Per molti articolisti dei grandi quotidiani e per gli intellettuali con l’elmetto, mosche cocchiere dell’establishment, l’elezione di Trump potrebbe segnare la fine del sogno: “avanti con Kiev fino alla vittoria”. E’ una delusione che la dice lunga sulla mancanza di realismo in fatto di politica estera.
Indubbiamente l’invasione russa dell’Ucraina è stata un vulnus per il diritto internazionale, fondato sul rispetto dell’indipendenza degli stati sovrani. Sennonché -a parte il fatto che quella violazione non sarebbe stata motivo di scandalo se si fosse trattato di invadere uno ‘stato canaglia-, in un mondo in cui vige l’hobbesiana guerra di tutti contro tutti, una grande potenza che, a ragione o a torto, sente la sua sicurezza minacciata dalle potenze rivali, a quale istanza internazionale farà appello, in mancanza di una nuova Yalta che, con le zone d’influenza, garantisca una gestione pacifica dei conflitti? Inoltre non va dimenticato che gli stati sovrani non sono sempre stati nazionali e che, al loro interno, vi possono essere gruppi etnici e culturali che non ne riconoscono la legittimità. Tali gruppi saranno sempre un fattore di disordine e un pretesto di intervento per gli stati appartenenti alla loro famiglia storica.
Le grandi potenze debbono prevenire queste rotture: ad esempio, nel caso dell’Ucraina, facendo rispettare gli Accordi di Minsk che prevedevano una riforma costituzionale in grado di garantire ”una progressiva decentralizzazione dei poteri nel paese e la relativa creazione di un qualche tipo di statuto speciale alle regioni di Donetsk e Lugansk”.
Le ragioni dell’etica non sono quelle della politica ma alle anime belle va rammentato che, nell’era della democrazia, dovrebbero essere i popoli, attraverso un referendum controllato dall’ONU, a decidere se vogliono far parte della Russia o dell’Ucraina, se vogliono essere turchi o armeni, lituani o ucraini. ’Siamo realisti!” ,si dirà giustamente, ridefinire i confini degli stati porta ‘tempeste e lacrime”. D’accordo, ma, se è così, ricordiamoci che compito delle cancellerie non è quello di bonificare il mondo ma di scongiurare le guerre e, per farlo, bisogna venire a patti con chi detiene il potere—che piaccia o non piaccia.
– Professore Emerito Università degli Studi di Genova
(dal Giornale del Piemonte e della Liguria)