Un grande innovatore, certamente. Ma anche un uomo di cultura e un ottimo amministratore. Generoso e coraggioso come pochi. Di fede laica e di forte temperamento, non smetteva mai di sognare e di lottare con grande passione civile. Capace di ascoltare, ma anche di decidere. Profondo conoscitore dei meccanismi economici e produttivi, mai scontato e soprattutto mai demagogo. Sapeva che le idee sono il sale della politica e per questo aveva sempre creato e alimentato redazioni, riviste, fondazioni. Mimmo Mennitti amava la sua terra e la politica, era davvero uno dei pochi leader meridionali che non si è mai rassegnato al clientelismo e al populismo e che ha lottato fino all’ultimo e in ogni occasione per il riscatto e lo sviluppo della Puglia e del Mezzogiorno.
Marisa, sua moglie e compagna di sempre, mi ha detto che solo negli ultimi tempi, quando non era più in condizione di scrivere, si era intristito, quasi spento, come se la vita per lui avesse senso sino a quando poteva comunicare il proprio pensiero. Per Mennitti la politica era questo, innanzitutto questo: idee e progetti da realizzare e da trasmettere agli altri. Il suo percorso inizia nella Puglia missina degli anni Sessanta, parallelo e concorrente con quello di Pinuccio Tatarella, con cui spesso si incontrava e scontrava. Ma mentre Tatarella scelse di operare come “grande regista”, puntando su Gianfranco Fini indicato da Almirante. Mimmo Mennitti fece una scelta quasi temeraria, sfidando la vecchia guardia sul campo politico e nel congresso, indicando la strada di una destra davvero moderna, capace di uscire dal ghetto e di giocare a tutto campo. Erano gli anni Ottanta, duri e difficili, segnati dal terrorismo. Mennitti non si rassegnava ad una destra isolata e marginalizzata e osò mettere in discussione il fortino in cui si era asserragliata. Lo fece, innanzi tutto, con le idee, fondando prima la rivista Proposta e poi la componente Proposta Italia, in cui si ritrovarono personalità come Beppe Niccolai e Tommaso Staiti di Cuddia, spiriti liberi e coraggiosi, coinvolgendo giovani brillati e intellettuali, come Gennaro Malgeri, Mauro Mazza, Umberto Croppi, Peppe Nanni e, successivamente, anche un giovanissimo Pietrangelo Buttafuoco. Della partita facevo parte anch’io.
Perse definitivamente la battaglia per la guida della destra nel comitato centrale del giugno 1991, quando Fini lo superò per una manciata di voti. Allora Fini era il “continuismo” e parlava ancora di Mussolini come il più grande statista del secolo e del fascismo del Duemila. Mennitti era anni luce più avanti, forse troppo. Quando con Fini, riuscimmo, anni dopo, a realizzare Alleanza Nazionale, lui stesso riconobbe che An esprimeva proprio le idee portate avanti da Proposta di Mennitti. Ma era arrivata un’altra stagione e Mennitti era già altrove. Si era dimesso dal partito e da parlamentare per lanciare una nuova sfida da direttore del Roma, con cui tentò di scuotere il Mezzogiorno, a partire da Napoli.
L’esperienza durò poco, il tempo di incrociare l’imprenditore Silvio Berlusconi che gli affidò la nascita di Forza Italia come primo coordinatore nazionale. Mennitti fondò Ideazione, rivista e poi anche Fondazione, e animò il dibattito culturale di quegli anni. Non si rassegnava, a differenza di molti, al “partito di cartapesta”. Cercò di dargli corpo e anima, idee, progetti, cultura. Fin da allora comprese il rischio che, senza quelle fondamenta, la vittoria sarebbe stata effimera e comunque incapace di riformare davvero il Paese.
Mennitti divenne poi parlamentare europeo e quindi sindaco del riscatto di Brindisi. Lui, da molisano adottato, aveva scelto di essere brindisino e di accettare ancora una volta la sfida amministrativa più difficile, nel momento in cui la città aveva toccato il baratro. “Brindisi città di mare”, fu il suo progetto: città moderna e inclusiva, che “abbracciava” il suo Mediterraneo.
L’ultima sua opera, dopo le dimissioni da sindaco e già provato dalla malattia, “Un’altra idea del Mezzogiorno”, è un lascito importante, soprattutto in questa fase, perché lega in modo indissolubile il Mezzogiorno all’Europa e l’Europa al Mezzogiorno: unica vera prospettiva di riscatto e di crescita per la sua terra.
Se il nostro Mezzogiorno avesse avuto altri come lui, non sarebbe nelle condizioni in cui è. E se molti ora seguissero il suo esempio – impegno culturale e civile, cultura della responsabilità e senso del dovere – il nostro Sud forse non sarebbe preda dei Masaniello di turno, tra angoscia e disperazione, ma già sulla strada giusta fatta di riforme e di sviluppo.