Dopo tante preghiere finalmente si son decisi: il magistrato Catello Maresca e l’ex ministro Gaetano Manfredi scendono in campo per contendersi la fascia tricolore da sindaco di Napoli. Il primo sarà sostenuto dal centrodestra, il secondo dal centrosinistra che ha rinsaldato l’accordo con il M5s. E che, a sua volta, “tradisce” la rivoluzione arancione di de Magistris, primo “esperimento” politico di successo dell’era Casaleggio.
Maresca e Manfredi, oltre alle prime lettere del cognome, condividono l’impostazione data (finora) alla loro campagna elettorale: quella che, stessimo parlando di una serie tv anziché di politica, è la dimensione dell’eroe riluttante, chiamato – suo malgrado – a una missione impossibile che solo lui può svolgere ma che egli farebbe volentieri a meno di compiere.
Altro che missione impossibile, quella di Palazzo San Giacomo: l’eredità “arancione” è devastante. Il Comune è sommerso da miliardi di euro di debiti e la necessità di una legge speciale per Napoli si fa ogni giorno sempre più pressante. Solo che, a differenza di Roma Capitale, sembra che nessuno abbia né la volontà né la forza politica anche solo di proporre un provvedimento del genere, temendo le scudisciate mediatiche che ne verrebbero, specialmente dal Nord.
Intanto c’è da vincere una campagna elettorale che si preannuncia quantomeno anomala. I candidati dovranno battagliare d’estate, quando i cittadini (non solo napoletani) saranno al mare e la voglia di sentir parlare di politica e temi “seri” (dopo tutto quello che abbiamo passato e stiamo ancora passando appresso al Covid) è ridotta a zero.
“Nel centrodestra ma non di centrodestra”
Catello Maresca, a cui il centrodestra ha letteralmente offerto candidatura e leadership, ha ottenuto l’aspettativa dal Csm, tra gli applausi di Matteo Salvini che ha proprio ieri ha detto:
“Se Maresca si candida a Napoli, io ne sono strafelice. Bene, è uno dei magistrati anti camorra più in gamba che io abbia conosciuto sia da ministro che in altra veste”, ricordando che sia lui che Paolo Damilano (eventualmente in corsa a Torino) “non sarebbero candidati di partito o di bandiera, non so cosa votino ma sono persone in gamba che hanno un’idea di Napoli e Torino assolutamente condivisa e condivisibile”.
In pratica, sostenuti (Maresca e Damilano) dal centrodestra ma non di centrodestra. Tant’è vero che, stando a quanto raccontano i media napoletani, il pm sarebbe riuscito a “indebolire” già gli avversari del centrosinistra trovandosi al suo fianco Peppe Balzamo, dirigente Pd che solo qualche mese fa se n’è andato sbattendo la porta. Per il centrodestra, il ritorno di una vecchia “conoscenza” dal momento che, nel lontano 2016, aveva sostenuto la seconda corsa (poi fallita) di Gianni Lettieri a sindaco di Napoli, con tanto di lettera agli elettori intestata col simbolo del Partito democratico.
C’eravamo tanto odiati
Gaetano Manfredi si è trovato nella saldatura Pd-M5s che, in Campania, non era per nulla scontata. Così come quando si è in mare il tempo cambia in fretta, sembrano ormai preistoria i giorni degli scontri veleniferi tra i dem e i Cinque Stelle tra capoluogo e Regione. Parole al miele, per Manfredi e per il “percorso costruttivo” tra i due partiti, sono state espresse specialmente dagli esponenti M5s di stretto rito pomiglianese. Il “patto” è stato siglato da Enrico Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza, rappresentanti di Pd, M5s e Articolo Uno. Le tre anime della coalizione saranno queste. L’impegno è stato suggellato dai massimi dirigenti politici, a prescindere da quanto dureranno ancora. Ma questa è un’altra storia. Intanto, il profluvio di applausi giunti dai pentastellati suggella l’inizio di una nuova fase per la sinistra partenopea. Pronta a cancellare il recentissimo passato arancione e gli screzi per ripartire da capo. De Magistris è il passato, così come le schermaglie col Pd e lo stesso nome di Roberto Fico, dissoltosi dopo mesi e mesi di rumors e indiscrezioni.
Il ritorno del (vice)Re
Chi è già partito da tempo è Antonio Bassolino: il Viceré ha intenzione di battersi spiegando ai napoletani una cosa semplice, lui (a differenza degli altri, almeno finora) il sindaco vuol farlo per davvero e dalla posizione privilegiata di chi, travolto qualche anno fa dall’ondata giustizialista, si presenta alla città con ben 19 assoluzioni da vantare. Diffidando dal centrosinistra, dopo il flop alle primarie di cinque anni fa che consegnarono, letteralmente, la sinistra in mano a Luigi de Magistris, l’ex governatore della Campania e già sindaco della città ha iniziato da tempo una campagna d’ascolto in tutti i quartieri della città. Bassolino, dalla sua, ha una trasversalità che pare funzionare sul serio. Sicuramente giocherà un ruolo importante nelle amministrative napoletane e, sicuramente, influenzerà con decisione gli equilibri politici in città.
C’è poi Alessandra Clemente, assessore tuttofare designato (anche) all’eredità da Luigi de Magistris – che nel frattempo se ne va in Calabria a tentare di esportare in quella Regione il suo modello politico e amministrativo -, che combatterà per tenere le posizioni “arancioni”. Secondo gli osservatori, è destinata al flop. Mai dire mai, vero: ma questa volta appare davvero durissima.