In un’intervista concessa in passato al quindicinale “Flash”, lei assicurò di essere contro la pena di morte, eccetto che per coloro che fanno del male ai gatti! Può precisare il suo pensiero?
Lei stai esagerando un po’. Ciò che dissi è che coloro che fanno del male ai gatti meriterebbero di essere imprigionati a vita (una prigione, ovviamente, sorvegliata da cani!). Che cosa vuole che io precisi? Si dice spesso che il cane è il “migliore amico dell’uomo”. Con i gatti, non si tratta di amicizia, ma di amore. Come molti scrittori, provo un amore passionale per i gatti. Questo genere di cose si constatano, si provano ma non si spiegano. Più in generale, i maltrattamenti inflitti agli animali mi scandalizzano molto più che i maltrattamenti inflitti agli esseri umani. Fare una tale ammissione, sicuramente colpirà molti vostri lettori, che riterranno che gli animali più attraenti non possono essere messi al livello degli uomini. Non sono di questo avviso. Senza nemmeno considerare gli animali come persone, come ha fatto il mio amico Yves Christen in un recente libro (L’animale è una persona?, Flammarion edizioni, 2009), penso che il paragone è del tutto possibile. Aggraverei la mia posizione aggiungendo che non credo nemmeno per un istante alla stessa qualità delle anime umane, e non un momento di più che gli animali non hanno un’anima. Noterete d’altronde che la parola “animale” deriva da anima, che è il nome latino per l’anima!
Se si guarda al passato, gli animali sono stati per molto tempo divinizzati. Anche San Francesco d’Assisi prestò loro una sorta di “anima”, mentre il profeta Maometto promise un posto in Paradiso ai migliori di loro. Altri esempi?
Si suppone che i musulmani non amino né cani né gatti, ma una leggenda racconta che Maometto, volendo indossare il suo vestito, un giorno trovò la sua gatta Mu’izza addormentata su una delle sue maniche: piuttosto che disturbarla, tagliò la manica e la lasciò dormire. Nell’antico Egitto era venerata la dea Bastet, che era forse in origine una leonessa. In Europa, è vero che i Celti sembrano aver preferito i cani (il nome del grande eroe Cúchulainn significa “cane di Culann”, mentre Cenn Chaitt “testa di gatto” è il nome dell’usurpatore Cairpre che causò la rovina d’Irlanda), la religione germanica ci ha lasciato il ricordo della dea Freyja, il cui carro era trainato da due gatti chiamati Bygull e Tregull. La figlia Njord e la sorella gemella di Freyr, Freyja (il cui nome è più vicino alla parola tedesca Frau, “signora”) fu la più popolare e più venerata divinità nei paesi nordici. Dea della bellezza, della terra e della fertilità, fu anche considerata la prima delle Valchirie. La si può paragonare ad Artemide greca, tanto più che presso i Romani, i gatti furono associati a Diana la cacciatrice, il cui culto era simile a quella di Bastet. Nel cristianesimo, il gatto occupa un posto ambivalente. La giornata mondiale degli animali si svolge ogni anno il 4 ottobre, che è anche la festa di San Francesco d’Assisi, patrono degli animali. In alcune chiese, si celebra in questo giorno una Messa per gli animali. In altre ancora, ha luogo nel mese di settembre o la prima domenica di novembre una benedizione pubblica degli animali! Come San Francesco, che permetteva loro di bere nella propria tazza, Papa Benedetto XVI era conosciuto anche per il suo amore per i gatti. Questo non era il caso, purtroppo, di tutti i suoi predecessori, che hanno a lungo visto nel gatto un animale diabolico, amato come tale dalle “streghe”. Amici dei felini, non dimenticate mai di dedicare una esecrazione eterna a Papa Gregorio IX, creatore dell’Inquisizione medievale che, nella bolla Vox in Rama (1233), dichiarò che chiunque possiede un gatto nero merita il rogo, come papa Innocenzo VII, che nel 1484 promulgò un editto che prescriveva dei sacrifici di gatti per le feste popolari!
Per i loro animali domestici, i francesi spendono fortune per alimenti e cure. Negli Stati Uniti, ci sono psicologi per cani e gatti… Allo stesso tempo, molti animali sono maltrattati: il gattino regalato ai bambini per Natale, è presto abbandonato da quando non assomiglia più a un peluche. Dov’è il problema?
Oggi si contano in Francia tanti animali da compagnia quasi quanto i bipedi: 63 milioni di bestiole contro i 65,5 milioni di abitanti. Il possesso di un animale domestico è per molti un modo per combattere la solitudine, che non cessa di crescere in questi tempi di rottura di legami sociali e di famiglie spezzate (oggigiorno interessa un francese su otto). Il problema è che l’attenzione che si rivolge agli animali fa rilevare più spesso del sentimentalismo piuttosto che della sensibilità, e soprattutto che gli animali sono apprezzati meno per il loro valore intrinseco che per il piacere che si trae. Questo atteggiamento utilitario porta a trattare gli animali come oggetti, che si acquistano perché li si desidera e che li si abbandona alla Società protettrice degli animali (Spa) quando si comincia a trovarli fastidiosi. La nostra epoca ha sostituito il solido con il liquido, il durevole con l’effimero, l’impegno con lo zapping. Il destino di cani e gatti, da questo punto di vista, non differisce tanto da ciò che si osserva tra gli esseri umani.
*Intervista di Nicholas Gauthier tratta da Boulevard Voltaire. Traduzione di Manlio Triggiani