Napoli (di G. Del Ninno). Contro il cinismo di Eupalla ci vorrebbe un nuovo Diego

Il primo a parlare di Eupalla – anzi, a scriverne – fu Gianni Brera. Veniva così introdotto nel mondo del calcio, tra il serio e il faceto, il principio del divino. Anzi, il piede del divino. Per carità: non si scomodava la teologia di Agostino e di Tommaso; il grande calciofilo padano si riferiva al mondo degli dei “falsi e bugiardi”, che però tanto hanno influito sulle vicende umane, e ancora influiscono su quelle calcistiche.

 

Ho appena finito di seguire Napoli-Juventus, con il suo strascico di cori partenopei indirizzati all’odiato nemico (ladri, ladri) e i commenti degli esperti di Sky, tutti improntati agli elogi alla squadra di casa, sconfitta, ed alle critiche a quella vincente, come accade da qualche anno al Napoli, carico di complimenti e sguarnito di trofei. Naturalmente, si è parlato di sfortuna, sotto forma di decisioni arbitrali concernenti vicende controverse e di pali (per il Napoli, il ventesimo del campionato). E ditemi che non è il caso d’invocare gli dei, il Fato e, in particolare Hermes/Mercurio che, si sa, i ladri li proteggeva. San Gennaro invece, che il popolo napoletano e la sua squadra di calcio dovrebbe accoglierli sotto il suo episcopale manto di Martire, ha ormai dimostrato che il gioco del pallone proprio non gli interessa.

 

Del resto, stiamo parlando di Eupalla, di divinità pagane, e dunque… Tuttavia, in questo discorso un po’ c’entra anche la filosofia, specie quella classica. I filosofi, stavolta in veste di critici calcistici, inscenano negli studi televisivi le loro diatribe, ma esse sono soltanto apparenti: a differenza dei sofisti, che già mettevano in dubbio l’esistenza e l’efficacia dei loro dei e fingevano di sostenere tesi contrapposte, in quei salotti tv sono tutti d’accordo, di solito, nel dar ragione alla Juventus, assurta al rango di semidivinità e di regina delle Vittorie (almeno italiane…). Si lanciano in sottili interpretazioni delle Pandette calcistiche e di tutti i loro commi, per avvalorare la decisione dell’arbitro (quella che ieri ha condizionato tutta la partita) e per dimostrare che sì, tutto sommato, quel provvedimento, guarda caso, a favore della Juve, poteva essere adottato. Bastava che il portiere del Napoli avesse l’intenzione di colpire il Regale Avversario che gli stava piombando addosso, poi saltandolo senza sfiorarlo e crollando come colpito da un fulmine divino, per punire il reo con l’espulsione. Così recita il Regolamento.

 

Insomma, nessun epinicio per esaltare il celebrato campione, stavolta un po’ malandrino: basta un’accurata lettura delle norme. Peccato che la Grundnorm, quella fondamentale ma non scritta e che non conosce quasi nessuna eccezione da molti lustri, sia tacitamente alla base di tutti i ragionamenti: nei casi incerti, si decide a favore della Juventus. In dubio, pro Juve. Ne sanno qualcosa, nei decenni, le squadre che hanno avuto la (s)ventura di competere con la Vecchia signora, dall’Inter alla Roma, appunto fino al Napoli.

 

Insomma, Eupalla coarta tutti i sofismi di Gorgia e la sofisticata sapienza giuridica di Triboniano: quando scende in campo la squadra con la maglia a strisce bianche e nere, non ce n’è per nessuno. Almeno in Italia, ripetiamo. Spesso pensiamo che questo sistema di privilegi derivi dalla potenza non solo economica della Proprietà: è un errore. Qui c’entrano gli dei, e contro gli dei, nulla possiamo. La stessa Eupalla assume infatti gli aspetti cangianti di Ate, la dea dell’Errore, di Eris, la dea della Discordia, di Vulcano, il dio della tecnica, a sua volta tramutato nell’Essere semidivino VAR, dall’incerto sesso e dai misteriosi verdetti, e perfino di divinità forse escluse dall’Olimpo, ma ben presenti tra i fanatici, pardon, gli appassionati di calcio: alludo ai Numi della Rassegnazione e della meschinità, quelli che, ad esempio, pensano che non sarà possibile per chissà quanto tempo vincere qualcosa nell’Italia del calcio e per questo si abbassano a sperare nella vittoria dello straniero, spaccando così la Polis calcistica, in odio al tiranno bianconero.

 

A proposito di bianco e nero: ho sotto gli occhi la foto pubblicata da “Il Napolista”: è un’istantanea dove figura la formazione di un remoto Napoli, che il 6 Dicembre del 1959, all’inaugurazione dello stadio San Paolo (che non si chiamava ancora così), batté per 2 a 1 proprio la Juventus di Charles, Sivori e Boniperti, una corazzata anche a quei tempi. In quel Napoli giocavano solo due o tre calciatori di livello: il portiere Bugatti, il centravanti Vinicio, l’ala Pesaola; gli altri erano della categoria – pure inventata da Brera – dei “puzzapiedi”, quando i calciatori non frequentavano stupende modelle e non guadagnavano abbastanza per comprarsi “profumi e deodoranti”, per dirla con Battiato.

 

Forse allora Eupalla era in letargo, come le è capitato poche altre volte nella storia. Per cambiare le cose, ci vorrebbe un nuovo Diego, gran sobillatore di folle e incantatore di quel magico strumento sferico; o ci vorrebbe un accordo negli intermundi, fra San Gennaro, Mercurio ed Eupalla.

Giuseppe Del Ninno

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