Due date a loro modo importanti. Karl Haushofer costituisce una sorta di anello di congiunzione tra il realismo della geopolitica e quel “nazismo magico” che, da ben prima dell’apparizione dell’opera di Giorgio Galli, costituisce un piatto prelibato per gli appetiti di esoterici, occultisti, teosofici, spiritisti, complottisti, misteriosofici d’ogni salsa…
Cerco di procedere con qualche ordine per non ingarbugliar troppo una matassa di per sé seducente, ma abbastanza infida, premettendo che, a mio avviso, Haushofer è solo un inquilino moroso, se non un ostaggio, del libro di Galli, del ‘nazismo magico’ e della cultura esoterista…
Con il saggio Hitler e il nazismo magico. Le componenti esoteriche del Reich millenario, un’opera che fece e fa discutere dalla sua pubblicazione, nel 1989, Giorgio Galli (Milano, 10 febbraio 1928, politologo, storico, columnist, accademico) indaga nella storia della Germania nazista alla ricerca delle suggestioni esoteriche che avrebbero influenzato Hitler e la sua più stretta cerchia di collaboratori. Nucleo centrale del saggio è l’individuazione di motivazioni occulte alle scelte decisive del vertice nazista, scelte altrimenti inspiegabili secondo le comuni categorie del logico. Alla base di tali motivazioni ci sarebbe lo scontro tra le forze primordiali avverse del bene e del male, delle quali forze Hitler ed il vertice nazionalsocialista, o una parte di esso, sarebbero degli iniziati, cioè personaggi che tentano di calare nel politico obiettivi propri dell’occultismo, a partire dall’antisemitismo e dall’attacco germanico all’URSS, del giugno 1941, per impadronirsi della Heartland, il cuore dell’Eurasia, proprio secondo le teorie di Karl Haushofer e di altri geopolitici.
Giorgio Galli in molti scritti sulla storia contemporanea ha esplorato temi sociologici, ponendo attenzione al connubio tra storia ufficiale ed esoterismo e verso aspetti particolari della storia delle idee politiche, quali le radici “magiche” o irrazionali che concorrono ad alimentare l’adesione di massa verso alcune ideologie totalitarie. L’opera in questi tre decenni ha avuto un successo straordinario, varie edizioni ed ancor più ristampe. Premetteva l’autore in occasione dell’edizione di anni più tardi:
“La prima edizione di questo libro coincideva con due anniversari: il centenario della nascita di Hitler (aprile) e il bicentenario della rivoluzione francese (luglio). In autunno, quel 1989 sarebbe entrato nella storia per la rivoluzione all’Est: esattamente un secolo dopo la nascita del Führer, cadeva il muro di Berlino, premessa di una Germania nuovamente unita, potenza egemone in Europa. Si tratta di coincidenze significative, per un testo che prende in considerazione gli elementi di cultura esoterica che hanno concorso al formarsi dell’ideologia nazista. Coloro che vivono l’esoterismo come approfondimento della conoscenza e sviluppo della personalità, dubitano che si possa abbinare al nazismo o ne ritengono distorta l’eventuale o parziale presenza nel movimento hitleriano (…). Il libro è solo un “case-study” a dimostrazione di questo assunto, al quale sto facendo seguire altre ricerche (…). I punti di maggiore interesse sono due, in stretta connessione: il ruolo di società segrete come l’inglese Golden Dawn (e le sue derivazioni) in rapporto al nazismo e l’interpretazione della missione di Hess in Inghilterra, nel maggio 1941″.
Karl Ernst Haushofer nacque a Monaco di Baviera il 27 agosto 1869, figlio di un professore di economia, prima della proclamazione dell’Impero Tedesco. In quale misura le sue idee abbiano realmente influenzato decisioni e strategie della Germania del III Reich è materia a tutt’oggi assai dibattuta. Ufficiale, diplomatico, geografo, politologo, frequentò Accademia dell’Artiglieria e Militare bavarese. Sposò nel 1896 Martha Mayer Doss, d’origini ebraiche, dalla quale ebbe due figli: Albrecht ed Heinz. Haushofer continuò la sua carriera nell’esercito e nel 1903 cominciò l’insegnamento all’Accademia militare bavarese. Le fotografie ci tramandano le fattezze d’un uomo piuttosto alto, corpulento in età matura, con i tratti severi del volto ed i baffoni folti, vistosi.
Nel 1908 Haushofer venne inviato a Tokyo come istruttore d’Artiglieria dell’Esercito giapponese. Questo ruolo fu l’inizio del suo amore per l’Oriente. Durante i quattro anni successivi viaggiò per l’Estremo Oriente, imparando il giapponese, il coreano, il mandarino; conobbe numerosi esponenti politici ed aprì i canali per una diplomazia informale che porterà i suoi frutti più tardi. Nel 1909 fu presentato all’imperatore Matsushito. L’ufficiale resterà sempre vicino alle posizioni giapponesi: egli comprendeva l’importanza degli obiettivi della politica estera nipponica, in ispecie la Manciuria, poiché il Giappone, privo di estese aree agricole, aveva da un lato la necessità di acquisire terre coltivabili e dall’altro il controllo delle coste cinesi per controllare il commercio del petrolio, materia prima essenziale allo sviluppo della sua industria.
Karl Haushofer durante il suo soggiorno nell’Estremo Oriente fu introdotto agli insegnamenti esoterici. Studiò la filosofia e le ideologie politiche di quei Paesi. Nel rientrare in Germania percorse la Transiberiana, potendo così rendersi conto personalmente degli immensi spazi eurasiatici. Nel 1913 diede alle stampe un’opera di notevole successo Dai Nihon (Il Grande Giappone). Probabilmente suggestionato da analoghe idee nipponiche, egli sviluppò la famosa ‘teoria dello spazio vitale’ (Lebensraum).
