“Ritengo una fortuna poter mescolare all’inchiostro il mio sangue e rendere seria da tutti i punti di vista la funzione di scrivere”. Questo passo della lettera Drieu al fratello inquadra la scelta controcorrente dello scrittore francese. Non solo impegnato nel raccontare storie o romanzi, ma in prima linea nel disegnare orizzonti per i popoli europei, fino alle estreme conseguenze. “Pellegrino del sogno” di Sandro Marano, poeta ecologista e studioso della letteratura fascista tra le due guerre, è un raffinato saggio sull’autore di “Fuoco fatuo“: l’opera consente anche ai lettori meno addentro alla tempesta d’acciaio del novecento di cogliere la cifra di un francese che pensava da europeo e non accettava di ridurre la vita e la sua caratura di intellettuale a quella di cane da guardia del potere, di prezzolato dal governismo sempre più forte e invasivo.
“C’è l’inquietudine e c’è la bellezza”, scrive Marano definendole “il pane quotidiano del viandante”, ma soprattutto gli elementi fondanti la poetica di Drieu. Non a caso Alfredo Cattabiani lo inquadro tra “gli scrittori francesi che hanno avvertito più tragicamente e intensamente la crisi dell’uomo occidentale. (…) La consapevolezza della decadenza non era per lui un alibi, una giustificazione per accomodarsi nella poltrona del nichilismo senza speranza. In lui era viva l’esigenza di una rivolta per modificare una situazione personale e sociale che giudicava negativa”.
Marano, riprendendo il filo interrotto di studi e contaminazioni sui romanzieri fascisti francesi del compianto Moreno Marchi, tratteggia di Drieu il profilo ecologista, socialista nazionale, quello di indagatore dell’animo umano, tra guerre e decadenza. “Da un capo all’altro dell’Europa siamo milioni e siamo soli. Moltitudine solitaria, chi darà notizia della nostra sconosciuta pena?”, scriverà l’intellettuale francese in “Lamento dei soldati europei”. E soprattutto coglierà come l’azione “politica” è una risposta possibile, e rischiosa, al nichilismo che subdolamente annichilisce l’animo degli europei, riflessione di straordinaria attualità nel nostro tempo:
“Il segreto è rallegrarsi dell’imperfezione del mondo. Loro chiedono a che serve la guerra, ma quel che vogliono dire è: a che serve la vita? Si deve scegliere tra nulla e caos”.
Ne L’uomo a cavallo, infine, Drieu codifica un insuperabile ritratto dell’archetipo del patriota:
“Ma anche un uomo che aspira all’alto rimpiange sempre la patria. Jaime rimpiangeva la patria e anch’io la rimpiango. Jaime se ne andava a piedi. Portava con sé poco bagaglio, nessuna arma se non un coltello. L’accompagnai fuori dell’accampamento. Mi lasciò camminare per un’ora accanto a lui. Avevo il cuore afflitto e mi chiesi all’improvviso perché Jaime non mi permetteva di accompagnarlo. (…) Aggiunse: “Sai bene, amico mio, che non possiamo fare nulla l’uno per l’altro. Apparteniamo alla razza di chi vuol morire con gli occhi limpidi. E’ tempo di morire, l’uno per l’altro, come per tutto ciò che abbiamo amato.” Ebbi ancora una crisi di futilità, di curiosità e gli chiesi: “Raggiungerai gli Inca?” Alzò le spalle. Piangemmo ancora. Ma, alla lunga, ci stancammo di piangere. Allora poté partire. Guardavo le spalle dell’uomo dietro al quale avevo camminato per vent’anni. L’uomo a cavallo era a piedi”.
Meglio essere patrioti e “pellegrini del sogno”, in piedi, uomini della razza di chi vuol morire con gli occhi limpidi, che corifei del potere strisciante che vorrebbe silenziare il grido di dolore dei popoli europei.
*”Pierre Drieu La Rochelle, pellegrino del sogno” di Sandro Marano, pp. 102, euro 12, Luigi Pellegrini editore