Adriano Scianca, giornalista de La Verità, con il podcast Notre Dame –ascoltabile qui – riprende a esplorare i territori delle avanguardie del novecento. Si riannoda il filo della sua precedente rubrica “Onda anomala” sul Secolo d’Italia?
“Grazie per aver ricordato quell’esperienza, è passato qualche anno… Direi sicuramente sì, c’è la stessa voglia di indagare soprattutto i territori di frontiera in cui le distinzioni classiche tra destra e sinistra divengono più inafferrabili. Su questo, si veda anche il mio precedente podcast, “Strani incontri”, tuttora disponibile sul sito della Verità e sulle principali piattaforme (Spotify, Amazon Music etc), che si basava proprio sul mettere a confronto pensatori cardine del mondo non conforme con divi dello sport, della musica etc. Più in generale, da quell’esperienza al Secolo e dagli insegnamenti di Luciano Lanna mi porto sempre dietro lo sguardo affermativo sul presente, che poi è l’applicazione al giornalismo del progetto deleuziano della “affermazione senza negazione””.
I riflettori degli studiosi non conformisti italiani sul mondo letterario transalpino sono stati troppo spesso dedicati esclusivamente al filone dei collaborazionisti come Celine e Drieu. Finalmente si supera il crinale del 1945. Da cosa nasce la curiosità per approfondire la beffa lettrista del 1950 a Parigi?
“La beffa lettrista – l’irruzione nel giorno di Pasqua del 1950, a Notre-Dame, da parte di un finto monaco che proclamò la morte di Dio – mi colpì prima ancora di conoscere l’identità del protagonista. Tutte le storie delle controculture novecentesche, del resto, le assegnano un ruolo cruciale. Avendo poi appreso che il finto monaco era un ex fascista, mi è venuta spontanea la voglia di raccontare la sua storia”.
Che attualità ha la figura di Michel Mourre, nazionalista scapigliato e bohemien?
“Mourre era un cercatore, un inquieto (poi, poco dopo lo scandalo del 1950, si tranquillizzò). In un’epoca di catechismi bigotti, la voglia di sperimentare dovrebbe tornare ad animarci. Meno attuale è forse la voglia di stupire e di scandalizzare: nell’era dei social, la beffa di Notre-Dame sarebbe virale per mezza giornata e poi ce ne dimenticheremmo…”.
A che intellettuale-artista armato italiano lo paragonerebbe?
“Forse, per l’inquietudine e le svolte repentine, oltre che per il rapporto travagliato con la religione, a Giovanni Papini”.
Mourre non era un isolato. I suoi rapporti con Truffaut e la Nouvelle Vague lo confermano. Con un quadro d’insieme che sorprende…
“La Parigi degli anni Cinquanta che racconto è un ambiente saturo di discorsi edificanti, con la retorica della Resistenza al centro del discorso dominante. Ma c’è una nuova generazione che si affaccia alla storia, una generazione che non crede a questo migliore dei mondi, che è stanca dei soloni resistenziali e degli ex ribelli addomesticati, come i surrealisti. Gli anni Cinquanta sono un momento di passaggio e nelle fasi di questo tipo si creano a volte strane alchimie. Come quella che ho tentato di raccontare”.
Da tempo l’area che una volta idealizzava il futurismo, sul piano giornalistico non produceva alcuna innovazione, ne’ contenutistica ne’ sul piano degli strumenti di diffusione di idee fuori dagli schemi. L’esperimento dei podcast è la nuova frontiera?
“Beh, nel mondo “di fuori” lo è già da molto tempo. È il mondo non conforme ad avere trascurato, tanto per cambiare, il mezzo. È comunque uno strumento divertente, anche da realizzare, e che permette di far passare contenuti anche profondi, ma in modo più agile. Del resto i podcast stanno cannibalizzando sia l’editoria (vedi l’esplosione degli audiolibri) che il giornalismo (vedi attori, sportivi, persino politici che ormai sono molto più a proprio agio su Breaking Italy, Tintoria, Muschio Selvaggio che non a Porta a Porta). È una realtà con cui fare i conti”.
Se si registrerà un crescente riscontro, l’alfabetizzazione alle idee non conformi passerà anche dall’ascoltare inchieste giornalistiche, reportage e interviste su canali digitali come i siti dei quotidiani o Spotity?
“Assolutamente sì, ma serve uno sforzo per comprendere il mezzo. Non basta caricare su Spotify o YouTube una lezione su Evola tenuta con il linguaggio che si terrebbe in un’università o in una conferenza. In questo senso, un lavoro encomiabile è quello svolto per esempio dal canale Progetto Razzia, che oltre a proporre contenuti di qualità ha capito perfettamente la logica dello strumento”.
“Lo scandalo di Notre dame” e’ un lavoro prezioso di chi supera le colonne d’Ercole. Dopo cosa c’e’? Ha in mente un nuovo focus per il prossimo podcast?
“Non ancora, ma ci sto riflettendo. Mi piacerebbe trovare un’altra storia poco nota da poter raccontare a puntate. Con Mourre sono stato fortunato: non esiste praticamente nulla su di lui, neanche in Francia. Al momento non mi viene in mente nulla di simile, ma sicuramente qualcosa mi verrà in mente”.
Grazie Adriano per averci fatto conoscere questo personaggio