Haushofer forse trasferì più tardi questo suo interesse per la Weltanschauung e le strategie giapponesi a Heinrich Himmler, il quale potrebbe aver tenuto presente l’idea dei Samurai all’atto della creazione delle SS. Durante la Prima Guerra Mondiale, egli prestò servizio come generale del Kaiserreichsheer. Nel 1918, rientrato a Berlino, Haushofer ebbe contatti con società esoteriche, che tra l’altro postulavano l’origine asiatica della razza ariana, ma senza fondarle, come a volte si legge! Haushofer, impregnato di realismo geopolitico, se intendeva il valore di conoscenze iniziatiche, ben poco aveva da spartire con esoterismi pasticciati. È bene, tra l’altro, non enfatizzare il ruolo che tali società (Thule, Vril) ebbero realmente.
La Società Vril o Loggia Luminosa fu fondata in Germania nel 1921 come “Società Pangermanica di Metafisica” per esplorare le origini della razza ariana. Fu costituita inizialmente da un gruppo di donne medium psichiche dirette dalla croata Maria Orsic, già medium della Thule Gesellschaft, che sosteneva di aver ricevuto delle comunicazioni da alieni Ariani viventi su Alpha Tauri, nel sistema di Aldebaran. Secondo la Orsic questi alieni avevano visitato la Terra e si erano insediati in Sumeria e la parola Vril deriva dall’antica parola Sumera vri-il: simile a dio. Una seconda medium del gruppo fu conosciuta solo come Sigrun, una delle nove figlie di Wotan. La Società Vril combinava gli ideali politici dell’Ordine degli Illuminati di Baviera con il misticismo Hindù, la Teosofia di Madame Blavatsky e la Cabala Ebraica. Fu il primo gruppo nazionalista Germanico ad usare il simbolo della swastika come un emblema di collegamento tra l’occultismo Orientale e quello Occidentale. La Società Vril presentava l’idea di un matriarcato sotterraneo, un’utopia socialista governata da esseri superiori che avevano padronanza sulla misteriosa energia chiamata Forza Vril. Questa società segreta fu fondata sulla novella di Bulver Lytton “The Coming Race” (La razza ventura), del 1871. Il libro descrive una razza di uomini psichicamente molto più avanzata della nostra, da essere quasi simili a dei. Per il momento sono nascosti e vivono in caverne, tunnel e grandi cavità al centro della Terra. Presto emergeranno per regnare su di noi.Mentre compivano le ricerche per “Il Mattino dei Maghi”, Jacques Bergier e Louis Pauwels ottennero la dichiarazione riportata sopra da uno dei più grandi esperti missilistici del mondo, il Dr.Willy Ley, che lasciò la Germana nel 1933. Il Dr. Ley disse che i membri della Società Vril credevano di possedere una conoscenza segreta che li avrebbe resi in grado di mutare la loro razza e li avrebbe resi simili agli uomini nascosti nelle viscere della Terra. (https://www.filosofiaelogos.it/News/La-Societ%C3%A0-Vril-o-Loggia-Luminosa-e-i-dischi-volanti.html).
Se con la Vril siamo, mi pare, in pieno delirio fantascientifico ed ufologico, non molto più credibile o incisivo risulta il ruolo svolto dalla spesso citata, anche da Galli, anteriore e più nota ‘Società Thule’:
La Thule-Gesellschaft fu un’organizzazione razzista, antisemita e völkisch, creata nel 1910 da Felix Nieder e Rudolf von Sebottendorf, alias Adam Rudolf Glauer. Il 18 agosto 1918 venne trasferita a Monaco di Baviera su iniziativa di Glauer. Secondo Hans Thomas Hakl, alla nascita della Società il contenuto esoterico ed occultistico era pressoché assente. Fu così chiamata dal nome della leggendaria isola di Thule descritta dall’esploratore greco Pitea, ritenuta dalle popolazioni tedesche loro mitica terra d’origine. All’apice del suo successo, nel 1919, contava circa 1500 iscritti. La Società nacque come forza politica anti-rivoluzionaria con lo scopo di combattere lo Stato libero di Baviera, proclamato da Kurt Eisner il 7 novembre 1918 a Monaco e, ancor più, la successiva Repubblica bavarese dei Consigli. Quando tale Repubblica venne schiacciata dall’esercito governativo, spalleggiato dai Freikorps, si perse totalmente la sua ragion d’essere, tanto che nel 1925 la Thule fu sciolta. (Luigi G. De Anna, Thule: Le fonti e le tradizioni, Rimini, Il Cerchio, 1998; https://it.wikipedia.org/wiki/Thule_(mito).
Nella sua corta vita, la ‘Thule’ fu certamente influenzata dalle teorie di Haushofer. Adolf Hitler fu iniziato alla Società Thule nel 1919 da Dietrich Eckart, che in quel periodo ne era il leader. Hitler dedicò successivamente il Mein Kampf a Eckart, morto d’infarto nel dicembre 1923. Ma questo non vuol dire che Hitler credesse in tali leggende! Per lui erano un bacino di consensi. E tanto meno Haushofer.
Occorre non dimenticare che spiritismo, occultismo, esoterismo trovarono, per contrasto e reazione, un fertile terreno nell’età del positivismo trionfante, dello scientismo, del formidabile progresso tecnico ed industriale. Dopo la WWI crebbe poi, a tutti i livelli sociali, come un bisogno di mantenere in vita o di creare un legame “spiritistico” con i congiunti caduti nell’immane conflitto. Lo scrittore inglese Arthur Conan Doyle, il padre di Sherlock Holmes, con la sua ossessione (nel 1926 scrisse persino una History of Spiritualism), ne è un noto esempio.
