Viviamo ormai da troppo tempo sotto il segno della crisi. E’ passato un secolo dalla pubblicazione del Tramonto dell’Occidente di Spengler, l’Europa usciva disastrata dal primo conflitto mondiale.
Il cuore della storia cominciò a battere sulle coste dell’Atlantico, motore propulsore degli eventi umani divennero gli USA. Per rispondere alla propria decadenza gli europei misero in campo la reazione fascista. Lo stato presente delle cose vede un’accelerazione senza precedenti della crisi. Essa non è più solo economico-sociale, politica, ma investe la dimensione spirituale ed esistenziale di tutti noi. La stessa sopravvivenza della Civiltà è in gioco, ogni forma di identità, perfino di genere, è negata dal diffondersi del mondialismo globalista. Come uscire da una situazione siffatta? Con quali riferimenti ideali e culturali? A tali quesiti cerca di dare una risposta un recente volume di Giovanni Sessa, Tradizione. Demitizzare la modernità, edito da Historica nella collana ‘I libri di Nazione Futura’ (per ordini: info@nazionefutura.it, pp. 129, euro 13,00).
Il libro muove dalla descrittiva del mondo della dismisura e dello sradicamento, mettendo in luce come, paradossalmente, il Deserto nichilista, finora esperito da ampi strati sociali come Dimora, e presentato come tale dalla comunicazione di massa eterodiretta, venga colto come luogo inabitabile, in-umano. Allo scopo, Sessa si avvale della letteratura sociologica di scuola baumaniana, ma sottolinea, altresì, che la sociologia per statuto, si limita a descrivere la crisi della post-modernità liquida, ma non indica uscite di sicurezza per lasciarsela alle spalle. L’autore richiama quanto di recente notato dal filosofo Umberto Galimberti, il quale ha rilevato che per superare il momento di impasse: «Non si tratta di approntare una nuova strada, ma di liberare l’antica» (p. 16). L’unica alternativa valoriale al presente, indispensabile per lasciarsi alle spalle la crisi, è rappresentata, per Sessa, dal pensiero di Tradizione. Prima di discutere i punti salienti della Tradizione, l’autore, richiamando la filosofia di Augusto Del Noce che, non casualmente, di Guénon e di Evola si interessò, ritiene sia oggi obiettivo prioritario ‘demitizzare lo spirito di modernità’. Come gli illuministi misero in atto la demitizzazione della Tradizione, riducendola di fatto a mera superstizione, i pensatori controcorrente devono impegnarsi nel compito inverso: smascherare l’errore moderno.
La costruzione dell’uomo nuovo che il moderno ha perseguito nelle sue due variabili, capitalista e marxista, ha richiesto una cultura centrata sulla menzogna. La ratio calcolante nega il reale, in particolare la dimensione finita dell’umano e così, la mentalità rivoluzionaria, è: «costruita sul rifiuto dell’idea di verità» (p. 22). Ciò ha indotto una disumanizzazione della vita, l’altro, nei rapporti reificati contemporanei, va sempre posseduto, non persuaso, in quanto il paradigma del mondo nuovo, come indicò Del Noce, non è più Diderot, ma De Sade. L’uomo senza Tradizione è un narciso che si sente padrone esclusivo del reale. A differenza di quanto inteso dal filosofo cattolico, Sessa, con la strumentazione teoretica ereditata da Evola e da De Benoist, ritiene, per dirla con Heidegger che, al fine di recuperare un’antropologia metessica, partecipativa dell’uomo alla realtà del cosmo-sacro, sia necessario un recupero della visione classica del mondo e, quindi, porsi oltre la metafisica di ascendenza cristiana, implicata nella nascita del soggettivismo moderno (l’uomo, in tale contesto teorico, è imago dei e, quindi, legittimato ad agire quale ‘padrone dell’ente’, a mobilitare la natura attraverso la Tecnica).
