La diaspora della destra, più ancora che la riduzione del suo consenso, è la più pesante tra le macerie lasciateci da Gianfranco Fini. Venuta meno la casa comune, sacrificata sull’altare del governo e del potere ogni dimensione verticale, quando il pragmatismo prende il sopravvento definitivo sull’idealismo e persino sulla retorica della grande famiglia, succede anche che ognuno si accasi dove può per provare a salvare o a recuperare posizioni o postazioni. Siccome però l’uomo di destra per antonomasia non può mai fare scelte utilitaristiche ma è sempre animato da ideali purissimi, si accasa ovunque con la sempre valida giustificazione che lo fa per “salvare la destra”. Ovvio, vale anche per le donne: in questo caso le quote rosa sono totalmente rispettate.
E così c’è chi se ne va in Forza Italia perché il Cav è l’unico che strizza l’occhio al Ventennio, perché oggi è lui la vera destra, perché bisogna stare in un partito grande, ecc. C’è chi va con Alfano perché è diversamente berlusconiano, lui si che vuole fare un partito di centrodestra serio, ma intanto bisogna essere “responsabili” e “salvare il Paese” insieme alla sinistra.
Ma lo sport dell’ultima settimana è annunciare il proprio sostegno incondizionato alla Lega di Matteo Salvini, perché loro si che si battono per l’identità, la sovranità, l’uscita dall’Euro.. Sono amici della Marine Le Pen e in fondo non sono mica più tanto secessionisti. Unica concessione agli ex camerati da parte di qualche isolato e improvvido aperturista: venite e facciamo fronte comune contro la moneta unica. Alle due prime tipologie di “homo destrorsus” i fatti dimostrano impietosi che, tanto in FI quanto in NCD, la destra è stata sistematicamente marginalizzata così come avevamo facilmente previsto tempo fa.
Sulla terza più recente tipologia vorrei però spendere qualche parola in più. Certamente la Lega, più quella interpretata da Salvini che quella di Maroni e Tosi (governisti e manovrieri in stile Dc), è una forza identitaria. Oggi che qualcuno vagheggia una “destra padana”, sembrano lontani anni luce i tempi in cui Salvini capeggiava la “sinistra leghista”. Certamente nella sua critica all’Ue e all’Euro ci sono tanti punti di convergenza con la critica che noi muoviamo da destra. Non ho remore ad ammettere che sulla posizione “No Euro” si è schierata prima di Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale, impegnati come eravamo in un faticoso percorso di ricostruzione dalle macerie (è sempre facile criticare, molto più duro ricostruire), aperto a diverse esperienze e personalità (come fu nella prima AN del ’94), anche a quelle che più o meno disinteressatamente avevano cercato case diverse.
Ma ora che le opzioni in campo sono chiare, ora che si è ricreata in Italia una Destra (intendendo per Destra quella parte che si batte per sovranità e tradizione, non semplicemente qualcosa che si contrappone alla sinistra) con una forte identità e una precisa connotazione, fuori dal Ppe, contro la dittatura dell’Euro e il super-Stato europeo, con una leader giovane e tenace forgiata nella militanza politica.. ora non ci sono più alibi. E va bene essere uniti, per esempio alla Lega, nella critica al nemico da abbattere, ma la Politica è anche costruire dopo che hai abbattuto. Si può voler uscire dall’Euro ma per fare la lira del nord e la lira del sud, cioè il passo prima della secessione. Si può voler smontare l’Ue ma per fare un’inesistente Europa delle macroregioni anziché quella degli Stati nazionali.
Nell’immaginario leghista il mito dell’inesistente Padania non è tramontato e anzi la battaglia anti-Euro viene vista non solo come legittimo strumento acchiappa-voti ma come grimaldello per far saltare l’unità nazionale. E non saranno sfuggite le dichiarazioni entusiaste dei leghisti al Beppe Grillo in salsa secessionista. Insomma, l’idea che un “uomo di Destra”, che ha scolpito nel proprio cuore il tricolore e, meno retoricamente, l’idea di riaffermare identità, sovranità e interesse nazionale lo possa fare sostenendo una forza anti-nazionale anziché una forza nazionale mi pare posticcia. Giusto ipotizzare e costruire il fronte più vasto possibile, ma lasciateci ancora la possibilità di preferire all’inesistente Padania la nostra, scalcagnata ma pur sempre arciamata, Italia.
*Capogruppo Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale al Parlamento Europeo