Terminata la guerra come Comandante della 1ª Brigata di artiglieria bavarese, il generale Karl Haushofer nel 1919 è nominato professore di Geografia all’Istituto di Geopolitica presso l’Università Ludwig-Maximilians di Monaco. Lo stesso anno fece conoscenza con Rudolf Hess (1894-1987), suo studente, che sarebbe diventato un intimo amico ed avrebbe poi tutelato sua moglie ed i figli dalle antisemite Leggi di Norimberga, del 1935, per la protezione del sangue e dell’onore tedesco. Hess presentò Haushofer a Hitler, quando questi si trovava in prigione a Landsberg, dopo il fallito putsch di Monaco del 1923; Haushofer incontrò Hitler molte volte in seguito. Fu tra i primi membri del NSDAP, senza mai ricoprirvi incarichi. Nel gennaio 1924 uscì il primo numero di “Zeitschrift für Geopolitik” (Rivista di Geopolitica):
“A partire dal 1924, Haushofer pubblica la sua Rivista, in cui egli mette soprattutto l’accento sullo spazio del Pacifico, come attestano i suoi articoli ed i suoi resoconti, redatti specialmente grazie a rapporti inviati da corrispondenti giapponesi. Il tono di questa rivista è essenzialmente politico e geografico, contrariamente alle chiacchiere diffuse per decenni dopo il 1945, che evocano una fantasmagorica dimensione ‘esoterica’ della Zeitschrift für Geopolitik; si è narrato che Haushofer apparteneva ad ogni specie di setta esoterica ed occulta. Queste accuse sono di certo completamente false”.
(Robert Steuckers, I temi della geopolitica e dello spazio russo nella vita culturale berlinese dal 1918 al 1945, 2013, in https://www.centrostudilaruna.it/i-temi-della-geopolitica-e-dello-spazio-russo-nella-vita-culturale-berlinese-dal-1918-al-1945.html).
Nel 1925 dà alle stampe Geopolitik des Pazifischen Raumes (Geopolitica dello spazio pacifico), la sua principale opera geopolitica e scientifica. Nel corso degli anni venti, Haushofer incontra numerose personalità della cultura, del mondo militare, della politica, tra cui Oswald Spengler, Alfred von Tirpitz, Erich Ludendorff, Konrad Adenauer, Stefan Zweig, Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi. Nel 1930 egli divenne membro della American Geographical Society e negli anni seguenti tenne conferenze in diversi Paesi europei, tra cui l’Italia. Dal 1934 al 1937 fu presidente della Deutschen Akademie.
Haushofer, la cui disgrazia si delinea dal 1938, non vide di buon occhio la gestazione di una nuova guerra mondiale; poi, in particolare, l’invasione dell’Unione Sovietica. Inoltre, quando nel 1941 Rudolf Hess s’involò per l’Inghilterra, rimase privo di protettori altolocati e la moglie rischiò di essere colpita dalle Leggi di Norimberga. Dopo la ‘fuga’ di Hess – risulta un po’ risibile pensare che la stessa, così maldestra e scombiccherata, sia stata concordata con Hitler, come ancora non pochi ripetono, che tutto era, fuorchè uno stupido – iniziò una vasta persecuzione dei più svariati operatori dell’occulto, dagli astrologi ai cartomanti, dai sensitivi ai medium. Che colpì anche Albrecht Haushofer, sospettato di aver aiutato Hess, in quanto amico, nei potenziali contatti con personalità britanniche e nella preparazione del volo del Messerschmitt Bf 110, conclusosi a Eaglesham, presso Glasgow, in Scozia. Sostiene Galli che pure Ernt Jünger e Carl Schmitt si erano “resi conto che il nazismo era una sintesi di magia e di tecnologia avanzata”. Che prima finiva, senza trascinare nella rovina totale la Germania, meglio era per tutti. Era in parte vero (propaganda più di magia…), ma quando la barca affonda tutti, ovunque, diventano di colpo saggi e previdenti.
In sostanza, e con buona pace di Giorgio Galli, io credo che i soli autentici alti dirigenti esoteristi nazisti si riducevano a Himmler – che Hitler apprezzava come poliziotto, ma che canzonava nella sua cerchia per i suoi bizzarri rituali e credenze – e, in misura minore, Richard Walther Darré, Alfred Rosenberg ed appunto Rudolf Hess, probabilmente affetto da intermittenti turbe psicotiche. Haushofer esoterista non lo era – veggente neppure – ma pagò anch’egli i buoni rapporti con Hess e, più in generale, il desiderio di evitare il proseguimento di una guerra assai sanguinosa e rovinosa per il proprio Paese. Il ‘misticismo nazista’, simboli, soli neri, cerimonie paganeggianti, Totenkopfring ecc. è soprattutto folklore e paccottiglia. Un universo inquietante e malaticcio, non magico e neppure satanico.
Hitler ed i vertici del partito non erano in possesso di alcuna dottrina segreta. Il Führer era un romantico intelligente, un capo carismatico ed un artista mancato con tratti caratteriali talora gentili e formali, galante con le donne; una personalità marcata da contegni spietati e decisioni brutali, ma non un cultore dell’occulto; un bambino sensibile, maltrattato dal padre ed educato in un cattolicesimo austriaco repressivo, con peculiarità sessuofobe e superstiziose. Poi scettico.
