Claudio Quarantotto, scomparso ieri per un brutto male a 78 anni non ancora compiuti, è stato uno dei più brillanti ed eclettici giornalisti della Destra italiana, quando essa era una vera Destra, quella per intenderci che si esprimeva ne Il Borghese e ne Lo Specchio. Di famiglia istriana, era nato a Rovigno, subì l’esodo come gli altri 350 mila nostri connazionali. La frequentazione di Giurisprudenza a Roma non lo invogliò a diventare avvocato o magistrato come il padre, un ex prefetto, avrebbe voluto: la sua vera vocazione era il giornalismo. E infatti, ventenne, grazie a Nino Tripodi entrò nella redazione de Il popolo italiano, il quotidiano che Pino Romualdi diresse per un anno e mezzo (1956-7) come contraltare de Il Secolo d’Italia, lavorando nelle pagine culturali curate da Piero Buscaroli, un’altra colonna della cultura di Destra. Una sua testimonianza uscirà proprio nella antologia degli scritti di Julius Evola apparsi su Il popolo italiano a cura di Giovanni Sessa in via di pubblicazione da parte dell’editore Lucarini.
Claudio era un uomo effervescente, pronto alla battuta, di una dialettica difficile da contrastare perché sorretta da una vasta cultura, fermissimo nelle sue posizioni, portato alla polemica. Soprattutto si interessava di un settore, quello del cinema, da sempre, nell’Italia del secondo dopoguerra, egemonizzato dal PCI. Un terreno dunque difficilissimo da affrontare, in cui si poteva andare soltanto controcorrente. Oltre che critico fu anche autore e sceneggiatore per Gualtiero Jacopetti, un altro outsider del cinema italiano e per questo spesso ostracizzato e calunniato.
Lo conobbi alla fine degli anni Sessanta quando anche io, appena laureato nell’ultimo anno di tregua prima del caos sessantottino, invece di fare l’avvocato o iul magistrato volevo fare il giornalista e giravo – da incosciente – solo nelle redazioni dei quotidiani moderati o di destra, dal Giornale d’Italia al Roma, ma anche mi affacciavo grazie a qualche amico comune anche a quella del Borghese. Claudio aveva un po’ le mani in pasta in queste testate e del settimanale di Mario Tedeschi era redattore. Il mio interesse per la letteratura fantastica lo colpì perché anche a lui piaceva e così’ cominciai a scrivere di questo, e altro, sulla pagina culturale del Roma, il quotidiano di Achille Lauro, che lui curava e che era diretto da Alberto Giovannini. Poi Giovannini divenne direttore del Giornale d’Italia e lui lo seguì curando anche lì’ una pagina culturale dove ancora scrissi. Divenne direttore del Roma Piero Buscaroli e io andai a Napoli per chiedergli se potevo essere io il successore di Claudio Quarantotto. Buscaroli invece mi disse: “Ti assumo”. Era il 1974 e ovviamente la mia vita cambiò e di questo gliene sarò sempre grato, anche se lui forse se lo sarà dimenticato. Ma questa è un’altra storia.
Ma le vite in un certo ambiente sì intrecciano. Claudio curava la collana de I Libri del Borghese: ne usciva uno al mese, sempre di autori o argomenti controcorrente rispetto alla cultura dominante. All’inizio degli anni Settanta bene o male riuscii a collaborare in redazione con lui, nella stessa stanza. Mi passavano davanti traduzioni da rivedere, bozze da correggere. Claudio era sempre lì entusiasta, sarcastico, polemico, ma anche pronto a segnalare errori e sciocchezze che poteva fare un semi-principiante, proteggendomi dalle sfuriate di Mario Tedeschi. Erano i tempi della contestazione e poi degli “anni di piombo” quando non si sapeva se qualcuno poteva aspettarti all’uscita dalla redazione con pessime intenzioni. Eppure questa atmosfera non si viveva dentro, fra gli amici e i colleghi, dove si doveva pensare soltanto a scrivere e pubblicare articoli e libri che dimostrassero come una cultura diversa era possibile, esisteva, soltanto che nessuno voleva pubblicarla. E sui Libri del Borghese uscirono autori poi riscoperti in seguito da altri “grandi editori”: basti ricordare Cioran e Junger.
Claudio era anche un esperto di linguistica non soltanto perché scriveva molto bene, ma anche perché aveva pubblicato vari dizionari di neologismi e un prontuario, L’ABZ della contestazioni che ne raccoglieva i luoghi comuni e le parole d’ordine.
Un uomo piacevole, un uomo colto, un uomo sempre controcorrente, un uomo coerente, un altro amico che ci ha lasciati e il cui lavoro, pubblico e dietro le quinte, non si dovrebbe dimenticare.