A questo punto l’autore attraversa e discute la proposta politica e spirituale del milieu tradizionalista del Novecento, muovendo preliminarmente da La crisi del mondo moderno di René Guénon. Merito del volume dell’esoterista francese fu di descrivere la crisi della modernità come possibile fine di un mondo, quello costruito sulla ratio, e non del mondo, utilizzando criteri di giudizio ulteriori rispetto a quelli propri della letteratura della crisi e facendo riferimento alla Tradizione Una. Il volume guénoniano è una descrizione delle progressive tappe storiche: «della caduta che hanno portato all’affermazione della Modernità, attraverso il dominio dell’economico sul politico», del quantitativo sul qualitativo, del materiale sullo spirituale (p. 40). Guènon riteneva però che occorresse unicamente lavorare, in attesa della chiusura del ciclo, alla formazione di un élite intellettuale. Si fermò ad un’asserzione di principio, ancorato al necessitarismo delle leggi cicliche. Dalla Crisi di Guénon, Sessa invita a transitare alla Rivolta contro il moderno, di cui, a partire dal 1934, si fece latore Julius Evola, in quanto, come scrisse, il filosofo romano: «Non è del voltarsi da una parte all’altra in un letto d’agonia, ma è dello svegliarsi e del levarsi in piedi, che dovrebbe trattarsi» (pp. 51-52).
Nei capitoli centrali del volume, vengono presentati, in modo sintetico, gli aspetti più rilevanti del mondo della Tradizione, viene analizzata e discussa criticamente la prima parte di Rivolta. Si mostra quanto l’idea di Centro sia consustanziale alla Tradizione, e come la regalità ne fosse la rappresentazione terrena: «Aver un centro non era solo uno stato interiore, ma implicava l’essere in possesso di un’energia conseguente, una […] virtù da poter essere trasmessa da un Re a quelli delle generazioni successive» (p. 57). L’Impero era retto dal ‘re dei re’ e sanciva, in ambito politico, la più ampia conquista del principio di luce di contro a quello tenebroso, che doveva essere preservata dalla celebrazione del rito. Patrizio era colui che, attraverso l’iniziazione, avesse rivitalizzato in sé il contatto con gli stati superiori dell’essere. Vengono così presentate, quali alternative radicali al presente, le concezione della vita e della morte in quel mondo, i rapporti tradizionali tra uomo e donna, l’idea di spazio, di tempo, il valore e senso delle arti e il ruolo delle caste.
Nell’ultimo capitolo la Tradizione è esperita quale origine e meta sempre possibile, in quanto l’uomo evoliano, l’uomo ‘differenziato’ di Cavalcare, vive il mito come precedente autorevole: «esempio sul quale costruire nell’azione la nostra presenza nel mondo» (p. 115). La Tradizione è liberata dalla collocazione retroattiva e torna a mostrarsi come origine sempre vigente nel tempo, il cui riproporsi è: «appeso al rischio che ogni scelta umana implica» (p. 116), la riuscita o il fallimento. Questo libro sintetico, lo precisa Sessa, non ha pretese esaustive, ma può essere nella confusione generale del tempo presente, ottimo lavoro per orientarsi e trovare le coordinate necessarie per tornare ad agire.
“La costruzione dell’uomo nuovo che il moderno ha perseguito nelle sue due variabili, capitalista e marxista”. Ma non è troppo riduttivo e di scuola tipicamente marxista?