Nella storia del nazismo, è vero, sono rimasti alcuni aspetti ancora non ben delineati, come il suo capo, ma tutt’altro che veri enigmi. Perché Hitler, ad esempio, attaccò la Polonia, convinto che l’Inghilterra non sarebbe intervenuta? Perché Rudolf Hess si recò in Inghilterra alla vigilia dell’attacco all’URSS? E perchè poi attaccò l’URSS? Le risposte a questi dubbi per alcuni risiedono nella ‘occulta philosophia’, che caratterizzò la formazione culturale del Führer e di una parte dell’élite nazionalsocialista (come suggerisce Galli). Ma vi sono altre spiegazioni più prosaiche (chi pensava inevitabile il conflitto prima del massiccio riarmo britannico o al contrario Göring, che era convinto dell’intervento inglese, lo temeva, e ricercò invano, all’ultimo, una pace di compromesso attraverso l’amico svedese Johan Dahlerus); così come non costituiscono veri enigmi i miraggi di Hess o l’esistenza di un fantomatico “partito esoterico della pace”, in qualche modo convergente con l’inglese “partito aristocratico della pace” ecc.
In seguito al fallito attentato al Führer del 20 luglio 1944, suo figlio Albrecht Haushofer (1903-1945), anch’egli studioso di geopolitica, poeta e drammaturgo, diplomatico di carriera, consigliere del medesimo Hitler per gli affari britannici, in contatto con i circoli della Resistenza e membro della congiura, fu arrestato nel dicembre 1944 ed internato nella prigione di Moabit, a Berlino; l’intera famiglia Haushofer venne sospettata e lo stesso anziano Karl deportato a Dachau. Albrecht non vide la fine della guerra, poiché fu frettolosamente fucilato per la strada dalle SS il 23 aprile ’45, con i sovietici alla periferia di Berlino. Il cadavere fu poi trovato il 12 maggio dal fratello Heinz.
Terminato il conflitto, Karl Haushofer fu interrogato da ufficiali nordamericani, tra i quali Edmund A. Walsh, gesuita e docente di Geopolitica a Georgetown, per determinare se processarlo a Norimberga per crimini di guerra; nonostante Walsh l’avesse scagionato dalle accuse, il 21 novembre 1945 un decreto delle Autorità d’occupazione statunitensi gli revocò il titolo di Professore emerito ed il diritto alla pensione. Umiliati, ridotti alla miseria, la notte tra il 12 e il 13 marzo 1946, Martha e Karl Haushofer si suicidarono ingerendo dell’arsenico in una loro proprietà presso Pähl, nell’Alta Baviera.
Ora, un passo indietro.
Il termine “geopolitica” fu coniato nel 1899 dal geografo svedese Rudolf Kjellen, che la teorizzò successivamente nelle opere Samtidens stormakter (Le grandi potenze di oggi, 1914) e Staten som lifsform (Lo Stato come forma di vita, 1916). Molti attribuiscono la paternità di questa disciplina a Friedrich Ratzel, il geografo, antropologo ed etnologo tedesco che nel 1904 moriva. Ratzel traeva dal darwinismo gli elementi per la nuova concezione biologica degli Stati. Lo studioso svedese Kjellen, con “geopolitica”, si riferisce all’uso della conoscenza geografica per favorire gli obiettivi di Stati nazionali. Egli, come Ratzel, tende a istituire una similitudine tra le nazioni e gli organismi viventi. Per altri, la geopolitica nasce nel 1904, grazie allo scritto del geografo inglese Halford Mackinder, The Geographical Pivot of History. Ad ogni modo, i fondatori della geopolitica occidentale possono essere considerati Ratzel, Kjellen e Mackinder, per le analisi delle relazioni tra le potenze europee del loro tempo, sotto il punto di vista delle differenti collocazioni storico-geografiche e dello sviluppo statale, paragonato a quello di creature viventi.
Sarà nel 1919 che Karl Haushofer, riprendendo le teorie di Kjellen e Ratzel, constatando la situazione politica tedesca del tempo, elabora la ‘tesi dei grandi spazi’. L’idea di Haushofer era di riportare lo spazio tedesco alla sua centralità mondiale (al pari delle altre realtà continentali ed imperiali) e di dotare la Germania di un proprio ‘spazio vitale’, Lebensraum, concetto geopolitico già teorizzato da Ratzel. Del resto la marcia verso est (Drang nach Osten) della Germania era in corso dal periodo guglielmino, moto sospinto dal progetto di costruzione della ferrovia Berlino-Baghdad (un tentativo da parte tedesca di delimitare una zona d’influenza nel Vicino Oriente). Lo scoppio della guerra mondiale era dovuto, secondo Haushofer, allo scontro antropologico tra le potenze telluriche e le potenze marittime: il generale vide nel fronte costituito da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia il nemico talassocratico che si contrapponeva al ‘blocco tellurocratico’ eurasiatico.
Tra il 1924 e il 1944 la pubblicazione della Zeitschrift für Geopolitik contribuisce a diffondere le teorie geopolitiche a livello tedesco ed europeo. Nel far ciò Haushofer allacciò contatti con Giorgio Roletto e Ernesto Massi, capostipiti della scuola italiana di Geopolitica che alla fine degli anni trenta prendeva forma attorno alla rivista “Geopolitica. Rassegna mensile di Geografia Politica, Economica, Sociale e Coloniale”. Tale scuola ha nel generale Carlo Jean un noto e degno continuatore. Nel 2003 quest’ultimo ha affermato:
“La geopolitica è una particolare analisi della politica (specialmente la politica estera degli Stati nazionali ma non solo quella), condotta in riferimento ai condizionamenti su di essa esercitati dai fattori geografici: intendendo come tali non solo e non tanto quelli propriamente fisici, come la morfologia dello spazio o il clima, quanto l’insieme delle relazioni di interdipendenza esistenti fra le entità politiche territorialmente definite e le loro componenti”.
