Soldato, viaggiatore, filosofo, entomologo e soprattutto scrittore, Ernst Jünger (1895 – 1998) ha attraversato il Ventesimo secolo vivendone sulla propria pelle tutte le contraddizioni, che ha puntualmente registrato nella sua sterminata produzione letteraria. Le migliaia di pagine che compongono i suoi diari possono essere lette come il resoconto di un sismografo che ha diligentemente rilevato i traumi, le scosse e gli assestamenti del secolo che è stato alternativamente definito “breve” o “sterminato”. Un ponderoso volume uscito da Solfanelli, Ernst Jünger (Solfanelli, pagg 520 € 30 ) a cura di Luigi Iannone, raccoglie una trentina di interventi di studiosi italiani, che offrono una ricca e inconsueta panoramica tanto della vita avventurosa quanto dell’opera ciclopica dello scrittore tedesco.
Ricordato soprattutto per scritti giovanili come Tempeste d’acciaio o Fuoco e sangue, dedicati alla sua esperienza di ufficiale subalterno in prima linea, Juenger ha in realtà percorso, nei suoi 103 anni di vita, molte tappe di una instancabile ricerca spirituale che, alla fine, lo porterà a una meditata conversione al cattolicesimo, resa pubblica solo dopo la sua morte.
Tra i più lucidi critici della Repubblica di Weimar, e uno dei più rilevanti protagonisti della cosiddetta Rivoluzione Conservatrice, Jünger è andato via via maturando sempre posizioni “altre” rispetto al potere costituito. Critico nei confronti del regime nazionalsocialista al punto di essere coinvolto –ma salvato da un intervento personale del Führer- nella congiura di von Stauffenberg, non sarà apprezzato neppure dalla Germania del dopoguerra, che rifiuterà di presentare una sua candidatura al Premio Nobel per la Letteratura. Il curatore del volume, Luigi Iannone, sottolinea come le sue intuizioni, unite alla sua biografia, abbiano una eccezionale potenza evocativa, amplificata dal fatto che Jünger non si lasciò mai irretire da alcuna sirena, politica o letteraria, rimanendo sempre libero da ogni tentativo di inquadramento.
La vita dello scrittore tedesco, come sottolinea lo psichiatra Adriano Segatori nel suo intervento, coincide con le sue opere, e questa è, oltre che molto rara, una qualità preziosa, perché trasforma un letterato in un pedagogo, in un esempio di carattere e di stile più unico che raro, in un’epoca anonima e trasandata. Ma la preoccupazione dell’ultimo Jünger non è solo quella, nietzschiana e spengleriana, di resistere stoicamente al tramonto di un mondo in rovine, ma di aprirsi al prossimo rinnovamento spirituale, che caratterizzerà gli anni venturi. Nato nell’Ottocento ateo (oggi si direbbe laico) e vissuto nel secolo anticristiano, egli si aspetta, dal XXI secolo, il rinnovamento della fede.
Negli ultimi diari, scriveva che “viviamo in un interregno, in una caverna detta tempo attraversata da un barlume di luce. Le epoche che l’hanno preceduto furono migliori, quelle che gli succederanno saranno migliori!”. (da Avvenire)
*Ernst Jünger (Solfanelli, pagg 520 € 30 ) a cura di Luigi Iannone