Dalle premesse pare veramente molto interessante il nuovo lavoro di Sessa, sicuramente uno dei migliori studiosi della Tradizione in Italia ma anche in grado grazie alle sue conoscenze delle filosofie moderne di attualizzare e portare alla luce connessioni possibili e punti da cui partire per fare si, parafrasando De Giorgio, che l’Attimo, il Presente diventi di nuovo l’Eterno sconosciuto ai moderni. “Si può dire che il sacro si distingue dal profano perchè volto essenzialmente verso il passato per fissare le tappe di uno sviluppo che, necessariamente, trova il suo apice in un “presente”: questo presente è il punto metafisico in cui sfocia l’ eternità e si dissolvono i mondi in una ampiezza che non ha margine, in una durata che non ha ritmo, in una beatitudine che non ha fine. Il presente è l’ eterno: il passato è il vestibolo che guida, immette nell’ eterno… Faust non poteva arrestare l’ attimo perchè dell’ attimo coglieva solo il caduco, l’ immediata iridescenza dell’ illusione, la vertigine sommergente e non trasfigurante, il fantasma labile e vanente e non ciò che in Dio permane in una momentaneità infinita, che è il mistero dell’ attualità eterna… Ecco perchè il mondo moderno oscilla fra un passato morto e un avvenire nebuloso, tra ciò che non è più e ciò che mai sarà se non nella speranza anticipatrice e costruttiva. invece la saggezza tradizionale si volge al passato, lo vive, lo feconda, lo attualizza, vi s’ inserisce portandolo tutto intero nel presente e rinnovandolo nel ver aeternum che gli Antichi assegnavano alla età dell’ oro, indicando la germinazione perenne della Verità, il pullulio degli stati trasfiguratori, l’ assunzione nella vita che non conosce nascita e morte, ma che si compie nella beatitudine della conoscenza realizzatrice.” Insomma, la Tradizione è sempre possibile. Cordiali saluti prof. Sessa, spero di riuscire ad esserci domani alla presentazione del libro.
Infatti delle due variabili ne è rimasta solo una : ed aveva ragione A.Del Noce.
La marxistizzazione del mondo si è realizzata in Occidente grazie all’azione del totalitarismo liberalcapitalista ed al suo pensiero unico sul ‘migliore dei mondi possibili ‘ …. esaltazione dell’ultra modernismo progressista condito da una visione messianica redentrice di biblica/evangelica derivazione …
Chissà se nella bibliografia di orientamento Giovanni Sessa ha citato il libro di Sergio Quinzio ed. Adelphi : Le radice ebraiche del moderno.
Espressione che dice tutto.
Distinguerei la modernità dal modernismo, spesso confusi e ritenuti sinonimi. La modernità può essere positiva perché fa un aggiornamento, una revisione di ciò che esiste, diversamente del modernismo che rappresenta la sa versione distorta e degenerata, perché demolisce l’esistente e lo sostituisce integralmente con il nuovo, specie quello sbagliato. Ed è proprio il modernismo la causa principale del tramonto dell’Occidente greco-romano-germano-cristiano e della sua civiltà: abbiamo rotto ogni legame con i nostri antenati e con la Tradizione, e di fatti la nostra società è malata di modernismo.
Stefano. De Giorgio da buon esoterista avrà sperimentato esperienza mistiche e quant’altro. Di certo leggere “…presente è il punto metafisico in cui sfocia l’ eternità e si dissolvono i mondi in una ampiezza che non ha margine, in una durata che non ha ritmo, in una beatitudine che non ha fine. Il presente è l’ eterno: il passato è il vestibolo che guida, immette nell’ eterno…” in qualche modo riconcilia con le buone lettere e con l’idea di passato, presente, tradizione e quant’altro. Però tutta questa bella e dotta “insalatona” di matrice guenoniana, evoliana ecc. a che serve in termini meno alati o messianici, più concretamente storici e politici? Temo nulla…
Werner. Parlare di “modernismo” è come parlare di “umanità”, “passato” o qualche altro concetto onnicomprensivo. Ci si può discettare per giorni, settimane, mesi, anni, ma poi? Possiamo ripartire da Spengler e ripercorrere una o cento volte quei sentieri, smisurati ed affascinanti nel loro tortuoso incedere, trovare altre mille derivazioni, legare, congetturare, immaginare, ma ripeto: e poi?
Felice. Pensi si possa parlare di radical chic di destra?