La geopolitica, disciplina che studia le relazioni tra la geografia fisica, la geografia umana e l’azione politica, non ha tuttora una definizione univoca. Il pensiero di Haushofer negli anni ’20 si forma attraverso l’opera del britannico Halford Mackinder, che considerava la politica internazionale come un conflitto permanente tra le potenze continentali e quelle marittime. Halford John Mackinder (1861–1947) geografo, politico, diplomatico, parlamentare conservatore, esploratore ed alpinista è, come accennato, tra i padri della geopolitica. Assorbendo idee e dogmi positivisti, razzisti e darwinisti, mescolandoli talora con suggestioni di matrice esoterica, la geopolitica, più di altre teorie novecentesche, ha incarnato le diverse anime del “secolo delle ideologie e del mattatoio”, tra i cui risultati vi è la configurazione del mondo di oggi.
“Mackinder era esperto in biologia, storia, legge e strategia; conquistò la vetta del Monte Kenya nel settembre del 1899. È conosciuto per la sua celebre teoria geopolitica dell’Heartland (traducibile come Cuore della terra), cioè un’area geografica il cui controllo avrebbe consentito di dominare l’intero mondo. La zona in questione era individuata al centro del supercontinente Eurasiatico. Mackinder visse in un periodo storico che gli permise di capire come l’espansione territoriale russa fosse facilitata e come ricevesse un importante impulso da alcune scoperte tecnologiche, in particolare dalle scoperte nel campo dei trasporti: la Transiberiana effettivamente unì la Russia da parte a parte, permettendo alle truppe di spostarsi velocemente nel vastissimo territorio russo. Geopoliticamente, questo ebbe ripercussioni fortissime perché metteva in crisi uno dei fondamenti su cui si era fondata e su cui era nata la geopolitica, cioè sul fatto che il mare rappresentasse la via più veloce per spostarsi. Mackinder sostenne dunque che, grazie ai nuovi trasporti, e al treno in particolare, la zona centroeuropea che coincideva con la Russia diventava il fulcro geopolitico mondiale, il centro della Terra: egli chiamò questa zona Heartland, termine traducibile come ‘cuore della terra’, perché chi avesse controllato quella zona avrebbe avuto il dominio dell’isola Eurasiatica e delle isole circostanti; tutto ciò era possibile perché l’isola Eurasiatica è ricca di risorse ed ora quelle risorse erano facilmente trasportabili, così come lo sarebbe stato anche per delle truppe in caso di conflitto. Questa teoria fu elaborata per la prima volta nell’articolo ‘The Geographical Pivot of History’ (Il perno geografico della storia), presentato il 25 gennaio 1904. Mackinder sosteneva che esistessero delle caratteristiche, degli ‘elementi che durano nel tempo’, in un Paese, che non mutano mai e vanno sempre prese in considerazione nel momento di compiere scelte strategiche. Esse sono il luogo geografico, il contesto storico, le tradizioni di un popolo”.
Per gli Stati, per svilupparsi e vincere guerre, è fondamentale conoscere e tenere in considerazione questi elementi. Nel 1887 Mackinder pubblicò ‘On the Scope and Methods of Geography’, un manifesto per un nuovo approccio allo studio della geografia. Qualche mese dopo fu nominato reader in Geografia presso l’Università di Oxford. Nel 1893 egli fu uno dei fondatori della Geographical Association, che promuoveva l’insegnamento della geografia nelle scuole. Nel 1895 fu tra i fondatori della London School of Economics. Nel 1904 Mackinder presentò il celebre studio ‘The Geographical Pivot of History’, nel quale elaborò la teoria dell’Heartland. Di fronte al programma navale germanico, che minaccia seriamente il potere marittimo mondiale del Regno Unito, Londra finisce per allearsi coi russi, suoi tradizionali avversari in Asia, contro i tedeschi. Essendo il Kaiserreich la principale potenza terrestre europea – secondo la tesi di MackindeP per la quale “chi governa l’Europa Orientale governa il Cuore della Terra, l’Heartland”- Berlino stava sostituendo San Pietroburgo quale ‘tellurocrazia’ per eccellenza.
Halford John Mackinder, Alto Commmissario Britannico durante la guerra civile russa post- rivoluzionaria, considererà i bolscevichi che controllano l’ Heartland dell’antico impero zarista come i diretti seguaci della geopolitica dei Romanov e richiederà con forza d’intervenire a sostegno dell’Esercito Bianco, per spezzare una volta per tutte la Potenza russa, la civiltà della terra, nemica permanente dell’Impero britannico, la civiltà del mare. Nel 1919 Mackinder sosterrà il bisogno, per evitare che le potenze continentali si unissero, di creare degli Stati “cuscinetto”, in grado di arginare le Potenze terrestri (come la Germania), ancorchè sconfitte. Non a caso, i britannici cercarono di sostenere tali Stati, poi effettivamente creati. Nel 1943 Sir Halford J. Mackinder pubblicò The round world and the winning of the peace, sviluppando infine un’idea simile al containment americano post-Seconda Guerra Mondiale, con l’idea dominante dell'”arginamento” della sempre più pericolosa Unione Sovietica. Mackinder, ad essa coevo, fu fortemente influenzato dalla “Scuola Tedesca”, soprattutto circa l’elemento deterministico: egli vedeva le politiche che uno Stato poteva intraprendere solo come “politiche di mare” o “politiche di terra”.
(Cfr. Paolo A. Dossena, Lo scienziato e lo sciamano. Mackinder, Hitler e l’isola del mondo, con Prefazione di G. Galli, Torino, Lindau, 2011; https://en.wikipedia.org/wiki/Halford_Mackinder).
