Lanfranco Pace, giornalista con un passato nella sinistra extraparlamentare, ha scritto un lucido commento sul Foglio per mettere in evidenza la pochezza della proposta politica degli anti-Salvini scesi in piazza a Roma. Le sue sono ragioni che affermano il pluralismo e il principio di coniugare la presenza politica con la realtà, non disegnando sempre nemici immaginari, fascismi eterni e mali assoluti. Ecco un passaggio dell’articolo.
“Però prendersi un pezzo di città per manifestare contro la libertà degli altri ha un che di autoritario, già all’epoca si poteva immaginare i Bernocchi e i De Luca come ministri degli Interni, improbabili certo, ma più intolleranti e repressivi dei democratici cristiani. Quanto a parlare a nome dei romani di cui si suppone che non amino la Lega, ha l’odore stantio dell’avanguardismo di un tempo. E infine guardare quelli di CasaPound come pericolosi nazisti, rispolverando un antifascismo militante che già tanti lutti produsse in passato è il segno che il tempo non sempre è galantuomo, a volte è inutile. In fisica, i materiali che non lasciano passare luce o calore vengono chiamati refrattari”. In politica refrattario è chi rimanda indietro il principio di realtà, trasforma la coazione a ripetere in coerenza personale: così non si rigenera, non cambia, in una parola non vive, in attesa della solita palingenesi finale si riduce a testimone di un passato che non ha presente”.
I limiti di una destra senza passato
Pace poi tocca un tema caro ai nostri lettori, la necessità di una politica che abbia radici e cultura per affrontare le sfide della complessità:
“All’opposto, Salvini e la coinquilina Meloni hanno dimostrato invece la freschezza del presente che non ha passato. Non hanno grandi scheletri nell’armadio, non sono responsabili di particolari scempiaggini, ogni volta che gli chiedono di dare conto delle contraddizioni, di ieri o fra ieri e oggi, rispondono che la cosa non li riguarda, loro guardano in avanti, verso il futuro. In fondo fanno tenerezza, sono gli ultimi giunti nella politica che vorrebbe contare e addirittura un domani governare, sono appena usciti dal liquido amniotico, strillano molto e agitano i pugnetti. Non è sfuggita l’espressione divertita e un po’ perversa con cui Umberto Bossi, un vecchio che sembra rifiorito, si è rigirato verso la Meloni che dalla tribuna inveisce contro Renzi.
In realtà il leader di oggi che non abbia una qualche radice nel passato finisce inevitabilmente per mancare di spessore, e quando si racconta usa parole che per voler essere capite da molti risultano troppo semplici e a volte stupide. Anche Renzi ha semplificato e non poco idee e linguaggi, effettivamente parla come tuitta, ma un passato ce l’ha, come amministratore pubblico ed erede di un certo cattolicesimo politico riformatore. A fingere di essere sempre all’anno zero, ci si ritrova senza padri, senza fratelli e sorelle maggiori, al più con “zio Ignazio”.