Luca. Quasi tutti. Altrimenti, invece di scrivere dovremmo prendere lo schioppo…
Semplicemente la prima rivoluzione da fare è quella su se stessi e sul proprio “orientamento esistenziale” perchè “La creazione di uno Stato nuovo e di una civiltà nuova sarà sempre cosa effimera quando l’uno e l’altra non abbiano per substrato un uomo nuovo”… poi sull’azione esteriore ci sarebbe molto da dire, la tua domanda Felice è la stessa che facevano alcuni personaggi dicendo che la Tradizione è un “mito incapacitante”, quegli stessi personaggi che poi hanno buttato a mare tutto un mondo… Nessuno ha le chiavi per cambiare le cose dall’oggi al domani, qualcuno combatte anche su posizioni perdute, altri semplicemente rimangono in piedi fra le rovine, ma è chiaro che senza dei principi, senza una asse, una gerarchia di valori ed un aristocrazia intellettuale non si andrà da nessuna parte, puoi avere tutti i fucili che vuoi, ma devi anche sapere dove indirizzarli altrimenti si rimane come mosche in un barattolo di vetro. Comunque ad est dell’Europa le cose si muovono, come Guenon aveva predetto un secolo fa,sta all’occidente ed all’Europa in particolare scegliere quale identità avere, quindi il tema guenoniano accennato da Sessa di un “elite intellettuale” o come la chiamava Evola un “ordine” che sappia indirizzare un processo di cambiamento è attuale secondo me ,”se la nebbia si solleverà, apparirà chiaro che è la “visione del mondo” ciò che, di là da ogni “cultura”, deve unire o dividere tracciando invalicabili frontiere dell’anima, che anche in un movimento politico essa costituisce l’elemento primario, perché solo una visione del mondo ha un potere di cristallizzare un dato tipo umano e quindi di dare il tono specifico ad una data comunità” ecco perchè “È importante, è essenziale, che si costituisca una élite la quale, in una raccolta intensità, definisca secondo un rigore intellettuale ed un’assoluta intransigenza l’idea, in funzione della quale si deve essere uniti, ed affermi questa idea soprattutto nella forma dell’uomo nuovo, dell’uomo della resistenza, dell’uomo dritto fra le rovine. Se sarà dato andar oltre questo periodo di crisi e di ordine vacillante e illusorio, solo a quest’uomo spetterà il futuro. Ma quand’anche il destino che il mondo moderno si è creato, e che ora sta travolgendolo, non dovesse esser contenuto, presso a tali premesse le posizioni interne saranno mantenute: in qualsiasi evenienza ciò che potrà esser fatto sarà fatto e apparterremo a quella patria, che da nessun nemico potrà mai essere né occupata né distrutta.”
Stefano. Contrariamente a te io non ho alcuna fiducia nell’Est dell’Europa attuale. I russi son solo europei a maggiore tasso alcolico…In quella di ieri neppure. Un élite intellettuale è fondamentale, concordo, ma essa non potrà che risorgere – anche se al riguardo ho molti dubbi – da questo nostro mondo, in decadenza peraltro da prima che noi nascessimo… Guénon ed Evola li trovai affascinanti quando li lessi, tanti anni fa. Ma oggi ho riprovato un giorno a riprenderli in mano e li trovo totalmente sfuggenti, svolazzanti in un empireo di idee, simboli, concetti, gerarchie, affermazioni poggianti su una “tradizione” per lo più immaginata ed astorica, che pochi possono condividere ed ancor meno, temo, far qualcosa in beneficio di essa… I “miti incapacitanti”, spengleriani, evoliani ecc. credo sia bene bandirli dalle proposte politiche. Rimaniano sul terreno del “buon governo” , che sarà terra-terra, ma tutti possono capire ed apprezzare. La Destra, come qualcuno ha detto, ha lasciato, in gran parte, il “mito incapacitante” senza mai essere veramente approdata a quello del “buon governo”. Recuperiamo il tempo perduto e lasciamo le astruserie a quei pochi che le coltivano ed apprezzano… Ad esempio, noi siamo quotidianamente invasi e percossi, vilipesi come popolo ed Heimat, da dentro e da fuori, e non reagiamo quasi. O addirittura ci spelliamo le mani davanti alle chiacchiere esibizionistiche di un Salvini… Recuperiamo il tempo perduto, se ne saremo capaci, ma senza quei padri nobili citati che non ci portano da nessuna parte sul terreno politico e forse neanche culturale; destinato, credo, non ad essere ‘liberal’, ma autenticamente e positivamente liberale e conservatore, nel senso alto del termine. Almeno in fondo lo spero..… Saluti!