Sconfitta la Weltpolitik di Guglielmo II – la strategia politica che mirava a cercare “un posto al sole” per la Germania proporzionale alla sua crescente forza industriale e per questo principalmente sviluppando un impero coloniale che potesse rivaleggiare con quelli delle altre grandi Potenze – fallito il deterrente della nuovissima flotta d’alto mare, la Hochseeflotte di Von Tirpitz, suo strumento operativo, per Haushofer le Potenze marittime (la Francia, l’Inghilterra, gli Stati Uniti) avevano costruito dopo il 1918 una sorta di “anello” per soffocare le Potenze continentali; la sola nazione che si era allontanata dal sistema era il Giappone, che cercava di rafforzare la propria posizione, sia come potenza marittima nel Pacifico, sia come potenza continentale estendendo il suo controllo sul territorio cinese. L’unico modo per liberarsi da quest’anello, essendo la Germania di Weimar allora fuori gioco, sembra ad Haushofer la creazione di “un’alleanza di difesa dalla pressione” da parte di Turchia, Russia, Afghanistan ed India.
Le Potenze marittime esistenti si ergono, ai suoi occhi, come custodi dello status quo e non permettono l’emancipazione dei popoli, non solo attraverso il colonialismo inglese e francese, ma anche tramite l’ideologia del Presidente statunitense Wilson, che comprometteva seriamente ogni ipotesi di cambio, persino interno ed istituzionale, “il diritto classico dei popoli”, come affermava Carl Schmitt. Nonostante la maggior attenzione verso le Potenze continentali abbia favorito la nascita di una simpatia dell’autore verso la situazione cinese, egli appoggerà il Giappone anche dopo il 1931, allorchè comincerà un’offensiva vera e propria all’interno del territorio cinese. Il Giappone sembrava, infatti, essere garante di una maggiore stabilità nella regione orientale che era scossa dalla diffusione da una parte delle teorie pan-asiatiche, che si fondano su uno spirito di coesione tra tutti i popoli asiatici, e dall’altra di quelle pan-pacifiche, che seguono l’ideale di un’unione dei popoli che si affacciano sull’Oceano Pacifico. Secondo Haushofer lo scontro tra le due teorie derivava dalla scelta statunitense di utilizzare l’idea pan-pacifica per arginare la possibile crescita della Potenza sovietica e di quella giapponese, mentre egli era più incline a sostenere la visione pan-asiatica. Secondo Haushofer il blocco euroasiatico (di cui perno sarebbe stata in un prossimo futuro la Germania, aiutata dalla Russia), sarebbe stato, teoricamente, l’unico in grado di fronteggiare il blocco anglosassone.
Sulla sponda statunitense, già l’ammiraglio Alfred Thayer Mahan nell’opera The Influence of Sea Power Upon History.1660-1783, del 1890, elaborava la tesi per cui la storiografia marittima doveva essere considerata essenziale chiave di lettura dei contrasti sorti tra nazioni ed imperi. Secondo Mahan “La caratteristica principale che si delinea dall’analisi storica del potere marittimo è l’antagonismo tra gli Stati per ottenere il dominio, o il controllo del mare”. Il potere marittimo è, quindi, essenzialmente, una condizione bellica, se non altro perché obbliga uno dei due contendenti ad impedire l’uso del mare all’altro. Mahan individuava negli Stati Uniti la potenza marittima emergente, mentre la caratteristica insulare (degli USA come anche delle isole britanniche) garantiva al suo Paese la capacità di consolidare il predominio degli Oceani.
Mackinder, al pari di Haushofer, interpreta la storia del mondo come lotta tra Potenze talassocratiche e potenze terrestri; egli però connota come positive le prime e negative le seconde. Prototipo di civiltà marittima sarebbe l’Europa e, soprattutto, l’Inghilterra: “La civiltà europea è il risultato della secolare lotta contro l’invasione asiatica”. Secondo l’inglese la supremazia talassocratica è minacciata da due grandi eventi: l’ascesa della Russia e l’invenzione della ferrovia. Mosca, espandendosi in Eurasia, ha unito le forze “telluriche” un tempo divise (popoli delle foreste nordiche e popoli della steppa), mentre la velocità garantita dalla strada ferrata azzera i vantaggi del trasporto marittimo. Nel paradigma mackinderiano, che ha influenzato fortemente tanto la geopolitica anglosassone quanto quella del resto del mondo, la storia fondamentale è quella del continente eurasiatico. In Eurasia, la regione-perno o Heartland è quella centro-settentrionale, corrispondente grosso modo all’area di civilizzazione russa ed irano-turanica. Le teorie di Haushofer e Mackinder pur avendo vari punti in comune e pur condividendo l’orizzonte strategicamente essenziale dell’ Heartland, si ritrovano ad essere la personificazione intellettuale dello scontro tra Inghilterra e Germania, che si sarebbe infatti verificato nei due conflitti mondiali.
Discepoli e continuatori di Mackinder, in area anglosassone, sono stati gli statunitensi Nicholas Spykman (che si è concentrato sulla rielaborazione teorica del concetto di rimland, ovvero la fascia semicircolare che dalle coste atlantiche europee giunge fino a quelle estremo-orientali) e Zbigniew Brzezinski, già consigliere strategico del Prsidente Carter. Ma negli USA sono nate varie altre teorie geopolitiche, più o meno debitrici di Mackinder, tra cui la “strategia del contenimento” (George Frost Kennan) e la teoria dell’ “effetto domino” (Dwight Eisenhower).
