Il “modello Sicilia” cede il passo al “modello Ragusa”. Il territorio è sempre lo stesso. Il partito-movimento resta ancora il medesimo, ovvero la cosa di Beppe Grillo. Cambia però la sostanza. Con l’elezione di Federico Piccitto a sindaco di Ragusa, che ha battuto al ballottaggio, con un netto 69,35% dei voti, il candidato del centrosinistra Giovanni Cosentini, il M5S sbanca il capoluogo ibleo. Una vittoria che rialza sicuramente il morale dei pentastellati. Ma il significato politico di questo risultato, va oltre la semplice conquista di una amministrazione locale sempre più decisiva per lo sviluppo economico della Sicilia. Piccitto vince perché è riuscito a mettere assieme grillini, Sel e La Destra. Una alleanza assolutamente inedita che liquida le alchìmie politiche alla buona, votate ad un presunto “cambiamento” del paese, fatto di scontrini e diarie.
Per quanto strana possa sembrare la strana alleanza iblea, essa è però la più coerente possibile con i contenuti pentastellati. Il largo consenso ottenuto a febbraio dal M5S o lo si legge in favore di un cambiamento radicale del sistema Italia o si disperde nel nulla, così come è avvenuto nelle ultime amministrative. Protagonista (e vittima) di questa incomprensione è però lo stesso elettorato grillino, rimasto abbagliato dalla proposta governativa targata Bersani che aveva nella parola cambiamento il suo appeal maggiore. Insomma, se l’exploit delle politiche è stato costruito attraverso un lavoro meticoloso fatto sul web, ma anche nelle più che tradizionali piazze italiane, è stata la stessa comunicazione, quella politica dei grandi network, a inchiodare il movimento sulle sue stesse proposte. Un meccanismo gestito sapientemente da Bersani, che magari non sarà riuscito ad andare al governo, ma ha lo stesso però azzoppato la verginità del Movimento, stordendo attivisti ed elettori.
Bisogna dargliene atto, però: Beppe Grillo aveva ragione. Chiamatelo comico, ma aveva capito per tempo come l’abbraccio con il Pd avrebbe fatto gli interessi del solo Bersani (e forse neanche di lui). Guardando oggi alle difficoltà del governo Letta, che non riesce a scongiurare quel tanto odiato aumento dell’Iva, nonostante la grossa coalizione che lo sostiene, sembra difficile pensare come alcuni spaesati ministri grillini sarebbero riusciti ad andare oltre ai dettami eurocentristi dell’Ue e della Bce con il consenso dello stesso Bersani o di baffetto D’Alema.
In politica, le alleanze devono avvenire per affinità. Se la vocazione pentastellata è davvero quella di un mutamento radicale degli assetti socio-economici dominanti, l’esperimento di Ragusa non può che rappresentare un inizio coerente. Destra e Sinistra, senza appellarsi a nessuno irenismo politico, da sempre incarnano una velleità di trasformazione. Il grillismo, fino a febbraio, ha avuto la grande opportunità di de-ideologizzare questa pretesa, rendendola trasversale e appetibile. Ma non tutti i vasi sono comunicanti. Di certo quell’aspettativa non poteva comunicare con il Pd di Bersani. Come non può farlo, nonostante lo strumento del Megafono, con Rosario Crocetta in Sicilia. Magari potrebbe farlo domani con il centrodestra, ma solo dopo l’uscita di scena del “colpevole di tutto” Berlusconi, Il rilancio del Movimento deve dunque sfuggire alla logica dell’autosufficienza e guardare sempre di più a quelle forze animate dallo stesso spirito. Ragusa può essere la prima tappa di un percorso meno ingenuo, e più politico e colto, rispetto a quello percorso finora.