Punto primo. La Tradizione non è ” del passato ” e non sarà del futuro, semplicemente ” è ” … Appartiene alle dimensione metastorica esiste a prescindere , sta a noi appartenergli o meno in ogni luogo e in ogni tempo.
Punto secondo . La Tradizione non ha il compito di forgiare ” il buon governo “. Casomai serve a forgiare gli Uomini che dovranno a loro volta esprimere e forgiare il buon governo … e di Giuliano Imperatore , di Marco Aurelio o di Federico II ne abbiamo uno ogni 200/300 anni se va bene …
Terzo punto ; se non si esce fuori dalla dimensione lineare dello spazio/tempo ogni Mito risulta essere incapacitante perchè non ” si invera ” . Quindi occorre abbracciare ” la sfera caotica ” dove tutto è sempre possibile, e rinnegare defitivamente “la linea” ( credere in un alpha e un omega, la storia come redenzione , avere una visione messianica/progressivo di un avvento redentore o liberatore ecc. ecc. ).
Questo modo di pensare lineare implica per l’appunto la fuoriuscita dalla Storia che è proprio quello a cui puntano i ” padroni del nuovo vapore tecnologico ” .
Farci vivere nell’astrazione e nella virtualità dopo aver esiliato il Terribile dal mondo …
Punto Quarto : noi non dobbiamo fare politica o fare semplicemente politica ; il nostro compito nelle nostre limitate esistenze è quello “evocare le Forze” oggi Esiliate fuori dalla Storia perchè si possano nuovamente manifestare, irrompere e fare la giusta Vendetta sui nostri nemici (tutto quello che è stato partorito dal Sinai in poi e che oggi vince )…
Junger descriveva l’avvento delle Rivoluzioni tra le due guerre ( …compresa quella comunista ) come Dei Terribili in marcia sulle Capitali Europee per ri-appropiarsi dei Templi dai quali erano stati esiliati …
PUnto quinto : non esistono “Miti Incapacitanti” ma casomai gli individui incapaci di rendere viventi ed evocare i Miti. In questa famosa querelle degli anni 80′ tutta la nuova destra (da Tarchi fino allo stesso De Benoist) risultano a mio avviso essere stati i “perdenti” di fronte ai Tradizionalisti, che gli avevano imputato che una critica dissennata alla Tradizione come Mito Incapacitante avrebbe generato solo il Nulla … ed avevano perfettamente ragione. Basta vedere in Italia che cosa ha prodotto il modello post-ideologico e antropologico neo-destro negli ultimi 25 anni nel nostro ambiente ( dal 1992 in poi fino alle ultime scorie sovraniste prive di un vero radicamento ideologico e dottrinario )….
Conosco Giovanni e con Lui ho partecipato anni fa anche al tentativo di rifondazione di un progetto metapolitico chiamato ” Nuova Oggettività ” . Sic et Nunc dicevano i Latini fino a riscoprire nell’oggi inconsistente l’Essenziale, le Meraviglie del Nulla ( testo chiave di G. Sessa sulla filosofia di A. Emo )…
Che gli Dei ci proteggano in questo percorso e ci aiutino a non perderci, perché la vedo dura …..
@Guidobono
Non ti risulta forse che modernismo è sinonimo di antitradizionalismo, ma piuttosto di radicalismo?
