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Cultura. “L’Ultimo dio”: tra i Massimo Volume ed Emanuel Carnevali, Emidio Clementi si racconta

by Stefano Sacchetti
13 Marzo 2019
in Cultura
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“(…) dove cominciano veramente gli anelli? E chi può dire quando la catena è completa”. Esistenze imballate, nel celophan, predeterminate dai ritmi della provincia sonnolenta. Poi, verso l’adolescenza, il ribaltamento. Fino a qui niente di strano, pare proprio un quadro tipico di quella che si può definire una storia di vita, materiale anche utile per un romanzo di formazione. Ma il punto di vista cambia prospettiva se chi l’ha scritto si chiama Emidio Clementi e il libro si intitola L’Ultimo dio. 

L’Ultimo dio si spinge sul limite di chi brucia di vita. Un tempo ciclico che trascina dietro dii sè uno strascico di esistenza circoscritta, pulsante e, a suo modo, nel bene e nel male, vissuta. Rieditato da Fandango nel 2014 arricchito da illustrazioni di Andrea Bruno, L’Ultimo dio è un’immersione completa nell’inconscio di Emidio Clementi, voce dei Massimo Volume (ora all’attivo con un album, Il Nuotatore). Oltre ai progetti musicali in cui la dimensione della reading è preponderante, in questo terzo romanzo Clementi tenta una partita interessante. Ripercorre, senza esitare nell’aneddotica, sé stesso e le vicende che ne hanno influenzato la personalità, su un filo tremendamente teso tra vicenda romanzata e cronaca familiare. Emanuel Carnevali, fantasma letterario, lo scruta da lontano, dal sottotesto, in certi tratti le due scritture si sovrappongono. Carnevali, scrittore e poeta, folle, italiano nell’America del primo novecento, per forza o per volontà un fuori casta. Amico di Papini, Disturbo l’America e torno, tra le varie cose che scrisse, Carnevali ha lasciato un romanzo autobiografico pubblicato poi postumo, dal titolo Il Primo dio. Clementi non solo vuole omaggiarlo, si vuole appoggiare, vuole osservare la realtà tramite gli occhi di Carnevali, l’artista totale che superava ogni struttura e dispositivo. Clementi e Carnevali si intrecciano, si sostengono a vicenda.  L’Ultimo dio trascina nel sommerso, gli angoli bui dell’inconscio trovano forma, pensiero, fuoriescono e comunicano. Mimì è un’anima errante che cerca di compattare le tracce della propria vita, scomposte e frantumate. La provincia marchigiana spiattellata, mostrata nuda, cui fanno eco tentativi di fuga, lo spinge verso la Svezia, poi in Europa, nel lontano indecifrabile, dove la comunicazione, la parola si perde e lascia posto ai gesti, per colmare i pensieri. Esperienze che si sommano in un unico vortice di date, ricordi, nostalgie, sogni che si avverano, sogni che si frantumano, desideri inespressi. Comune denominatore: l’interiorità. L’incontro diretto con il palco, il ring su cui si disputa una battaglia con la frustrazione, cercando una rivincita, timidamente sperata, mai pienamente raggiunta. Un romanzo corale, con voci amiche di comparse e comprimari che gli rivelano segnali e coincidenze, il cui ricordo gli consente di riflettere su di sé, su quello che è stato, su quello che sarà. Ogni personaggio porta con sé un ricordo.  L’Ultimo dio è una prima resa dei conti tra Clementi e la vita, la linea di congiunzione tra tempi e spazi diversi che si incrociano e influenzano senza troppe resistenze, un affresco di stagioni, appuntamenti, infinito ritorno di tempi opportuni.

@barbadilloit

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