Trentaquattro anni per approfondire e diffondere idee, talvolta scomode, spesso dai più non condivise, sempre comunque graffianti e meditate. Diorama numero 317 si occupa dello “Spirito del tempo e metamorfosi della democrazia”. L’editoriale di Tarchi con ironia smaschera gli strumentalizzanti diritti umani, per mostrare chiaramente dove la democrazia liberale si sta dirigendo e in nome di quali principi e con quali “virtù”. L’attuale democrazia si è svuotata delleparti che le competevano: la partecipazione popolare, l’amministrazione burocratica, l’economia e non in ultima istanza il potere giudiziario, ma per compiere concretamente la sua trasfigurazione, i politici hanno da qualche tempo invaso l’inusitato campo della morale. In nome di questa morale verdetti di elezioni regolari vengono ribaltati e critici e politici, non meno dei così descritti “opinionisti”, sostengono sollevazioni invece che altre. Il pensiero dominante impone in tal modo la sua supremazia punendo i trasgressori, con una scelta strategica per nulla avversa ad un tipo di atteggiamento totalitario. Eppure la previsione di narcotizzare i popoli potrebbe non risultare esattaqualora all’orizzonte l’ondata populista, da altri indicata come antipolitica, riesca a risvegliare coscienze sopite e a rivendicare ruoli. Alain de Benoist è il protagonista della sezione “Laboratorio” con risposte su questioni intramontabili del tipo “immigrazione, istruzione, virtualità, consumismo, libertà di opinione e idea di Europa”. Severo nel giudizio riguardante il tecnomorfismo, ricorda l’importanza di controllare la tecnica, mantenendo le distanze per non finirne “prolungamento”,facendosi utilizzare da essa e chiudendosi in quel “iperreale”, immateriale categoria che non ha a che vedere né con il reale né con l’irrealtà, saturo di reperibilità e trasparenza quanto carente di sfumature opache. Altrettanto intransigente nei riguardi di chi nasconde le proprie responsabilità alle spalle dei soliti steccati ideologici, de Benoist svela la responsabilità del padronato nella nascita di un nomadismo libratore, che dietro l’immigrazione ha nascosto illeciti e interessi. Realista nel parlare della diseducazione scolastica, che ha fallito nel voler credere di poter creare cittadini o perfezionare la specie come voleva Condorcet, lo è infine altrettanto nelle risposte politiche sul ruolo dell’Europa, riconoscendo da un lato la necessità per una Nazione di avere una politica estera e dall’altra parte constatando che la Francia ne è esente, favorendo sempre e comunque l’asse americano-qataro-israeliano. Nella sezione “Opinioni” si possono leggere tre interviste a Marco Tarchi sulle sorti della politica italiana, sul populismo italiano ed europeo e sul partito “personale”.Il populismo per Marco Tarchi dà quelle risposte che la politica non riesce più a dare, sfruttando il bacino di consensi lasciato libero dai paletti insormontabili del pensiero unico. In questo senso è visto come pericolo dalle partitocrazie tradizionali, che si difendono studiando leggi elettorali pronte a ridimensionare la rappresentanza dei movimenti populisti, chiamando in soccorso enfatizzati pronostici atti a colpirne il peso, sempre velleitariamente. Diversamente da tanti però Tarchi non crede che il M5S sia un partito personale, limite questo e non virtù per il movimento, perché il suo successo è interamente nella leadership di Grillo e questa verità dovrebbe essere riconosciuta dalla base. L’eclissi delle ideologie su cui i partiti hanno fondato la loro presa e glioramai molti episodi squalificanti di corruzione hanno fatto nascere il bisogno di creare correntiinterne o movimenti ex novo, che possano interpretare gli umori di chi non si sente più rappresentato; senza credere all’attesa dell’uomo della provvidenza sicuramente le affermazioni di movimenti populisti concedono al leader l’importanza di divenire “megafono” della opinione pubblica.
L’esodo è il protagonista della sezione “Osservatorio” con una riflessione sul significato del“passaggio” di uomini e merci, schiavizzate dalla mentalità edonistica del mercato. A parlarne Zarelli sempre impegnato con Arianna Editrice e non solo a salvaguardare il valore sostanziale e irripetibile di ogni cultura. In “Idee” invece un’ottima e puntuale recensione di Archimede Callaioli sul libro “La decrescita” di Giuseppe Giaccio e ancora “Fascisti in democrazia” di Eugenio Negro e “Frontiere della vita frontiere della tecnica” di Giuseppe Ladetto. Termina l’ottimo numero un dialogo con Pietro Barcellona, intervista apparsa su Eléments e tradotta per i lettori di Diorama. Un dialogo sulla modernità, sulla politica, sulla Europa, ma anche sulla pittura, sull’importanza dei colori e della conservazione delle differenze. Una finestra sul disincanto del mondo contemporaneo ed una tentativo di reincantarlo.