Si è tornati a parlare della egemonia culturale della sinistra e di conseguenza della cultura di destra: da dove nasce questa prevalenza sinistra? a destra si è fatto di tutto per evitarla? di chi la colpa di questa situazione? degli intellettuali o dei politici? e via dicendo.
Sono così costretto a parlare di me stresso, non certo per rivendicare primati (non è nel mio carattere, e chi mi conosce di persona lo sa), ma soltanto per dire che purtroppo non c’è nulla di nuovo sotto il sole, ma oggi, ciclicamente, si presentano e si riscoprono problemi già affrontati esattamente mezzo secolo fa, ad esempio dal sottoscritto, e che non essendo mai stati sostanzialmente risolti si sono incancreniti, al punto che le nuove generazioni sono obbligate a rendersene conto.
E quindi diciamo pure che nel maggio 1971 per L’Italiano, la rivista di cultura e politica diretta da Pino Romualdi, invitato da suo figlio Adriano, scrissi un articolo intitolato La dittatura occulta (poi titolo di una raccolta di saggio trent’anni dopo (Sveva, 1997) che affrontava proprio questo problema tornato d’attualità, cui ne seguirono altri sempre sul tema del rapporto destra/media e sul monopolio della informazione e dell’intrattenimento da parte della sinistra.
Il problema era stato posto e documentato, ma non è stato mai preso seriamente in considerazione e quindi risolto a causa della sordità dei politici, ieri Almirante, poi Fini e Berlusconi, In fondo gli intellettuali, o meglio gli uomini di cultura, erano sempre considerati dei “rompicoglioni” e le loro critiche venivano pedestramente interpretate solo come una indiretta richiesta di un “posto” e di prebende, di un cadreghino (ricordo una polemica in tal senso avviata su Il Giornale da Stenio Solinas e il sottoscritto senza riuscire a cavare un ragno dal buco).
Tanto per fare un esempio simbolico. Negli anni Settanta proposi all’editore Volpe, che accettò, una collanina tascabile di cultura e politica, “L’Architrave”, volumetti a 500 e 1000 lire, dove scrissero molti miei coetanei di allora poi diventati importanti. Volpe pensava che Almirante ne avrebbe acquistati per distribuirli nelle sezioni del MSII: pia illusione, niente da fare!
Inutile chiedersi il perché della “egemonia culturale” della sinistra, dei progressisti, del PCI e derivati: dopo il 1945, il fascismo, una guerra perduta (spacciataa per vinta a fianco degli Alleati), la guerra civile, la spartizione fra DC (enti e potere economico) e PCI (il potere culturale secondo la lezione gramsciana), tutti coloro che non erano compagni venivano emarginati se non perseguitati, e non si poteva fare altro che esprimere il proprio dissenso e le proprie idee in testate di nicchia, testimoniare che esisteva una cultura altra.
Il vero guaio è avvenuto dopo, paradossalmente in un momento positivo. Cioè dopo la vittoria politica del centrodestra nel 1994 la colpa è stata di Berlusconi e Fini che della cultura se ne fregavano pensando ingenuamente e scioccamente di aver conquistato definitivamente il potere politico, e quindi chissenefrega della cultura. Poveracci! Non annetteranno mai questo errore fondamentale. Sicché snobbarono qualsiasi iniziativa in tal senso e quando dovettero fare delle nomine a questo livello esclusero certi noni (Accame, Buscaroli, Gianfranceschi ecc.) perché “troppo di… destra”! E’, si potrebbe dire, una questione tra il genetico e il mentale: non hanno mai capito nulla, come si vide al tempo in cui il giovanissimo Marco Tarchi con altri amici organizzò la Nuova Destra proponendo un “gramscismo di destra”… Quanta fatica sprecata! Quante illusioni ci si faceva di poter creare una breccia nel bunker mentale dei politici di destra!
Altra faccia di questa singolare medaglia era che, casomai i politici si interessavano di “cultura” era senza la minima visione strategica. Si pensi alla Rai. Non so quante volte ho fatto presente durante alcune riunioni che si doveva iniziare dal basso non dall’alto, far assumere giovani giornalisti preparati e non apparati di sezione. Viceversa si preferì puntare sulla nomina di direttori di questa o quella testata radio o tv. Ma un direttore di ”destra” non riesce quasi a governare una redazione di “sinistra” con quadri intermedi ostili che boicottano o insabbiano le tue direttive, le tue richieste. Ecco perché, anche all’epoca del centrodestra al potere nell’ente radiotelevisivo di Stato non è cambiato un bel niente, nulla si è percepito all’esterno, o pochissimo.
Un esempio in piccolo di questa mentalità è stata la Lombardia. Venti anni di governo della regione da parte di Formigoni detto il Celeste (miseramente finito come è finito) non ha lasciato traccia culturale eccetto che nel periodo in cui il compianto Marzio Tremaglia fu assessore alla Cultura e si organizzarono grandi iniziative sia di cultura alta che popolare. La sua prematura scomparsa è stata una perdita terribile di cui se ne sono patite le conseguenze a lungo termine.
