Difficile dire quanti “quarti” di neo-marxismo possegga Thomas Piketty, autore del gettonatissimo Il Capitale nel XXI secolo, ora in visita nel nostro Paese, ospite, a Milano, della Bocconi e , a Roma, della Camera dei Deputati. Non è sufficiente denunciare la progressiva concentrazione della ricchezza in poche mani o auspicare tagli alle rendite per sentirsi l’erede del barbuto filosofo di Treviri.
Per i “tagli” alle rendite basta ed avanza la fame di denari del bilancio pubblico italiano. E poi Piketty non vuole fare la Rivoluzione. Si accontenta di molto meno, premettendo “di credere profondamente nella proprietà privata e nelle forze del mercato come fattori non solo di efficacia economica, ma anche di libertà” ed auspicando “istituzioni democratiche fiscali, educative molto forti per assicurarsi che queste forze capitalistiche vadano nella direzione giusta dell’interesse generale”.
Molto meglio – a cercare “inusuali” visite bocconiane – ricordare quando nel “tempio” milanese delle scienze economiche e sociali approdò un intellettuale autenticamente “fuori dal coro”, poeta ed insieme economista eccentrico, inventore di una moderna epica sociale e, proprio per questo, perseguitato politico. Parliamo di Ezra Pound, il padre dei Cantos e del suo impegno antiusuraio.
Anche Pound ebbe, nel marzo 1933, il suo bravo spazio all’Università Bocconi, dove tenne un ciclo di conferenze sull’economia. Per dire che cosa ? Cuore delle “lezioni” poundiane è “l’economia nuova in Inghilterra”, con un richiamo alle tesi di Clifford Hugh Douglas, teorico del “credito sociale” e critico radicale del potere finanziario (molto opportuna la recente pubblicazione, curata da Luca Gallesi, di Come le banche soffocano l’economia – Monopolio finanziario e impoverimento dei popoli, Mimesis Edizioni, 2014).
Il nocciolo dell’ analisi di Douglas, condiviso da Pound, è che alla base di ogni problema economico ci sia un contrasto tra credito reale e credito finanziario: il credito reale nasce dalla produzione e dai consumi, e si basa sulla comunità di cittadini che lavorano e vivono insieme; il credito finanziario, ossia la disponibilità di potere d’acquisto fornito dalle banche, è nato in ausilio del credito reale ma è diventato il vero protagonista della scena economica mondiale. Monopolizza la distribuzione delle ricchezze reali e non serve più a ripartire il benessere fra tutta la popolazione, bensì ad arricchire smisuratamente una piccola minoranza di sfruttatori.
Nel comunicato-stampa della Bocconi, diffuso all’epoca (ora riprodotto in Giano Accame, Ezra Pound economista – Contro l’usura, Settimo Sigillo, 1995) si può leggere, tra l’altro “Nello svolgimento del suo ciclo di conferenze in inglese Ezra Pound, riprendendo il concetto che la conoscenza dell’economia è essenziale per la comprensione della vita, ha messo in evidenza come la sovraproduzione esisteva già nella natura e non ha mai cagionato crisi. Ha quindi affermato come quattro siano gli elementi necessari alla vita civile odierna – moneta – lavoro compiuto (o complesso della eredità culturale) – modo in cui ognuno può avere moneta (distribuzione della potenza d’acquisito) – giustizia nella emissione dei certificati di valore (credito, moneta, ecc.)”.
Pound mostra di andare al cuore dei problemi economici e finanziari, mettendo in risalto la storica distinzione tra economia reale ed economia di carta, accesso al credito ed usura.
Lo confermerà lucidamente, dieci anni dopo il suo passaggio alla Bocconi, quando, in Lavoro e usura, denuncerà l’errore della danarolatria, “cioè il fare della moneta un Dio”. Da lì, in fondo, passano ancora le grandi discriminanti sulle questioni dell’economia e della società, discriminanti rispetto alle quali le analisi alla Piketty, più attente ai sintomi che non alle cause di fondo della crisi attuale e al suo superamento, hanno molto da imparare.