Il giovane Eastwood lasciava un po’ a desiderare con quella immobilità espressiva che dava ragione al giudizio di Leone. Ma è migliorato col tempo, anche perchè ha scelto, soprattutto come regista, personaggi veri che parlano allo spettatore vero, semplice, non ideologizzato dall’idiotismo Politically Correct, americano e no, ha dato voce a sentimenti, talora pregiudizi, che erano stati condannati all’ostracismo. Fra tutti gli ultimi preferisco ‘Gran Torino’.
Lunga vita a Clint Eastwood! Mi piaceva da attore, iconico seppur “con una sola espressione” come ha ricordato Felice, ma lo apprezzo ancor di più soprattutto da regista, per me uno dei migliori registi americani degli ultimi anni, da Mystic River a Million Dollar Baby, da Gran Torino ad American Sniper tutti grandi film, forse anch’io come Felice fra questi sceglierei Gran Torino come preferito anche se Million Dollar Baby la prima volta che l’ho visto mi ha emozionato tantissimo, straziante la storia e la fine di “Maggie”, la protagonista interpretata dalla bravissima e bellissima Hillary Swank , tutta la parte finale dal film dalla scena topica in poi è un colpo al cuore per come viene resa e contestualizzata…
Più ancora di Riefenstahl o Eastwood,il regista (in assoluto)più longevo della storia del cinema è stato senza dubbio Manoel De Oliveira,che ha realizzato il suo”Gebo e l’ombra”alla veneranda età di 104 anni.Una volta i suoi film passavano spesso a “Fuori Orario”(il programma tv notturno,ormai ultratrentennale, ideato da Ghezzi).
Per quanto riguarda Eastwood,come regista,il film che preferisco(ma non li ho visti tutti) è “Lettere da Iwo Jima”.
Mi unisco ai commenti precedenti, soprattutto a quello di Stefano.
Wolf è vero, se si parla di longevità Manuel De Oliveira è sicuramente fra i primi posti con una produzione in buona parte di altissimo livello, anch’io li vedevo su “Fuori Orario”… Ma se si parla di registi prolifici oltre che longevi ancora in attività anche Werner Herzog non scherza affatto,ha fatto più di 60 film e documentari mi pare ed è ancora in attività a quasi 80 anni, mentre se si parla di registi scomparsi ci sono per esempio i registi nipponici, Yasujiro Ozu ha fatto più di 50 film ma in circa 30 anni di carriera in quanto è morto a 60 anni, poi c’è Kenji Mizoguchi che ne ha fatti addirittura 101, anche lui morto di leucemia a soli 58 anni! Altri come Godard o John Ford ancora di più, sui 130 e passa, questo giusto per citare quelli che hanno unito quantità e tanta qualità anche se non sono stati longevi come Clint che però ha iniziato più tardi…
A parte Godard,del quale apprezzo solo poche cose,in quanto a volte mi sembra troppo imbrigliato in film “a tesi”,quelli che hai nominato sono tutti registi eccezionali(tra l’altro anche Ozu,se non ricordo male,l’ho conosciuto grazie a “Fuori orario”).
In particolare Herzog,per me(da appassionato di cinema fantastico)è un’icona assoluta per il suo remake di “Nosferatu”,assolutamente sublime,con un indimenticabile Klaus Kinski e le musiche dei Popol Vuh.
Assolutamente Wolf, Herzog è fra i miei registi preferiti in assoluto infatti, non solo per il magnifico remake di Nosferatu, ma da “Aguirre furore di Dio” a “Fitzcarraldo” a “L’Enigma di Kaspar Hauser” etc etc sono tutti dei capolavori, poi la sua poetica emerge tantissimo anche nei documentari tipo “Kalachakra, la ruota del tempo” o “La grande estasi dell’intagliatore Steiner” o i documentari sui vulcani girati in condizioni veramente estreme o su quelli incentrati sulle culture di popoli “primitivi”, insomma un grandissimo del cinema che ha indagato a fondo il rapporto fra natura e uomo ed il significato della verità in rapporto alla finzione cinematografica, indimenticabile il suo “La Soufrière- in attesa di una catastrofe inevitabile” dove va con una troupe sull’Isola di Guadalupa nell’imminenza di una gigantesca eruzione vulcanica per cui tutta la popolazione venne fatta evacuare, tranne un contadino che non voleva lasciare casa sua a cui Herzog si interessa… questo fu forse il film più pericoloso fatto da Herzog e fra i più pericolosi in generale, poi la grande eruzione non avvenne ma lo spunto diede al regista tedesco la possibilità di indagare a livello esistenziale e spirituale la condizione umana di fronte alla catastrofe…
Ma quale Clint Eastwood caro Alarico tu che dal Basento ci osservi sempre allibito.E quel treno per Yuma,con Glenn Ford o ancora meglio” L’EMPEROR OF THE NORTH” Con Lee Marvin and Ernest Borgninr che ci ha presso la sterzata ribelle,altro che correre dietro la bottiglia che alla fine si scopre essere vuota..Comunque tieni duro CLINT..