Finisce un anno dannunziano. E i centocinquanta anni dalla nascita del poeta sono stati celebrati. Mostre, iniziative teatrali, libri e articoli hanno arricchito il panorama della riflessione sul grande poeta. Allora si desidera fare un bilancio sul significato degli eventi dedicati allo scrittore che segnò la nascita del romanzo moderno italiano.
Di sicuro le proposte ‘Mondadori’ sono state importanti e innovative. Come la pubblicazione di un Meridiano sul ‘Teatro di D’Annunzio’. Come la collana di e-book dedicata alla letteratura del Vate e, per questa operazione editoriale, il comitato scientifico è di livello internazionale. E si deve dare rilievo al lavoro di divulgazione svolto, in questi mesi, dalla fondazione ‘Il Vittoriale degli Italiani’ e dal suo presidente Giordano Bruno Guerri.
Non, infine, sono state visitate in misura notevole le mostre ‘D’Annunzio&Friends’ di A. Consorte e ‘Gabriele D’Annunzio, l’Immaginifico’ composta, quest’ultima, da una delle più note collezioni private, cioè una mostra che ha girato le città italiane e si concluderà con un convegno, a Bari, sulla figura del poeta. Naturalmente tralasciamo il fatto per cui ci sono in giro tanti piccoli D’Annunzio, vale a dire scrittori che spendono le loro energie in un vitalismo televisivo tutto da verificare.
Tuttavia, oggi, ciò che desta interesse è l’analisi sulla contemporaneità di Gabriele D’Annunzio. A causa del superamento delle vecchie dottrine, l’identità dannunziana può essere letta come espressione dell’intraprendenza degli intellettuali nella contemporaneità. Il grande pescarese, insomma, un intellettuale che promuove il suo lavoro con i mezzi della comunicazione di massa e con il gesto clamoroso, quel gesto che esprime una performance artistica o una rottura dei sistemi culturali.
Chi ricorda, però, quei professori che, pochi decenni fa, non volevano svolgere lezioni sul poeta vate e desideravano azzerare la ‘presenza dannunziana’ nella letteratura contemporanea? Dicevano: D’Annunzio è un retore, un trombone decadente, un pre-fascista, un golpista…
Quei ‘cattivi maestri’ avevano un limite: non conoscevano la lezione di Guglielminetti o Bàrberi Squarotti, una lezione che, negli anni settanta e ottanta, indicava nella letteratura dannunziana un grande sperimentalismo di linguaggi e un’arte di stile europeo. (Quando lo sperimentalismo dei linguaggi proveniva da sinistra, esso era ricco e profondo; quando proveniva da altre posizioni culturali, restava invece speculativo e privo di verità. E forse questo giudizio non è mai cambiato!)
Dunque, non appare più adeguata la famosa conclusione critica per la quale d’Annunzio fu scrittore poco autentico in balia del mercato. Di sicuro, in questi ultimi mesi, il tema più svolto dagli studiosi conferma che il pescarese fu un “produttore di letteratura, uno scrittore che sta alle regole del mercato e non perde mai il contatto con il suo pubblico, accettando la propria parte di personaggio…” ( e in tal senso si rilegga l’ottimo saggio, sempre ristampato, ‘Il punto su d’Annunzio’, a cura di F. Senardi, Laterza,)
Da anni c’è aria fresca intorno all’opera dannunziana. Un’aria respirata dai giovani nel momento in cui questi si immergono nella lettura del poeta. E sapete cosa piace ai diciottenni che vanno a discutere D’Annunzio agli esami di Stato? Piace La pioggia nel pineto? O Il piacere? No. Ai giovani piace comprendere il furore del poeta-soldato. Vogliono capire il D’Annunzio che rischia la morte, l’ uomo che, con la sua vita, compie azioni tragiche e non solo stupendi riti con le parole.
Così, nella mente dei giovani lettori, non sembra superato l’intellettuale coraggioso, il grande incitatore italiano, il lanciatore di manifestini su Vienna. E di ciò, più volte, ha detto Giordano Bruno Guerri, notando la modernità della vicenda dannunziana, una modernità che suscitò entusiasmi e scontri nell’opinione pubblica di quel tempo.
In questi mesi di vario dannunzianesimo si è rinverdito un mito italiano. Con aneddoti venuti a galla e da riscrivere. E su una rivista degli anni sessanta, ecco scoperta una chicca. Si crede di sapere tutto sul Gabriele nazionale, ma il suo libro è interminabile. Ora questo è il ricordo scoperto. Ora questo è ininterrotto fascino… Ovvero, nell’agosto 1918, gli austriaci bombardarono Venezia. Per le esplosioni la camera del poeta andò sottosopra; e finì in frantumi un suo vaso di vetro di murano. D’Annunzio in quel tempo reagì. E con il primo aereo disponibile viaggiò verso est. Verso la città di Pola. Che fu bombardata da lui, anche con i frammenti del vasetto di murano, con quei frammenti lanciati come bombe, con quei pezzettini di vetro avvolti… in un fazzoletto tricolore.