Il termine ‘modernismo’ non sempre si propone in una accezione negativa rispetto a ‘Modernità ‘…
Per esempio in un testo fondamentale degli anni 90’ il termine Modernismo Reazionario è stato introdotto come sinonimo di Rivoluzione Conservatrice :https://www.mondadoristore.it/modernismo-reazionario-Jeffrey-Herf/eai978881501677/
guardando al modello politico filofofico che dalla crisi di Weimar portò all”affermazione del Terzo Reich.
In realtà la critica alla modernità intesa come ‘dogma’ e stata brillantemente affronato da un illuminista giurato come Massimo Fini nel suo ‘La Ragione aveva torto’.
Senza scomodare i vari Evola Guenon De Giorgio ecc ecc. Massimo Fini che è tutto tranne che un tradizionalista ha smontato nel testo citato pezzo per pezzo i luoghi comuni della presunta superiorità della modernità rispetto ai modelli ed alle cultue pre/moderne …
Altro testo da leggere e conclamare nelle Piazze nelle scuole per capire quante fandonie girano attorno alla presunta superiorità della cosiddetta modernità, luogo comune di tutti i progressisti di destra e sinistra …
L’unica Modernita’ legittima e quella che adegua e declina la Tradizione all’evoluzione del presente ma senza contraddirla…
Platone docet. ..
Il modernismo è una tipica malattia mentale, inteso come fede assoluta nel progresso, nella novità come sempre cosa buona e positiva, nella condanna del passato come barbaro e negativo e nella appunto “mitizzazione” dell’epoca moderna… Ma io penso che siamo già oltre questa fase, la fede assoluta in un progresso lineare ed inesorabile ormai non c’è più nemmeno fra la gente comune, e questo è un chiaro segno dei tempi, con l’accelerazione degli eventi in modo vorticoso la caduta sta arrivando ad un punto di arresto, quello sarà il momento in cui si passerà dal “tempo che divora lo spazio” allo spazio che divorerà il tempo, e potrà quindi ritornare una “tipologia di civiltà” che riprenda la “strada antica” in cui “il tempo si risolve nell’Eternità e l’orientazione “dal sacro e verso il sacro” torna ad essere dominante. Felice, il “buon governo” è per me proprio un mito incapacitante, in quanto come ben esposto da Catilina sono gli uomini a dover fare il “buon governo”, e se questi uomini non sono forgiati dai principi immutabili della Tradizione saranno sempre in balia dello spirito dei tempi. Aggiungo solo un appunto, secondo me anche la fase “liquida” sta per essere superata, dopo la solidità materialista dell’ottocento/novecento, e la liquidità del post-moderno si sta avanzando velocemente verso quella che Guenon chiamava “volatilizzazione”, dove è appunto una concezione spaziale che si sposta nell’aria l’elemento dominante, la tecnologia di internet e la realtà virtuale, il dominio dello spazio aereo, la fisica quantica, i dispositivi di controllo elettronici, sono chiari segni dello “spazio che divora il tempo” e della dissoluzione del mondo come volatilizzazione, per esempio è stupefacente una previsione che Guenon fece sulla degenerazione della moneta: “La moneta, dopo aver perduto ogni garanzia di ordine superiore, ha visto il suo stesso valore quantitativo, cioè quello che nel gergo degli «economisti» viene chiamato «potere d’acquisto», ridursi senza posa, sicché si può immaginare un punto limite, al quale ci si avvicina sempre più, in cui essa avrà perduto ogni ragion d’essere, anche semplicemente «pratica» o «materiale», e dovrà sparire quasi da sola dall’esistenza umana. ”… Così succede anche in altri campi come per esempio il linguaggio e la scrittura che è passata dallo stadio del libro a quello della stampa a quello virtuale di oggi. Del resto la tecnologia è elemento titanico per eccellenza e siamo ormai in un regno della “quantità pura”.
Tuttavia Stefano nel regno della dissoluzione e della quatita’ dove lo spazio fagocita e sbrana il tempo esistono degli elementi di frattura tutt’altro che irrilevanti….