A quasi trent’anni dalle occasioni perdute di quel 1994, una nuova generazione riscopre adesso il problema, visto che ne paga gli effetti sulla sua pelle. Ma c’è forse qualcosa di diverso da allora, ad esempio nei confronti della cultura popolare tanto diffusa tra i ragazzi grazie anche ai nuovi media? Purtroppo non mi pare, come dimostra l’atteggiamento, tra il menefreghista e l’ostile, che certa destra politica e intellettuale nutre ancora nei confronti del fumetto, dei cartoon, della graphic novel e altre espressioni di questo tipo.
Anche di questo – ancora una autocitazione! – mi sono occupato negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso sulle riviste di allora cercando di farne capire l’importanza e l’utilità, non considerandole espressioni banali, puerili, inutili da snobbare se non addirittura condannare (a differenza di quanto invece fece il fascismo).Infatti, questo genere di comunicazione popolare è fondamentale per le generazioni di giovani e giovanissime. Oggi c’è chi ancora le disdegna e le disprezza non capendo che il pane quotidiano dei ragazzi non è Platone o Kant, che verranno solo dopo. Ecco il motivo per cui, salvo lodevoli eccezioni di autori e case editrici, il fumetto & affini è monopolizzato dalla variegata sinistra che con la sua egemonia riesce a promuovere e lanciare questi prodotti. Ci si può lamentare di ciò, ma si deve anche avere il coraggio di risalire alle cause e alle responsabilità di tutto questo.
Non credo si riuscirà a recuperare tanto tempo incoscientemente sprecato e perduto. I cosiddetti millennials sono ormai maggiorenni, non si può re-iniziare ora. Sembra che il nostro destino sia la marginalità nonostante tanti autori attribuibili alla “destra” siano delle celebrità mondiali. Ma l’Italia continua ad essere la periferia dell’Impero…
Tremendamente tutto vero. Non resta che restare in piedi tra le rovine, almeno questo.
Bell’articolo, caro Gianfranco, il tuo; vorrei aggiungere che diagnosi analoghe erano state effettuate ancora prima da Adriano Romualdi nel suo saggio “Idee per una cultura di destra”. Ricordo ancora, nel sembra nel 2006, mentre ci recavamo alla ex Manifattura Tabacchi di Rieti per la Festa Tricolore, il tuo sdegno perché Fini, a quanti gli chiedevano di fare assunzioni in Rai, rispondeva che promuovere gli intellettuali organici era un concetto “leninista”. Quanto all’aspirazione a un “gramscismo di destra”, rammento un’acuta osservazione di Fausto Gianfranceschi, secondo cui furono i comunisti, prendendo a modello l’opera svolta durante il Ventennio dal grande ministro dell’Educazione Nazionale e fondatore di “Primato”, a fare del “bottaismo di sinistra”.
Per il resto, è meglio tacere. L’intellettuale a destra è considerato una via di mezzo fra lo scroccone e il provocatore. Lo si vorrebbe organico, ma poi non gli si rimborsa nemmeno il biglietto del treno e se si lamenta gli si rinfaccia “quando voi vi facevate le seghe su Evola noi attaccavamo i manifesti” (equivalente missino del “mentre noi facevamo la Resistenza voi leggevate Proust”). Non dimenticherò mai, a Ferrara, quando un nostro comune amico, invitato alla presentazione del saggio di Giuseppe Parlato “Fascisti senza Mussolini”, si sentì rinfacciare per avere espresso giudizi critici sul Msi dall’allora “federale”: “Ti abbiamo anche pagato la camera in albergo!”
Fu allora (credo fosse la primavera del 2007) che capii di avere sbagliato tutto. Il fascismo commise molti errori e qualche orrore, ma aveva almeno il senso del rispetto.
Analisi precisa, impietosa e assolutamente condivisibile, e vale a maggior ragione per la cultura ecologica che a destra è purtroppo considerata marginale
Sì, ma di chi è la colpa?
Bisognava fare i conti con la ‘fiamma’ e con tutto quel che rappresentò, bisognava fare i conti con Regime e RSI, dittatura e democrazia (non solo ‘non rinnegare e non restaurare’), bisognava fare i conti – culturalmente ancor prima che politicamente – con tutte le torbide eredità strasseriane, fasciobolsceviche, nazistoidi, bisognava decidersi se stare a destra (con liberalismo vero, capitale e mercato, libertà civili autentiche) o da qualche altra parte (compresa la sinistra pasolinianiana o castrista ecc.) con demenziali nostalgie ‘imperiali’ o neopagane, essoteriche, pseudo-tradizionali ecc. Ancora oggi gran parte della cosiddetta ‘destra’ (quella che si oppose a divorzio ed aborto) non sa far di meglio che lo stuoino vetero-cattolico della Santa Sede su eutanasia e suicidio assistito, dopo aver per anni suonato la fanfara a Dugin, Putin ecc. Ed allora?
Smentisco amichevolmente De Turris, la collana l’ARCHITRAVE io l’ho trovata nella sede del MSI di Firenze negli anni ’70.
