Sono ad Agrigento le primarie dello “scandalo”. Dentro tutti, Pd e Forza Italia vanno insieme. Il candidato sindaco del futuro Partito della Nazione sarà espressione di una competizione aperta anche all’azzurro Silvio Alessi, vicino al deputato Riccardo Gallo. Quest’ultimo, a sua volta, rientrerebbe tra le grazie di Marcello Dell’Utri. Una vicenda a metà tra la “fuitina” e il matrimonio d’interesse. E scoppia la bufera. Insomma, si tratta di una formula finora inedita sì, ma dal chiaro retrogusto primo repubblicano. Che la Valle dei Templi rischia di essere la sala da parto che accoglierà il ritorno in vita della Democrazia cristiana è un’evenienza che non fa dormire in molti dentro i due partiti. Ma non tutti.
Oltre il laboratorio della politica, c’è pur sempre la Sicilia. L’archeologia qui ci sta tutta. Intanto i vertici romani di Forza Italia nascondono a mala pena l’imbarazzo. «Nessuno di noi può partecipare a competizioni di altri partiti», si smarca come può Giovanni Toti, consigliere politico del Cav. Mentre il segretario regionale e senatore della Repubblica Vincenzo Gibiino lancia l’appello: «Sono certo – ha detto – che l’onorevole Riccardo Gallo saprà dimostrare ancora una volta la propria lealtà a Forza Italia contribuendo alla scelta dei nostri candidati». Tra le segreterie aleggia tuttavia un sospetto. Sembra che sia stato lo stesso Berlusconi a offrire il proprio placet ad Alessi. Ipotesi che ad Arcore nessuno conferma e neanche smentisce.
Volano gli stracci dentro il Pd. Si dimette il vicesegretario provinciale Cinzia Deliberto che fa sapere: «Ritengo incomprensibile come si possa consentire una alleanza con il partito di Silvio Berlusconi, con il quale è impossibile condividere i valori fondanti del Pd». Posizione la sua resta, però, isolata. Merletta il tutto Fausto Raciti, dalemiano di ferro e segretario regionale. Per lui non si tratterebbe affatto di un accordo sic et simpliciter con Forza Italia, semmai di un’intesa con alcuni «movimenti civici tra che al suo interno hanno anche ex esponenti di Forza Italia, ma che hanno deciso di aderire a quel progetto». E scatta la claque politichese. Anche Rosario Crocetta brinda a quello che da più parti viene definito come un inciucio, rispolverando non il bestiario antimafia ma la sloganistica anti-Salvini: «Si tratta semmai di liste civiche che servono a isolare la Lega».
Sullo sfondo c’è infatti la candidatura fuori – manco a dirlo – dai cliché agrigentini del deputato trevigiano Marco Marcolin per la neonata Noi. La discesa in campo non è stata ancora ufficializzata. Il segretario nazionale Angelo Attaguile aspetta con ansia gli sviluppi dell’accordo Pd-FI. La crisi del centrodestra potrebbe aprire degli scenari fino a poco tempo addietro impensabili per la formazione postleghista ad Agrigento.
Intanto a Palazzo dei Normanni la pattuglia il gruppo del Pd accoglie l’adesione in massa di Articolo 4, formazione politica nata tra i banchi dell’Ars all’indomani del voto del 2012. I componenti sono per lo più esponenti nati e cresciuti sotto le insegne dello scudocrociato e che hanno governato negli ultimi anni a braccetto con il centrodestra. Il commento per Il Foglio di Pietrangelo Buttafuoco: «Un vero “welcome party” quello che gli uomini di fiducia di Renzi, in Sicilia, hanno riservato ai cinque parlamentari transitati da tutte le sigle dello zoo del clientelismo e Renzi – che è la lavatrice per eccellenza – garantisce a tutti il “washing party”: li ripulisce e li accomoda alla propria tavola. Anche senza forzarli nell’uso di coltello e forchetta».