Dopo i risultati tutt’altro che brillanti per le destre alle elezioni Europee il tema del rinnovo della classe dirigente è ritornato ad occupare l’attenzione dei media e degli esponenti politici più realisti. Se i partiti ancora tentennano e manifestano difficoltà a metabolizzare l’ondata di novità che Renzi e Grillo hanno – piaccia o no – portato alla politica italiana, Barbadillo ha individuato alcune storie che dai territori testimoniano come esista una “generazione differente” che –sia all’interno che all’esterno dei partiti – è riuscita a imporsi e a diventare “modello” in alcune realtà significative. Partiamo da Sud.
Una realtà non conforme che contribuisce a portare al ballottaggio la corazzata Pd a trazione Renzi in una regione dove i democrat sono, di fatto, lo “Stato”? Benvenuti a Potenza, il capoluogo di regione più alto d’Italia, fu terra natia (o meglio feudo) di Emilio Colombo e oggi centro politico del meridionalismo rampante di sinistra incarnato da Gianni Pittella e Roberto Speranza. In questa città che vede un monocolore di centrosinistra da decenni una “spina nel fianco” c’è. Ed è rappresentata non, come si crede, dall’opposizione ufficiale di centrodestra. Ma da un nucleo di giovani potentini che proviene dalle esperienze identitarie e non conformi che in questi anni ha agito fuori dai partiti di destra e centrodestra. Bene, questo gruppo di giovani è tra i protagonisti di una coalizione formata da Fratelli d’Italia (che ha ottenuto un ottimo risultato, il 7%) e dai Popolari per l’Italia di domani che è riuscita con un candidato espressione della società civile, Dario De Luca, a sconfiggere i concorrenti di centrodestra (il candidato di Forza Italia Michele Cannizzaro) e lo sfidante interno alle dinamiche Pd, dato per certo al ballottaggio, Roberto Falotico.
“LA NOSTRA POLITICA MILITANTE CONTRO LA BORGHESIA POLITICANTE”
Ma c’è di più. Oltre al risultato storico (con il 17% si tenterà la difficile scalata contro il 47% del candidato più votato Luigi Petrone, ma al ballottaggio, senza il traino dei candidati al consiglio, il voto di opinione avrà la sua importanza) questa comunità è riuscita anche ad ottenere – alla prima prova – anche una rappresentanza istituzionale. Si tratta di Antonio Vigilante – ventottenne ingegnere, esponente de “Il Sentiero-Spina nel fianco”, il circolo non conforme del capoluogo lucano – che è stato eletto al Consiglio comunale all’interno della lista civica che appoggiava il candidato De Luca. Un risultato – accompagnato dall’ottima prova dell’altra candidata espressione della comunità Annalisa Pavese – che come ci spiega viene da lontano. «Ci tengo a parlare al plurale perché la nostra è stata una candidatura, una sfida di tutta la comunità militante, della quale mi onoro di essere un semplice servitore e testimone». Il consenso, come spiega Antonio, è stato il frutto di uno sforzo collettivo: «La nostra forza è stata la stima sociale, conquistata tra la gente in oltre 15 anni di attività politica, condotta per la strada e non nelle segreterie di partito». Indicativo, poi, come è stata condotta la campagna elettorale: «Si è caratterizzata per uno stile che, pur non disdegnando i classici incontri con le categorie sociali e le famiglie, ha rimarcato anche in maniera estetica la nostra diversità: ad esempio con i “megafonaggi” in centro e in mezzo alle baraccopoli dei margini dove abbiamo urlato senza timidezza e senza mezzi termini quello che la gente mormora e condanna continuamente per strada ma che la politica di partito non ha il coraggio di tirar fuori in campagna elettorale perché riguarda un generalizzato malcostume».
Ci sono stati anche espedienti che hanno vivacizzato la vigilia del voto: «Abbiamo adoperato strategie di “guerrilla marketing” portando in piazza, per esempio, la rappresentazione di un omicidio: un manichino coperto da un lenzuolo insanguinato. Quel cadavere ha rappresentato la nostra città assassinata da decenni di cattiva politica. Ad essa, al cattivo esempio dei nostri amministratori, abbiamo opposto il buon esempio della preparazione sui temi e sui problemi, illustrandone le cause e rivelando le soluzioni». Non è un caso che ciò che per molti rappresentava una scommessa persa in partenza – la candidatura alternativa rispetto al centrodestra ufficiale – sia risultato invece attrattiva anche rispetto a chi da tempo non si sentiva rappresentato. «Abbiamo macinato consensi anche da parte di quella fetta di popolazione che non votava ormai da decenni, inclusi – racconta ancora Vigilante – tanti ex “missini” che abbiamo invitato in un incontro preliminare e che hanno riscontrato nella nostra proposta la continuità».
IL MODELLO? FARE POLITICA CON “L’ARTE DELLA GUERRA”
La domanda a questo punto è scontata: come hanno fatto dei ragazzi senza strutture alle spalle a imporsi sul tavolo della politica dei grandi? Ce lo spiega Pio Belmonte, avvocato e responsabile della comunità: «È il frutto di una strategia iniziata anni fa. La prima fase ha visto protagonista un’esperienza formativa diversa da quelle delle cosiddetta destra radicale, diretta a sviluppare nuove capacità: ossia imparare a spiegare con chiarezza le proprie idee agli altri, saper avere una proiezione sociale e popolare». I ragazzi, racconta Belmonte, sono ad esempio tra i protagonisti delle feste patronali di Potenza: «Abbiamo contribuito a riportare in vita la tradizione dei “portatori della iaccara”, antichissimo rito arboreo di cui la nostra terra, la Lucania, conserva le ultime testimonianze viventi». Stesso discorso anche nel volontariato: «Sosteniamo da tempo le famiglie che vivono ancora nella baraccopoli di Bucaletto (vittime del terremoto del 1980, ndr), con spirito di servizio al banco alimentare e alle varie attività di assistenza di altre associazioni».
Accanto a questo «importante è stato sviluppare una rete di relazioni nell’ambiente politico, abbiamo studiato e capito le tecniche della contrattazione politica». Ultimo passaggio è stata la candidatura. «La nostra scelta si è indirizzata sul ragazzo nostro con le più spiccate capacità relazionali, un neoingegnere appassionato di urbanistica partecipata. Poi è arrivata la costruzione della squadra e la campagna elettorale “vivace” e non conforme contro le lobby – costruttori, potere del Pd e circoli – che sfruttano da sempre Potenza». Belmonte, infine, spiega come l’asso della manica sia stata la scelta del modello a cui ispirarsi: «Il nostro vademecum è stato “L’arte della guerra” di Sun Tsu: come insegna il maestro, per prima cosa ci siamo assicurati una posizione vantaggiosa sul campo, scegliendo la parte migliore del centrodestra locale. Poi come piano B, se il centrodestra non avesse (come poi non ha fatto) accettato la candidatura di De Luca, ci siamo assicurati la possibilità di esserci comunque grazie a una lista civica con cui ottenere un buon piazzamento». E poi? «Ci siamo buttati».
@rapisardant