Proponiamo la lettura di una breve novella di Pierre Drieu la Rochelle, uno dei maggiori scrittori francesi del Novecento ed esponente di punta di quel complesso ed affascinante movimento culturale che Paul Sèrant definì “romanticismo fascista”. Il racconto fu pubblicato nella Nouvelle Revue Francaise nel febbraio 1935. Tolti (o mutati) alcuni nomi di esponenti politici e di partiti dell’epoca la novella resta di una grande attualità. Fa pensare al gioco antipopolare dei banchieri della BCE e/o del FMI con la Grecia, l’Italia, la Spagna… (Sandro Marano)
L’UOMO MATURO E IL GIOVANE
Colto il momento giusto, l’uomo maturo si mise a guardare il giovane fissandolo.
–Si – disse il giovane – vi ringrazio di aver trovato un po’ di tempo per ascoltarmi. Ma ciò che vi dirò è condiviso da molti altri: è una cosa molto importante. Ecco, sono un borghese. I genitori mi hanno dato una certa educazione. In liceo m’hanno insegnato ben poco: conosco i limiti della mia cultura. Ad ogni modo ho riflettuto a lungo sul mio corpo e, avendolo messo alla prova ed esercitato, sono riuscito a dominarlo. Ho letto un po’ di Nietzsche e di Marx. I miei genitori sono ora senza soldi o quasi. E io non riesco a trovare un lavoro. Sono disoccupato.
-Si ne ho visti tanti come voi – sospirò stancamente l’uomo maturo.
-Sono un borghese, ma odio il capitalismo che non mi nutre e che ha rovinato i miei genitori. Detesto i grandi quotidiani, le banche, i trusts finanziari, tutto ciò che in questo paese ha in mano le leve effettive del potere senza averne purtroppo la responsabilità.
-Certamente – disse l’uomo maturo sollevando un po’ il capo. A questo punto bisogna dire che l’uomo maturo era deputato e “indipendente” di sinistra.
– Detesto anche la democrazia – continuò il giovane più lentamente – detesto il parlamento, i marchesi patrioti ed affaristi, i deputati avvocati, il partito radicale con i suoi comitati massoni e il suo Senato di vecchi sadici, il partito socialista e la sua segreta ammirazione per tutto ciò che i suoi saggi retori denunciano con voce roboante. E il capitalismo si difende utilizzando questa gente.
Per combinazione l’indipendente di sinistra era l’avvocato del trust dei petroli, ma non ci pensava mai.
-Si- rispose fiaccamente – E allora?
– Ebbene, sono io che sono venuto a chiedervi: e allora?
L’uomo maturo aggrottò le ciglia. Benché facesse vedere il contrario, non amava le ingiunzioni di questo tipo. Gli piaceva di più farle agli altri, ma a tempo debito e nel luogo adatto, cioè in parlamento.
Gettò di nuovo uno sguardo severo sul giovane. Aveva l’aria di dirgli: “siete venuto qui per farmi recitare, come fanno gli intellettuali, la parte dell’estremista e del razionale? O siete il solito imbecille che si trova in tutti i comizi e che grida: -Son tutte balle, ne abbiamo abbastanza -, oppure siete un nemico?”.
Tuttavia pensò che la cosa si sarebbe aggiustata come sempre: il giovane era un intellettuale, e quindi tutto il discorso si sarebbe felicemente concluso in un piccolo balletto di adulazioni reciproche.
– In ciò che mi avete detto, ne convengo, ci sono parecchie verità, però…
Si era alzato e adesso girava a passi lunghi e misurati intorno al gran letto di bronzo.
Il giovane assunse all’improvviso un’aria furiosa e turbata. Quel “però” era stato scandito con un’energia troppo artificiosa.
– Ah, c’è un “però”. Sì, lo so già, adesso mi direte che parlamento e democrazia sono due cose diverse. Volete salvare la democrazia. Ebbene, no, se si fa fuori il parlamento, finisce anche la democrazia. D’altronde, pur difendendo segretamente la democrazia, voi sperate di tenere semichiusa la porta del Parlamento. Lèon Blum è più conseguente di voi; difende nello stesso tempo la democrazia e il parlamento, come se fosse una cosa da nulla… E poi sapete meglio di me qual è il nucleo della politica del XX secolo: concepire il gemellaggio del gran capitalismo con la democrazia, di questi due compari che fanno finta di litigare, ma segretamente vanno d’accordo. Se si è capaci di sentire tutto ciò, si è già pronti ad agire.
–Sì, sì, ma, scusate, siete comunista?
Il deputato sperava enormemente che il giovane lo fosse: era il modo più semplice per classificarlo e quindi per sbarazzarsi di lui.
– No, è qui il punto- mormorò il giovane con una falsa modestia e una strana gioia nello sguardo.
– Io non sono né agli ordini di Mosca né a quelli del Vaticano. E poi, è gente… non lo so, ma con i comunisti non riesco a trovarmi a mio agio. Quando vado a un grande raduno comunista, mi sembra di essere in una chiesuola. Hanno un gergo, il loro gergo marxista, materialista che è vecchio di almeno mezzo secolo. E ripetono sempre la stessa cosa, una cosa vera in fin dei conti, ma che diventa falsa a forza di ripeterla, sempre nello stesso modo, senza sfumature. Si accontentano di aver ragione a parole e non nei fatti concreti.
– Voi parlate degli intellettuali, ma c’è anche il popolo, no? – osservò il deputato di sinistra con una voce un po’ commossa.
– Sì, ci sono due tipi di comunisti, i borghesi e gli operai; i secondi sono persone che vogliono mangiare ed essere degli uomini come gli altri. Ma appena vanno a una riunione comunista, cominciano a imitare i borghesi.
Il deputato scrollò il capo con tristezza: – Ma allora, se non siete comunista, che cosa siete? Siete forse…
Il giovane esclamò… – Ma sì probabilmente sono un fascista. Anzi, lo sono sicuro. Il 6 febbraio ho capito di essere un fascista (1). E so bene che significa. Significa voler fare il socialismo senza gridare ai quattro venti che si vuol fare, ma facendolo senza un programma astratto realizzando di giorno in giorno qualcosa. Essere fascista significa capire che l’unica cosa da realizzare è il socialismo, che bisogna eliminare gli attuali capi dell’economia, irresponsabili politicamente, e sostituirli con capi che facciano nello stesso tempo le due cose e ne siano responsabili…
(1) il 6 febbraio 1934 una folla immensa di ex-combattenti e di nazionalisti francesi marciarono su Parigi al grido di “abbasso il parlamento!”. La polizia sparò e ci furono dei morti. Il 9 febbraio dimostrarono i comunisti.