Ormai tutto il dibattito è a sinistra. La maggioranza e l’opposizione? Tutta all’interno del Pd. Sulle riforme costituzionali come sulle politiche economiche. L’ultima querelle vede protagonista Stefano Fassina, deputato Pd ed ex componente del governo Letta, da sempre critico verso le posizioni liberiste dell’ala renziana.
Fassina ha scritto una lettera al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, per confutarne la linea e per chiedere di cambiare rotta. Poi ha puntato il dito sul tasto dolente delle privatizzazioni in settori strategici di quello che resta dell’industria nazionale, invitando il ministro tecnico a recedere da una via che porta dritti alla prossima svendita del patrimonio di saperi produttivi nazionali.
In attesa che anche il centrodestra si svegli e scopra le autostrade lasciate dal monocolore renziano nel paese, ci accontentiamo dell’opposizione epistolare di Stefano Fassina. Meglio di niente.
Il testo di Fassina
“Lettera aperta al Ministro dell’Economia
Caro Pier Carlo, così non va. La tua intervista oggi al Corriere conferma che i rapporti di forza politici e economici dominanti in Europa non consentono di correggere i difetti sistemici dell’euro-zona. Ma non abbiamo più tempo per interventi al margine. La rotta mercantilista alimentata dalla svalutazione del lavoro sta portando il Titanic Europa a sbattere. Il selfie proposto a Strasburgo ci farebbe vedere un volto di disperazione, non di noia. Data l’agenda da te ricordata, le prospettive di fronte ai Paesi della moneta unica sono, come rivelano le misure non convenzionali decise dalla Bce, di stagnazione, sostanziale deflazione, di ristrutturazione dei debiti pubblici di tanti Stati membri, tra essi l’Italia, e, inevitabilmente, di dis-integrazione dell’euro. Dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia la realtà. Lungo la rotta mercantilista, le riforme interne da fare con determinazione non evitano all’Italia l’iceberg. Tuttavia, la rottura può essere caotica oppure possiamo provare a governarla per ridurre i danni e costruire le basi per una ricollocazione della nostra economia. Purtroppo, è ora di un piano B per l’Italia. Prima che sia troppo tardi.
Ps: lasciamo stare la privatizzazione di ulteriori quote di aziende pubbliche. ENI, Enel, Finmeccanica, Poste, Fs sono tra le poche grandi aziende di qualità rimaste in Italia. Privatizzarle indebolirebbe le nostre potenzialità industriali, priverebbe il bilancio dello Stato di dividendi preziosi e, soprattutto, non avrebbe alcun effetto sostanziale sulla dinamica del nostro debito.
Un abbraccio, Stefano”.