In un’intervista condotta da J. C. Brisville, Albert Camus, con parole che oggi suonano profetiche alla luce di una costruzione europea troppo unilaterale (e vorremmo dire unidimensionale), sbilanciata verso l’anima nordica, dichiarava: “da 150 anni l’ideologia europea si era costituita contro le nozioni di natura e di bellezza (e di conseguenza di limite), che invece sono state al centro del pensiero mediterraneo… l’Europa non è mai stata fuori da questa lotta fra mezzogiorno e mezzanotte… una civiltà viva non potrebbe costituirsi al di fuori di questa tensione, senza cioè questa tradizione mediterranea a lungo trascurata.”
La filosofia ecologista (da Pierre Drieu La Rochelle a Walter Darrè, da Jonathon Porritt a Edward Goldsmith, da Alain De Benoist a Serge Latouche e Mauirizio Pallante) ha riscoperto l’importanza della nozione di limite, che, come nota Camus, è insita in quelle di natura e di bellezza.
Il costituirsi dell’ideologia europea contro le nozioni di natura e di bellezza va però retrodatata di almeno quattro secoli, all’orgogliosa affermazione dell’io e del progresso filosoficamente propugnata da Bacone e da Cartesio. E’ nel tardo Rinascimento che si rompe il mirabile equilibrio tra Dio uomo e mondo, cui il Medioevo si era attenuto e al quale per primo cercò di porre rimedio Federico Nietzsche segnalando nella sua opera la necessità d’un superamento del nichilismo e di un rifidanzamento dell’uomo col mondo.