I ragazzi non collocano nel tempo gli eventi storici. Celebrato in questi giorni, il Primo conflitto mondiale appare indistinto a causa di una memoria giovanile montata male, una memoria che confonde la Prima con la Seconda guerra mondiale; una memoria che, per altro, scambia spesso il Terrorismo degli anni Settanta con la Resistenza. I liceali, gli universitari sovrappongono le rivoluzioni e le restaurazioni, le riforme e le controriforme… Insomma, è una vera emergenza insegnare la storia!
Dalla bomba atomica del 1945 all’attentato delle Twin Towers, la percezione degli eventi storici è leggera, cinematografica, sempre meno meditata. Tra i giovani la storia esiste solo se è composta da immagine. In più, l’insegnamento della disciplina appare contorto se i manuali scolastici continuano ad elaborare le solite impostazioni; e queste impostazioni, pur segnate da nuove volontà didattiche, prevedono ricostruzioni narrative deboli in cui le testimonianze letterarie sono destinate solo nelle appendici dei manuali.
E’ semplice dire che l’indifferenza per la storia è collegabile alla ‘freddezza’ degli studenti per i libri. Ed è facile constatare che l’insegnamento della materia continua ad essere ‘filtrato’ dai manuali scolastici culturalmente schierati.
Per rispondere alle difficoltà, è frequente il ricorso al documentario sul fatto storico, cioè alla rappresentazione filmica della storia; pur con tale attenzione, troppe volte l’insegnante non può far altro che accertare un apprendimento lacunoso degli studenti. Diciamolo, ma dopo la visione di un film di storia, in classe, si ascoltano commenti sulla performances di un attore che analisi sugli opportuni riferimenti storici.
Da dove ripartire? In questi giorni di celebrazioni del Primo conflitto mondiale, sono in corso manifestazioni e sono in giro nuovi prodotti editoriali che spingono alla rivisitazione storiografica. Tuttavia, si ha la sensazione che sia assente una completa attenzione alle testimonianze, quelle letterarie ad esempio. Molti video, molti convegni, molte trasmissioni televisive dedicate, però vi è un limitato interesse alla testimonianza diretta, cioè quella narrativa.
Per una valutazione differenziata, sarebbe interessante un ciclo di letture dei romanzi dedicati alla Prima guerra mondiale. Si proponga allora la formazione di una specie di laboratorio nazionale delle letterature nate a causa della guerra del 1914. Si pensi dunque alle letture da proporre ai nostri giovani dispersi nel tunnel della dimenticanza degli eventi storici nazionali. E si suggeriscano – senza frontiere culturali – quei romanzi che restano delle grandi finestre aperte sulla tragedia della guerra.
Per entrare nella complessità del Primo conflitto mondiale, una proposta primaria segnala il romanzo di Ernst Jünger, “Nelle tempeste d’acciaio”. Questa rimane una travolgente operasimbolo. Una grande coscienza storica sulla guerra tecnologica, quella guerra che devia il corso dell’ umanità e trasforma il senso della vita. La tecnologia al servizio della morte; la tecnica che trasforma tutto in soluzioni tremende ed efficaci; e la nobiltà del guerriero lentamente sconfitta dalla sporca guerra di trincea.
Nel romanzo di Jünger, si comprende la trasformazione dell’estetica delle battaglie, “L’abitacolo, stretto e fracassato dai proiettili, con il suo apparato di tubi, leve e fili metallici, doveva essere stato molto oppressivo al momento dell’attacco, quando quei colossi, per sfuggire all’artiglieria, se n’erano andati zigzagando attraverso i campi simili a maldestri coleotteri giganti. Pensavo intensamente agli uomini chiusi in quelle fornaci.”
Con Jünger il mutamento narrativo del racconto di guerra è completata. I grandi romanzi ottocenteschi, romantici, post-napoleonici sono oltrepassati. La guerra è fotografata con la forza espressiva delle parole. Sui giornali, nelle scuole, nelle manifestazioni si commentino le pagine di questo romanzo tedesco per comprendere la rilevanza storica del documento letterario; un documento vero e potente per il racconto di un’Europa remota che ammazzava i suoi figli migliori, “Due orbite vuote e qualche ciuffo di capelli sul cranio bruno-nerastro mi rilevarono che non avevo a che fare con un uomo vivo (…) Tutto intorno cadaveri a dozzine, putrefatti, calcificati, mummificati, irrigiditi in una sorta di terribile danza macabra. I francesi avevano dovuto rimanere lunghi mesi vicino ai loro compagni caduti, senza poterli seppellire.”
Il romanzo di Jünger rappresenta un documento straordinario accanto al quale tentiamo di porre altre storiche testimonianze letterarie che consentano di comprendere questa guerra europea, questa guerra tecnologica, questa guerra dedicata alla triste ricerca dei primati economico-territoriali. Alcuni titoli, “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di E.M. Remarque; “Giorni di guerra” di G. Comisso; e “Rubè” di G.A. Borghese. Raffigurano questi romanzi un percorso storico-letterario con cui interrogare l’evento mondiale del secolo scorso. Quindi, in questi giorni di cerimonie commemorative, i citati romanzi creano un ideale laboratorio di storia, per non fermarsi, naturalmente, solo sul celebre “Addio alle armi” di E. Hemingway.
Per il famoso critico Carlo Bo “Giorni di guerra” di G. Comissoera artisticamente superiore al romanzo di Hemingway. Non si tratta adesso di ritrovare primati storico-letterari. L’intenzione conoscitiva rimane chiara, cioè: il romanzo coincide con ilrecupero di un sapere storico introvabile nelle memorie filmiche e televisive. Eppure, in questi mesi, la letteratura dedicata alla guerra non appare al centro degli eventi rievocativi e delle ricostruzioni storiografiche.
Perciò, un romanzo da consegnare alle nuove generazioni – purtroppo insensibili al racconto degli eventi nazionali e confuse da una narrazione storica divenuta caotica e televisiva – è quello di Giovanni Comisso. Nell’opera di questo scrittore veneto (1895/1969) i più giovani potranno riconoscere un’Italia in cui le parole avevano un altro senso; la gioventù sognava diversamente: sognava per la Nazione; e la solidarietà non era mai persa durante le battaglie o il riposo malinconico di soldati, “Neri, come di fumo, sporchi, stracciati, con fasciature spicciative alle mani o alla testa, sfiniti nel volto, ma accesi di sangue nelle labbra e di vita negli occhi …”