Era stata presentata come l’operazione che avrebbe salvato tante vite umane, ridotto lo sfruttamento dei migranti presenti sul territorio libico, mostrato all’Europa che cosa sa fare l’Italia, e quindi indotto l’Ue a prendersi carico della questione. È accaduto esattamente l’opposto; finora Mare nostrum, e cioè l’avanzamento della linea delle nostre unità navali nel Mediterraneo, per raccogliere i migranti in prossimità delle acque territoriali della Libia, al di là delle intenzioni, ha prodotto questi effetti:
1) per salire su una imbarcazione, visto il minor numero di miglia marine da percorrere, si paga di meno, circa a 800 euro a testa;
2) poiché chi giunge sulla costa libica non possiede quella somma, è costretto a mesi di lavoro in condizioni di schiavitù per racimolare il costo del biglietto;
3) le ragazze subiscono sistematiche violenze dai miliziani;
4) il ticket ridotto, la distanza inferiore da coprire e l’affidamento sulle navi italiane fanno sì che le barche degli scafisti siano ancora più precarie, e ciò aumenta la possibilità di affondamenti: i morti in mare non sono diminuiti, e sarebbe onesto stimarne l’entità dall’avvio dell’operazione;
5) la maggiore facilità di arrivo in Italia ha moltiplicato gli affari dei trafficanti;
6) la gestione all’arrivo è descritta dalle immagini dei tg e non ha bisogno di commenti;
7) i costi sono cresciuti esponenzialmente. Tutto ciò senza l’Ue si senta chiamata in causa.
Nell’interesse di tutti, a cominciare dai migranti, fermate Mare nostrum! Il Governo sottoponga alla costituenda Commissione Ue un piano d’azione sul territorio libico, che collochi lì centri di accoglienza e commissioni per valutare lo status di rifugiati con personale europeo, trasferendo poi in condizioni di sicurezza solo coloro a cui lo status viene riconosciuto fra gli Stati dell’Ue, in modo proporzionato alla consistenza di ciascuno. E’ difficile? Certo che è difficile, come è stato difficile cinque anni fa accordarsi con Gheddafi e bloccare i morti in mare. Ma allora ci si è riusciti. E poi, quale è l’alternativa?