Anche Il Foglio, dopo le regionali, cambia verso. La liaison con il premier Matteo Renzi è incrinata? Troppo presto per dirlo, ma il commento a firma di Mario Sechi segna una discontinuità rispetto agli elogi espressi urbi et orbi dal direttore Claudio Cerasa.
“Il leader in Afghanistan, i sotto-leader su un altro pianeta. Ero ospite a Sky – scrive Mario Sechi – il day after elettorale mentre Debora Serracchiani snocciolava l’analisi del voto della segreteria del Pd. Il sotto e sopra testo del messaggio è questo: abbiamo vinto, poche chiacchiere, noi non sbagliamo mai. Clap clap clap. A quel punto ho avuto la certezza che l’ingranaggio renziano si è inceppato e non basterà ungerlo d’olio per rimetterlo in sesto”.
L’analisi dell’ex direttore de Il Tempo è senza appello, nonché particolarmente puntuta nel confutare come le trovate dei comunicatori renziani avvolte oltre che inefficaci (il video caricaturale girato per sostenere LadyLike Moretti) possano risultare grottesche: “Serve il meccanico. In fretta. O il motore fonde. Il primo segnale era giunto la sera del voto quando l’estroso Filippo Sensi metteva in rete una foto eloquente: il premier che gioca alla PlayStation con Matteo Orfini. Ok ragazzi, siete tutti della via Pal, c’è un profumo di fritto misto, la fusione di nerd e sberleffo, ma ci sono momenti in cui un premier fa il premier e lascia che i calci al pallone li tirino altri. Mentre si faceva chiaro un risultato in realtà complicatissimo sul piano politico, Renzi sceglieva di buttare la palla in tribuna, anzi, sulla console della PlayStation. La Sony ringrazia. Poi sull’ultima schermata del videogame appare un messaggio. E’la dichiarazione del premier in rientro da Herat: “Risultato molto positivo, avanti con il rinnovamento del partito e il cambiamento del Paese”. Rieccolo, è finito in off-side. Non è la prima volta che gli capita”.
Nel commento di Sechi c’è una dettagliata ricostruzione delle falle emerse nelle regionali, dall’umiliazione in Veneto alla Puglia dove vince un potenziale antagonista del premier all’Umbria riconquistata per un soffio, fino alla Campania croce e delizia appesa ai pronunciamenti dei magistrati.
Infine l’affondo di Sechi in stile british, secondo il liturgico “follow the money”, per certificare come l’Italia più dinamica e produttiva non sia governata dal verbo dell’ex sindaco fiorentino: “Renzi non governa in Liguria, Lombardia e Veneto. Ha il mite Piero Fassino che difende il fortino del Piemonte e Debora Serracchiani la cui frangetta presidia più gli uffici del Nazareno che il Friuli. Abbiamo vinto! Siamo er mejo! Zero tituli per Grillo (che intanto sulla carta del voto è il secondo partito), dieci a due! Ok, bravi. Avanti così mentre davanti a voi c’è una montagna disincantata, metafora di un racconto diverso rispetto alla novella dei renzisti con l’elmetto: il Settentrione, forziere del prodotto interno lordo italiano, se ne infischia del Pd di Renzi”. E su questo dato minimizzato dai Soloni democratici, Sechi è inflessibile: “La faccenda non è liquidabile in tre battute, credo. Niente. Neppure un monosillabo. La Lega governa la Lombardia con Roberto Maroni, il Veneto con Luca Zaia e fa l’azionista di riferimento del bravo Giovanni Toti in Liguria. Al centro del paese, altro pezzo della fabbrica italiana, la Lega fa numeri inimmaginabili fino a pochi mesi fa. E così anche i grillini. Saranno pure unfit per governare, ma l’Italicum per loro non sarà un gioco a somma zero. Oggi non governano da nessuna parte, ma domani possono vincere”.
Se “le magnifiche sorti e progressive” di Renzi non sono più decantate sul Foglio che aveva incoronato il Royal baby, si annunciano inattesi nuvoloni su Palazzo Chigi…
@Barbadilloit