Winston Smith, il protagonista di 1984 di Orwell, ripeteva spesso: “Se c’è una speranza, risiede nei prolet”. Cioè nella massa informe di uomini e donne estranei alla vita del Partito, apparentemente persi nella banalità triste del loro quotidiano epperò unica arma per abbattere il potere con la forza soverchiante dei numeri. Un po’ come il 99% che schiaccia l’ 1%, secondo uno slogan recente dei movimenti di protesta americani. In realtà non c’è nulla di più sbagliato. Secondo l’italianissima lezione di Mosca e Pareto sono sempre le élites, nel bene e nel male, a condurre il gioco, narcotizzando o infiammando il popolo alla bisogna, perché mille persone organizzate sono sempre più decisive di milioni di monadi che possono soltanto offrire un supporto passivo e malleabile alle altrui volontà.
E questo è tanto più vero se il prolet in questione è l’italiano del Terzo Millennio, il “selvaggio col telefonino” per usare una magnifica espressione di Maurizio Blondet. Quello che nulla sa, nulla legge, nulla studia, nulla capisce – indipendentemente dalla sua alfabetizzazione -, ma si esprime come democrazia comanda. E spedisce Beppe Grillo a parlare con Matteo Renzi, a consultarsi con lui in vista del governo del cambiamento. Per carità, sappiamo benissimo che tanti si saranno infiltrati nella votazione, inquinandola in malafede, e che molti simpatizzanti del M5S sono in realtà piddini travestiti, incavolati sì ma pur sempre infatuati dell’“Italia migliore”(sic). Però il dato rimane quello ed anche il comando: che si parli con Renzi e si risolvano i problemi del Paese.
Al selvaggio pentastellato, per non parlare degli altri, è dunque sfuggito tutto quello che è successo in questi giorni. Non ha colto che non ci sarà alcun cambiamento radicale perché subito dopo aver incassato il sì del partito, Renzi ha telefonato a Draghi (fonte Repubblica) per farsi consigliare il ministro dell’economia. Un po’ come se Robespierre chiedesse un parere al Re di Francia all’alba della Rivoluzione. Non ha colto che dietro tutto questo (fonti Dagospia e la banale logica) ci sono poteri forti e occidentalisti che hanno morso alla gola Napolitano – attraverso le rivelazioni di Friedman con sponda Financial Times – appena il Presidente si è messo di traverso per riconfermare Letta. Non ha colto la reazione entusiastica delle borse alla nomina di Renzi e il coinvolgimento di industriali alla De Benedetti nell’operazione. Non sa chi siano Davide Serra e Yoram Gutgeld. Ignora che lo scopo è dare momentaneo ossigeno al sistema e toglierlo ai populismi che Letta rischiava di alimentare con la sua incapacità. Non ha colto nulla. E anche se avesse colto, il selvaggio non avrebbe saputo che farsene di queste informazioni perché lui arriva fino all’evasione fiscale e lì muore tutto.
E così Grillo si è dovuto sottoporre al rito consultivo, giocandosi la carta dell’attacco frontale e isterico: “La nostra stima non ce l’hai”, “Copri un potere marcio”, “Vuoi svendere l’Italia”, “Rappresenti le banche e i poteri forti”, “A me non interessa colloquiare con un sistema che voglio cambiare”, “Ti do un minuto, anzi nemmeno quello” e compagnia cantando (sugli americani e certa finanza nulla perché, insomma, tra dialoghi atlantici e processioni da Soros nemmeno i 5Stelle sono messi meglio). Uno show pianificato, a cui il comico si è sentito costretto dal selvaggio votante, finendo per sbugiardarlo tradendone il mandato che era quello di dialogare, non di aggredire. E finendo anche per fare la parte di colui che non sa sedersi al tavolo se non per rovesciarlo dopo dieci secondi. Quando i 5Stelle si esibirono nelle consultazioni di febbraio tutti dissero: “Hanno umiliato Bersani”. Stavolta è andata diversamente con Renzi a sorridere in conferenza stampa con l’aria di chi liquida l’inconveniente: “Scusatelo – sembrava dire – è il comico che deve fare lo spettacolino”.
L’errore è a monte. Grillo non avrebbe dovuto accomodarsi a quel tavolo, l’indicazione del vertice era corretta. Il selvaggio col telefonino l’ha rovesciata, sbagliando. E torniamo ad Orwell, citazione completa: “Eppure, se una speranza c’era, questa risiedeva fra i prolet. Quando lo si metteva per iscritto, sembrava ragionevole: era quando guardavate quegli esseri umani che vi passavano davanti sul marciapiede, che si trasformava in un atto di fede”.