Il filone geopolitico della scuola tedesca, iniziato da Haushofer, fu proseguito da
, che riprese – nelle opere Terra e mare (1942) e Il Nomos della terra (1950) – la dicotomia mare-terra di Mackinder, rovesciandone però il giudizio di valore. Haushofer aveva diffuso la geopolitica, facendosi promotore d’un asse tra le potenze “telluriche” (Germania, Russia e Giappone) contro quelle talassocratiche (Inghilterra e USA): s’oppose decisamente all’invasione dell’URSS voluta da Hitler. Secondo Haushofer il blocco euroasiatico, con la Germania quale perno, sarebbe stato l’unico in grado di fronteggiare il blocco anglosassone. Nel 1942, isolato nella Berlino in guerra, Carl Schmitt (1888-1985) decide di scrivere per la figlia Anima un singolare, piccolo saggio in forma di racconto, Terra e mare. Una riflessione sulla storia del mondo, in cui la storia del mondo viene riletta nella prospettiva di una opposizione fondamentale, quella tra terra e mare, sulle orme appunto di Haushofer. Schmitt delinea una concezione dualistica per spiegare l’assetto politico mondiale, strutturata in base ad una bipartizione tra civiltà di terra, o continentali, protese verso l’interno e prive di tradizioni marinare, come per esempio il Sacro Romano Impero Germanico, e civiltà di mare, che hanno visto nel mare più una risorsa e una possibilità di sviluppo che un rischio, come l’antica Atene o l’Inghilterra elisabettiana.
La tensione dinamica tra Terra e Mare è comunque soltanto il punto d’avvio di una riflessione che si definisce e si precisa nel ruolo della conquista del mare sulla storia universale, mediante lo sviluppo dell’arte nautica e la scoperta di nuovi mari e terre, scoperta che ha avuto sempre notevoli ripercussioni sulla struttura morfologica del Nomos der Erde (Nomos della Terra), unità di ordinamento e localizzazione, ovvero il tipo di assetto giuridico e politico generale dell’intero pianeta. Land und Meer (Terra e Mare) rivela la tentazione schmittiana di concepire la geopolitica al di fuori della tradizionale dialettica tra gli Stati, contemplata nella teoria dei ‘Grandi Spazi’ (Grossraum), che vanno intesi come raggruppamenti territoriali più vasti delle singole entità statuali. Infatti, per Schmitt lo schema dello Stato-nazione è insufficiente a spiegare fenomeni che solo nella loro correlazione con la storia del conflitto tra civiltà acquistano un significato pieno e profondo. Non si tratta soltanto di due elementi, di due forze naturali, di due spazi vitali che determinano la vita dell’uomo: Schmitt intende mostrare come la terra e il mare, nella loro polarità, siano le componenti di uno dei motori della storia.
In un intreccio di interpretazione storica e teoria politica, mitografia, teologia, filosofia, il grande giurista s’inoltra così in un affascinante territorio al confine tra speculazione e immaginazione, dove la ricerca dell’«elementare» si spinge «alle soglie dell’escatologia». Con pochi tratti Schmitt ripercorre millenni di storia, svelandone la trama invisibile, fino ad approdare all’evento decisivo: quella «rivoluzione spaziale planetaria» da cui è nato il nomos dell’Europa moderna. Molto tempo prima che venisse coniato il termine di globalizzazione, Schmitt aveva visto, con lucidità quasi profetica, come «l’universalismo dell’egemonia anglo-americana» fosse destinato a cancellare ogni distinzione e pluralità spaziale in un mondo unitario, totalmente amministrato dalla tecnica e dalle strategie economiche transnazionali.
Dopo la WWII la geopolitica è stata quasi abbandonata sia in Europa occidentale sia nei Paesi comunisti, perché considerata una “pseudo-scienza nazistoide”. Come se il ‘Manifest Destiny’ statunitense fosse concettualmente diverso dal ‘Lebensraum’ dei vinti tedeschi… Tuttavia, a partire dagli anni ’80, essa è tornata ad essere studiata grazie all’apporto del geografo francese Yves Lacoste, il quale riportò in auge un uso della geografia definito “attivo”, direttamente connesso all’azione del potere politico sui territori. Morte e resurrezione. Oggi è accettata come materia nelle Università e studiata da molti cultori. Fondamentale nella rivalutazione della geopolitica è stato l’apporto, a partire dagli anni ’80, dello slittamento dell’asse politico-economico dalle grandi Potenze occidentali verso quelle mediorientali ed asiatiche, fenomeno che interessa Paesi storicamente marginali come Australia, legata oggi a doppio filo alla crescita di colossi come Cina ed India.
Sul filone di pensiero di tradizione schmittiana, si pone altresì il filosofo ed attivista politico russo Alexandr Dugin, definito da alcuni analisti occidentali «il Rasputín di Putin», già ideologo del Partito nazional-bolscevico ed ora di un progetto pan-eurasiatico conservatore, antiliberale (la ‘Quarta Teoria Politica’ dopo comunismo, fascismo, liberalismo) con al centro la Russia, spesso definito fascista e strasserista (Gregor Strasser, leader dell’ala sinistra del partito nazista, venne assassinato nel 1934 durante la ‘Notte dei Lunghi Coltelli’). La sua ideologia—imbevuta dalla riflessione di autori tradizionalisti ed antimoderni, da Julius Evola a René Guénon, dalla geopolitica di Karl Haushofer alla Nouvelle Droite francese, a De Benoist— è stata bollata spesso come eclettica e contraddittoria. Vivacemente criticato negli USA, Washington gli oppone, per captare consensi nei settori europei ‘sovranisti’, Steve Bannon. Nei Fondamenti di Geopolitica, la sua opera più importante, Dugin contrappone due sistemi globali: uno con la Russia, che includerebbe Asia ed Europa Centrale (in pratica la riedizione dell’URSS) ed un altro dominato principalmente dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna. Una ‘tellurocrazia’ conservatrice ed autocratica, Eurasia, di fronte ad una ‘talassocrazia’ plutocratica e tecnocratica, cioè gli USA e l’Europa Occidentale (concetto socio-politico utilizzato durante la Guerra Fredda).