Ad es.non è detto che la Ribellione possa scaturire proprio da quella fascia di tecnici grigi ed anonimi da cui certa tecnologia titanica viene alimentaTa.
Negli anni 90′ uscì un articolo molto interessante sui nuovi scenari della guerra virtuale che trattegiavano una possibilità già descritta da Junger nel famoso testo il trattAto del Ribelle nel suo ‘passaggio al bosco postmoderno ‘.
Ebbene oggi la rete, dove centro e periferia sono ovunque ed ovunque è la frontiera di scontro (Heidegger) propone una scenario un immaginario del tutto simile. Nell’articolo citato a supporto di tale tesi, venivano in dicati anche film di una certa cinematografia d’avanguardia sul tema (Brasil di Terry Gilliam, Nirvana di G.Salvatores senza citare la saga di Matrix ).
Quello che voglio dire è che la Modernità non è un monolite titanico compatto ,ma essendo ormai energia che procede indipendentemente da chi la controlla potrebbe avere dei punti di fragilità da cui possano riemergere “forze numinose inaspettate per aggredirla. …
Un testo di Adelphi di E.Zolla parlava di queste forze che tentavano di riemergere proprio dalla rete come frattura irreversibile ed in dissoluzione dallo spazio/tempo.
E quindi c’è la necessità di portare la battaglia anche dove il nemico non se lo aspetta …
Essendo io un Pagano (la nuova destra ci chiama con un gergo forbito , nominalisti ) devo saper ragionare anche in quest’ottica . Non subire l’esilio nella modernità ma sfruttare la sua accelerazione dissolutoria per ‘ superarla ‘ ..
Leggere Evgeny Morozov apre interessanti scenari per la comprensione di quanto sta avvenendo
Al di là delle vecchie categorie
Assolutamente daccordo Catilina, infatti è proprio da questo contesto titanico che potrebbe esserci il punto di arresto, come ho detto nel commento precedente nel momento in cui la volatilizzazione sarà giunta al massimo grado, nel momento in cui “lo spazio divora il tempo” potrà ritornare una tipologia diversa di civiltà perchè a quel punto il tempo si risolverà nell’Attimo/Eterno… Considero quindi assolutamente plausibile questa prospettiva diciamo “immanentista” che come giustamente dici era stata in buona parte anticipata da Junger, e ricordo anche il testo di Zolla dove si parla di realtà virtuale, del resto gli antichi dicevano “Ordo ab Chao” ed infatti il Chaos è l’entità primigenia indicata da Esiodo, inteso non come disordine ma guarda caso proprio come “Spazio beante”, “Spazio aperto”, “Voragine” dove indica, nella sua etimologia, “fesso, fenditura, burrone”. Insomma, nel mondo in cui il centro è ovunque ed in nessun luogo, nell’estrema volatilizzazione, è proprio alla fine del processo di esaurimento della Possibilità Universale che potrebbe esserci quel “rovesciamento dei poli” , dallo zero primordiale, dal non-essere, dalle tenebre della Notte può nascere un nuovo Cosmo forse.
Stefano. “Il modernismo è una tipica malattia mentale, inteso come fede assoluta nel progresso, nella novità come sempre cosa buona e positiva, nella condanna del passato come barbaro e negativo…”.
