A salvare il tennis saranno i Cuevas. Nel giorno in cui Sara Errani vince il torneo di Dubai, giusto una settimana dopo il trionfo di Roberta Vinci a San Pietroburgo, questa piccola rubrica onora la grandezza, umile e poco appariscente, di Pablo Cuevas. Il tennista argentino si è imposto su Rafa Nadal guadagnandosi la finale dell’ATP 500 di Rio de Janeiro.
La partita di Cuevas è da manuale. Insegna come stare in campo. La bellezza del tennis non è solo fatta dell’estetica perfetta, cristallina, quella di Federer che di mezzo volo addumisce la palla avversaria di là della rete. La bellezza del tennis è anche e soprattutto quella tenacia di andare a prendere ogni palla correndo su e giù, a destra e sinistra del campo appoggiandosi con tutto il proprio spirito sulla pallina opponendosi al giogo avversario.
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La bellezza del tennis è in quel rovescio tagliato con cui Cuevas sul finire del secondo set, su 6-5 in suo favore – servizio Nadal – prova a uscire da uno scambio intenso giocato a bordate di diritto e di rovescio, provando a rallentare il ritmo con un colpo in controtempo. E’ la combinazione della liturgia con cui eseguire i colpi con la strategia che illumina la traiettoria di ogni colpo. È quella forza d’animo che ti sostiene, colpo dopo colpo ai vantaggi, e ti permette di non lasciare mai che l’avversario si prenda un punto con facilità.
È la forza di spirito con cui si riesce a stare in campo tanto tempo senza per questo perdere il piacere di colpire la palla, appoggiandosi mentre il sudore scivola sull’avambraccio che si distende in completa tensione, con la cabina di regia, la propria testa tutta inzuppata, chiusa dentro il cappellino.