Dugin è parte del ‘Centro di Analisi Katehon’. Catéchon (colui o la forza che trattiene) è un concetto biblico legato all’idea di dilazione; è il tempo dilatato della proiezione escatologica e apocalittica dell’esperienza terrena, che è stato successivamente sviluppato pure come nozione di filosofia politica. L’origine del termine è in San Paolo che se ne serve, nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi (2:6-7), in un contesto escatologico, per indicare il potere che tiene a freno l’avanzata dell’Anticristo, prima dell’apocalisse finale e della parusia, la seconda venuta di Cristo.
Il ‘Centro Katehon’ si presenta come
‘an independent organization who specialize in the geopolitical, geostrategic and political analysis of world events. The group consists of political thinkers, international relations researchers, experts in security and counter-terrorism, and journalists concerned with international affairs, geopolitics, ethno-politics and inter-religious dialogue. We, at Katehon, clearly defend the principle of a multipolar world, and thus we fundamentally support a pluricentric worldview defined by an international balance of powers; we reject and challenge any kind of unipolar world order and global hegemony. In addition, we stress the importance of religious and cultural identities in international relations, and so we closely monitor the ethnic dimension in social processes, conflictual situations and agreements. We, at Katehon, view the world as being a global space in which there will always be permanent and distinct civilizations or civilizational spheres. These polylogue spheres of influence are not going to disappear in the near or even distant future, nor should they. We follow the realist school of international relations with its varying forms – e.g. defensive, offensive, neo, hyper – and so we are obliged to recognize the great diversity of values, traditions, interests and visions which exist among all of the world’s distinct civilizations. In particular, we are engaged in studying the following great spaces which comprise the majority of all world civilizations – North America, Latin America, Europe, Russia-Eurasia, China, India, the Islamic world, Africa and the Pacific.(…) This demands a new multipolar approach to studying each civilization and the many subtle distinctions that exist within them. We, at Katehon, understand our mission to be one that seeks to assist in the creation and defense of a secure, democratic and just international system, free from hegemony, violence, terrorism, persecution, slavery and extremism of any kind’. (http://katehon.com/about-us).
L’ideologia di fondo, oltre ai richiami ad Haushofer e Schmitt, pare essere, al di là dell’inconfessato, tradizionale panslavismo russo, il ‘realismo geopolitico’, aspetto del ‘realismo político’, scuola di pensiero applicabile anche alle relazioni internazionali che, in contrapposizione all’ ‘idealismo politico’, percepisce lo Stato come entità suprema. Il ‘realismo politico’ aveva dominato il pensiero negli anni ’30. Una scuola con basi filosofiche-dottrinali che risalgono a Tucidite, Machiavelli, Hobbes. Il ‘realismo politico’ sottolinea ‘la priorità in tutta la vita politica del potere e della sicurezza’. Concetto più ampio della Realpolitik di Bismarck.
Tornando alla fortunata opera di Giorgio Galli, il dibattito rimane aperto: il nazismo è stato per nulla, poco o molto “magico”? Quale ruolo svolse effettivamente l’esoterismo nella Germania di Hitler? Il rapporto tra nazismo ed esoterismo (o meglio, cultura esoterica) è naturalmente esistito. Per vari osservatori – pur rigettando la tradizione, frutto di un giornalismo e storiografia sensazionalista un po’ rudimentali, ad effetto noir, che disegnano il nazismo come il frutto di un disegno occulto – non va scartata a priori la pista di analisi esoterica: il nazionalsocialismo ebbe una sua ideologia esoterica, destinata a pochi eletti. E tale ideologia era costituita da elementi tipici del ‘pensiero magico’.
Su di esso ci sono i saggi di Nicholas Goodrick-Clarke (Le radici occulte del nazismo), di George L. Mosse (Le origini culturali del Terzo Reich), di Giorgio Galli (Hitler e il nazismo magico), di Giorgio Galli e Paolo A. Dossena (Intervista sul nazismo magico, Torino, Lindau, 2016), e l’affascinante, fortunato (e discutibile) Le Matin des magiciens (Il mattino dei maghi), un libro pubblicato nel 1960 a Parigi, presso Gallimard, da Louis Pauwels e Jacques Bergier, che ha dato inizio al filone del cosiddetto ‘realismo fantastico’ (la seconda parte dello stesso è interamente dedicata al ‘nazismo mistico’, interpretato come chiave di lettura dell’intero fenomeno hitleriano). Se la politica e la strategia naziste non furono dettate dal credo magico-esoterico, il clima e l’anima della Germania hitleriana, l’ideologia razzista, l’immaginario collettivo del popolo tedesco nel regime nazionalsocialista appaiono impregnati di quel delirio lucido, di un diffuso “fanatismo mistico-esoterico”.
Altri osservatori, al contrario, pur riconoscendo una maggiore valenza culturale dell’esoterismo nell’ambito del movimento nazionalsocialista rispetto al fascismo italiano, ad esempio, ritengono che la tesi del Reich occulto ed esoterico, quale chiave di interpretazione significativa delle scelte politiche e strategiche del vertice nazionalsocialista, sia stata da Galli ed altri fortemente sopravvalutata. Il mito del Reich esoterico va, in fondo, ricondotto esclusivamente alla passione personale di un unico gerarca, Heinrich Himmler, Reichsführer delle Schutzstaffel (SS). Tutte le decisioni, anche quelle “criminali” dell’establishment nazionalsocialista, sono riportabili a scelte politiche e strategiche. La probabilità che tali scelte siano state influenzate da dottrine esoteriche o da mitologie dell’occulto sarebbe, quindi, praticamente nulla…
Saranno in molti, a parte Dugin ed i geopolitici di professione, a ricordarsi di Karl Ernst Haushofer, che tante cose vide e più ancora previse, a 150 anni dalla sua nascita?