Come ogni anno la fantasia dei giornali italiani, nel periodo estivo, si riduce. E si ripetono i servizi dedicati ai “super maturati”, i ragazzi che escono dall’esame di maturità con 100 e 100 e lode. Bene, bravi, bis.
Peccato che, quest’anno, le interviste – da Nord a Sud – siano caratterizzate dalle medesime risposte: siamo bravi, dunque ce ne andremo dall’Italia. Il giovanilismo del burattino, evidentemente, non convince proprio i giovani. Perlomeno i migliori e più preparati tra i giovani. Non bastano i sorrisi teneri della Boschi o le bugie di Padoan. Il futuro è tutt’altro che incoraggiante per i ragazzi. Che, dopo aver studiato con profitto per 5 anni, si ritrovano con il massimo dei voti e con il minimo delle prospettive.
Si iscriveranno ad Università sempre più costose che li preparareranno – in alcuni casi anche molto bene – per un futuro in cui la preparazione non conta nulla e vale ancora meno. Aziende pubbliche dove potranno entrare solo se in possesso di amicizie giuste per concorsi ad hoc, aziende private che offriranno contratti di pochi mesi, con paghe indegne, per mansioni assolutamente inadeguate rispetto alla preparazione ed alla qualità dei giovani. Grandi prospettive, indubbiamente. E l’alternativa è solo l’emigrazione. Verso Paesi dove il merito sia riconosciuto non solo nelle chiacchiere di un ministro, ma sia apprezzato nei fatti, anche a livello di retribuzione. Verso Paesi dove si possa costruire un futuro che parta dalla formazione di una famiglia, con la possibilità di mantenere gli eventuali figli. E dove, da vecchi, ci si possa godere il meritato riposo senza bisogno di fuggire in altri Paesi per sopravvivere con pensioni da fame.
Di fronte a queste considerazioni dei giovani italiani con 100 e lode c’è da chiedersi che senso abbiano le dichiarazioni di Padoan, le promesse a vanvera dei ministri adoratori del burattino, dei vertici delle istituzioni. Bilancio, sostenibilità, debiti, manovre aggiuntive: tutto l’armamentario del politicamente corretto, dei compiti a casa. E dall’altra parte i giovani, il futuro dell’Italia, che non hanno alcuna voglia di accettare un domani preconfezionato sulla base di lavori sottopagati, di tasse assurde, di povertà obbligata. E, giustamente, se ne vanno.