Ci sarebbe molto la dire. Per me la “modernità” – lasciamo stare il “modernismo”, da considerarsi il cuo eccesso – è il senso della necessaria e continua riforma (sono orgogliosamente di matrice illuminista… seppur di un illuminismo moderato e non radicale), sia dal punto di vista civile (eguaglianza giuridica), sia sociale, valorizzando il progresso scientifico-tecnologico, che non va divinizzato, ma neppur condannato aprioristicamente. Non tutto quello che è nuovo è buono, ma non lo era neppure tutto il passato… In materia credo occorra un approccio empirico, fattuale, non ideologico, tanto meno dogmatico…Non tutto il presente è da mitizzare come a inizio ‘900, in piena euforia positivista, non tutto il passato è da condannare. Se a 70 anni posso prescindere dalla dentiera di mio nonno (o dalla sdentatura di mio trisnonno)ecc. lo devo al progresso della scienza odontologica e medica…Se rispetto alla faccia di Schopenhauer, ad esempio, a 70 anni credo di “sembrare” più giovane (pur sapendo che la fisiologia non s’inganna) è perchè qualcuno ha inventato riscaldamento domestico, frigoriferi, acque potabili ecc. ecc. e pure perchè qualche altro ha voluto un giorno l’istruzione elementare obbligatoria… Altro che metastoria e tradizioni da druidi…! La Tradizione è bello studiarla, alla Elémir Zolla ed altri, non farne un culto, tanto meno pensare che possa costituire la stella polare della politica…Dove una volta c’erano le vestali, il tempio di Vesta, il Sacro Fuoco, oggi c’è un accedino da 1 Euro…Bye bye!
Stefano. Ma Guénon avrebbe usato Internet 8 ore al giorno come noi? Non solo questo blog…
Felice no, non credo l’avrebbe usato perchè egli era assolutamente refrattario a qualsiasi tipo di tecnologia moderna, da quello che si sa nemmeno andava dal medico, e infatti trasferitosi al Cairo visse come un musulmano tradizionale, ebbe una bella prole di cui un figlio postumo, e le sue ultime volontà furono di non toccare nulla nel suo studio e lasciare tutti i libri al loro posto, perchè egli diceva alla moglie “Sarò presente e qui con te finché i miei libri saranno conservati dove si trovano”. Ancora oggi nessun libro è stato toccato e la casa è meta di pellegrinaggi e di raduni chiusi dell’ordine sufi a cui apparteneva. Per Evola invece il discorso sarebbe molto diverso, seppur anti-modernista egli aveva un rapporto diverso con la modernità, riusciva infatti ad applicare il metodo tradizionale alle più disparate correnti moderne, dalla musica jazz all’arte d’avanguardia, dalle droghe allo spettacolo ai beat etc Quindi come al solito ci sono vari distinguo da fare, comunque hai ragione a scindere la modernità dal modernismo, ma anche i tradizionalisti lo fanno essendo la modernità vista come necessaria e inevitabile nello sviluppo del ciclo cosmico, quindi essa non è cosa negativa in assoluto, è semplicemente un momento dell’essere di grande oscuramento dei principi metafisici e dell’ordine gerarchico tradizionale, mentre il modernismo, come lo scientismo, il positivismo etc è un ideologia, il che è totalmente diverso e quindi va combattuta(trascurando i casi eccezionali di cui parlava Catilina)
Stefano. Forse comincerò a cambiare idea sui russi quando restituiranno il 75% delle riserve auree spagnole che l’infame comunista Negrin loro consegnò nel 1936 e loro fecero sparire… Gli attuali dirigente russi non sono altro che gli eredi dell’URSS. Comunisti ladri ed assassini.
Su Guenon, che fu indubbiamente uno dei massimi esponenti del pensiero tradizionalista in Europa nel secolo scorso, personalmente non ho una buona opinione, perché mi sembra un personaggio assai controverso e per essersi convertito all’Islam. Era una sorta di ecumenista, che vedeva tutte le religioni alla stessa maniera, e se non erro la sua decisione di convertirsi alla fede maomettana fu fatta in polemica con la decadente società francese, già fortemente secolarizzata nel XIX secolo. Una decisione del genere poteva essere comprensibile oggi, visto che abbiamo un Chiesa post-CV che si è adeguata al mondo, anziché continuare ad essere custode della vera fede cattolica, come fu per un millennio e mezzo, nel bene e nel male.
Appunto, di Guénon, nitzschiani, evoliani, esoteristi, antimodernisti, dughiniani e tradizionalisti vari, dall’oscuro cogitare, non sappiamo che farcene in politica. Non servono a nulla, solo a confondere le idee…
Almeno Guénon non aveva alcuna presunzione di entrare sul terreno politico…