Ma concordo con lui per la nefasta esperienza di AN che ha voluto dire la rinuncia alle radici e, si sa, senza le radici ci si estingue.
Che qualche incosciente abbia denominato FONDAZIONE AN quella che doveva essere FONDAZIONE MSI conferma le sciagurate scelte del 1994/1995: in sostanza una fondazione si fa vanto di avere inglobato la sua vittima sacrificale, cioè il MSI (beni immobili compresi…).
È del tutto consequenziale che, senza radici, si facciano solo commemorazioni: questa sì che è nostalgia scarsamente utile alla faccia della nostalgia dell’avvenire almirantiana.
*Zippi, nella sede del Msi fiorentina, in piazza Indipendenza, i volumetti dell’Architrave c’erano, ma perché li rivendevano Marco Tarchi e il padre Lapo, tenendoli custoditi in un armadietto di ferro insieme a quelli di altre case editrici. Almirante non credo abbia messo un soldo, anche se rispetto ai postmissini era un signore. Volpe comunque vendeva alla fine degli anni Sessanta i suoi libri a prezzo scontato ai gruppi del Fuan e organizzava convegni e soggiorni di studio per giovani universitari di destra: tutto di tasca sua. Sarà stato anche un “ombroso editore della domenica”, ma ce ne fossero…
Almirante aveva come scusa di avere sulle spalle un partito povero, almeno fino alla legge sul finanziamento pubblico dei partiti che anche il Msi votò, salvo farsene rubare la maggior parte dagli scissionisti di Democrazoa Nazionale. Ma quanti, assessori, presidenti di Regione o di Provincia, sindaci di An, si impegnarono per far acquistare dalle sedi istituzionali volumi pubblicati da editori di destra o semplicemente per far abbonare le biblioteche comunali al “Secolo” o a varie riviste d’area, da “Area” (appunto) a “Percorsi”, da “Imperi” a “Nova Historica”? La verità è che della cultura non gliene fregava nulla a nessuno, l’importante era fare ogni anno la solita sparata “sulle foibe” o sui libri di testo faziosi. Pochissime le eccezioni, e senza seguito. Il risultato è una classe dirigente che non avrebbe il diritto di lucidare (con la lingua) nemmeno a un Gentile, o a un Bottai.
E adesso cosa si sta’ facendo per recuperare il tempo perduto?? La verità del tempo Almirantiano era di trincea,bisognava difendersi da un continuo abbusare violento e menzoniero
Financo sventolare il tricolore si veniva aggrediti,era di moda le pezze rosse.aveva ragione Rauti nel suo intervento di Fiuggi.
Il vero problema era la ‘creazione’ di una nuova cultura di destra, non solo ricicciare le eredità del Ventennio… E una nuova cultura che a sua volta non ‘ricicciasse’ le eredità del Ventennio… Ma bisognava avere anche un nuovo concetto di destra, slegato da D’Annunzio, Gentile ecc. senza peraltro diventare dei pasoliniani e cheguevarriani…
Devo confessare che in cor mio mi sento little bit confuso,caduco e titubante nel leggere opinioni altamente filosofiche,di spessore profondo ove emerge cultura vera..Si và dalle corna di Agamennone alla Real Politik,dal pragmatismo confuciano a l’asino diBurialdo.Intanto vedo che la benzina finalmente è a 2.365 per non menzionare il resto.Vorrei tanto che arrivasse a 10.00, non solo perché credo che il cianciar è vellitario la realtà è (ancora) “Little bit” differente.Che bello sarebbe andar tutti in bicicletta come facean La Pira e pure Prezzolini anche in tarda età.
Fernando
io sono pronto
Ieri mi sono fatto 6 km a piedi
A/R My sweet home ( non l Alabama) Porta Susa per viaggio in treno
E sono ancora qui a leggere amenità
Il problema non è tanto andare in bicicletta, è avere case ben riscaldate e l’acqua calda (oltre la connessione Internet…).
Ameglio,quando vivevo a Torino mi alzavo all’alba e mi facevo 3 giri della Pellerina di corsa sostenuta prima del lavoro figurati!! È da quando ero adolescente che mi tengo pronto credimi.
Quello che essenzialmente vorrei dire è,se non ci si batte per togliere la nostra terra da questo stato comatoso etc.nulla cambierà anzi si andrà sempre peggio..Sono inutili i bei discorsetti,in qualsiasi salsa lì si voglia intingere..Sono i pezzi di Marcello Veneziani che mi danno soddisfazione.. È un intellettuale vero che meriterebbe altri spazzi e che dimostra che a destra non c’è solo Giorgia..
Fernando
battiti invece di digitare
Io ci ho provato da quando avevo 14 anni ed ho fallito!
Avanti un altro che sicuramente è meglio di me
PS Quando fate la rivoluzione chiamatemi!
Battersi? Quando? Per che cosa? Per il diario? Nella WWI i fanti andavano all’assalto con i Reali Carabinieri che sparavan loro se retrocedevano! Nella WWII senza carabinieri a sparare sopravvenne la prassi della resa in massa (con l’onore delle armi che agli inglesi non costava nulla). Poi, certo, un po’ di eroi….