Quel “alla fine tutti insieme vinciamo” passerà, l’effetto sondaggio passerà. Non solo perché stanotte i “governativi” votando sì al maxiemendamento sulla legge di Stabilità hanno separato il destino di Berlusconi dal proprio ma anche perché dalle 14 alla sera si consuma tra palazzo Madama e palazzo Grazioli l’ultimo atto della tragedia: la decadenza in mondovisione del Cavaliere. E da parte di questo ci sarà odio per «chi non parteggia» – per dirla con Pasolini.
Sarà complicato da domani essere “diversamente berlusconiano” per Angelino Alfano. Sarà difficile ripetere «we love you» come ha fatto dal Tempio di Adriano. Da un lato dovrà difendere se stesso e la sua pattuglia dagli attacchi dell’“amato Silvio” leader dell’opposizione. Ma dovrà difendersi anche dai conti in tasca che gli italiani faranno con i provvedimenti inseriti nella manovra. Con tutta probabilità gli si ritorcerà contro la stessa vittoria sull’Imu, perché il gioco delle tre carte sulla tassazione per la prima casa era evidente fin dall’inizio.
In questa storia, però, non c’è solo l’aspetto politico o quello economico a determinare una frattura difficilmente sanabile. Esiste, infatti, anche il piano e il peso degli interlocutori. Il probabile “bacio della morte” in questo caso è stato dato da Eugenio Scalfari che su Repubblica di domenica aveva salutato l’avvento della «destra europea», intendo con questa la scissione parlamentare del Nuovo centrodestra di Alfano. Leggiamo: «È nata la destra repubblicana, i moderati che si raggruppano fuori dal cerchio magico dell’egolatria d’un dittatore furbissimo nel saper vendere il suo prodotto». Gaudeamus, spiega Scalfari. E poi: «Bisogna di certo aiutare la nuova destra ma anch’essa deve aiutare l’economia italiana».
Tradotto significa: superata la prima fase – «Certo, il nuovo partito di Alfano non può, nella sua fase di nascita, accettare che l’Imu sia riproposta» – il Nuovo centrodestra, nelle intenzioni dei suoi maggiori sponsor, dovrà rappresentare la stampella parlamentare di un governo fortemente orientato non tanto a sinistra ma nello schema voluto da Giorgio Napolitano. Inutile ricordare che una simile infatuazione del giornale di De Benedetti sia stata rivolta ai tempi a Gianfranco Fini: le cronache hanno abbondantemente raccontato come sono andate a finire le cose.
Certo Alfano – a differenza dell’ex presidente della Camera – sembra avere per il momento una base di potere più solida. Non a caso gran parte della pattuglia dei “governativi” fa parte della fondazione lettiana (per il momento prudentemente messa in stand by) “Vedrò”, la stessa opzione che un anno fa aveva tentato con Italia popolare di costituzionalizzare l’anomalia montiana in funzione di una nuova leadership del centrodestra. Ma dovrà allo stesso tempo navigare da solo, portare a casa provvedimenti cari all’elettorato di destra e dimostrare che questa “destra europea” non sia il “sindacato giallo” di Letta e Napolitano. Insomma, si “Vedrà”.
Ciò che è certo, però, è che l’effetto sondaggio passerà proprio perché sarà Berlusconi adesso a voler separare a tutti i costi il proprio destino da quello dell’ex delfino. Da oggi sono diversi. Altro che “diversamente insieme”.