“Elmetti, lucenti, snelli nelle eleganti uniformi bleu, lo scudo quadrato penzolante dal braccio sinistro, i matraques puntati a terra, centinaia di flics pattugliano il Quartiere Latino. Stamattina, alla Sorbona non ci si arriva da nessuna parte: carri e uomini in rue de la Seine, rue de l’Odéon, rue Saint Jacques; il Boulevard Saint Michel pieno di gardes mobiles col moschetto a tracolla, C.R.S. in tenuta kaki. Tento di passare con disinvoltura davanti al Café de Cluny, ma un braccio blu scatta come una sbarra meccanica all’altezza del mio collo: ‘Où allez-vous?’. Non si passa da nessuna parte. I poliziotti guardano con sospetto il mio occhiale rotto (vagli a spiegare che non è stato negli incidenti di venerdì, ma al Point Gamma, il ballo dell’école Polytechnique, durante un borghesissimo jerk). Finalmente in Boulevard Saint Germain, all’altezza del cinema Danton, scoppia un rumore tambureggiante, confuso. Torno indietro rapidamente, ils sont là. Il corteo degli studenti si è fermato e sta richiamando i dispersi; si scandisce ‘li-be-rez nos ca-ma-ra-des’ col caratteristico batter delle mani (tre colpi lenti e tre veloci). L’agitazione aveva avuto un periodo di incubazione di una decina di giorni, corrispondenti pressapoco al mio arrivo a Parigi.
Parigi, 26 aprile. Intendo prendere contatto con Servan Schreiber – o qualcuno dei suoi collaboratori – per verificare le sue intenzioni riguardo la diffusione della sua tematica europeista, lanciata con gran rumore dal libro ‘La sfida americana’ (600mila copie vendute sinora in Francia, più le edizioni negli altri paesi d’Europa). Impossibile trovare S.S., il quale, dopo una serie di importanti riunioni in provincia, dove ha parlato dinanzi a migliaia di studenti e di quadri a Lione, a Rennes etc, è partito per la Svezia Parlo invece con un deputato gollista. Secondo lui c’è un accorto tra Giscard d’Estaing e Servan Schreiber per il famoso post-gollismo. (….)
Parigi, 2 maggio. La lezione di sociologia nell’Amphi Richelieu è abbastanza affollata. Una ragazza col treccione, è dell’Union des Etudiants Communistes, ci spiega prima dell’inizio della lezione che gli studenti debbono agire democraticamente e che solo la classe operaia è rivoluzionaria. Tutti sghignazzano, i cinesi delle JCML, i Trotzkisti dell FER, i nazionalisti europei di “La Nation européenne”, gli agitatori del Mouvement d’Action Universitaire. Il PCF è incredibilmente stupido; “l’Humanité” ha pubblicato attacchi contro le agitazioni studentesche, quelle di Nanterre in particolare, con un linguaggio degno del “Borghese”: gli studenti sono figli di papà, debbono smetterla di agitarsi, eccetera. I pochi comunisti ortodossi sono regolarmente presi a pernacchie.
Meeting nel cortile; anche la Sorbona entra in agitazione. Prima si muoveva solo Nanterre, un insieme di facoltà distaccate a sud di Parigi, agitate dal movimento anarchico ‘del 22 marzo’, diretto dal tedesco Cohen-Bendit. Ora c’è stata una escalation della violenza: il 28, la esposizione per il sud Vietnam è stata attaccata da circa duecento filocinesi, giunti zitti zitti in pieno Saint Germain des Prés a bordo di camionette. Cento stanno a fare il cordone, cento entrano; caschi, manici di piccozze, sbarre di ferro, rasoi. Tutti i 24 presenti feriti, a Roger Holeindre gli mettono la corda al collo, stavano per impiccarlo. E dire che due giorni prima Pierre Bousquet mi aveva invitato ad andarci. Meno male che ero a Londra: sarebbe stato il colmo farmi mandare all’ospedale come filoamericano!
Comunque, oggi c’è stata la risposta del movimento Occident, un gruppo di attivisti di estrema destra. Assalto alla sede dell’UNEF (sindacato universitario di sinistra) al quinto piano dell Sorbona, uffici distrutti, appiccano il fuoco e se ne vanno. Che fiuto politico (invece quelli de “La Nation européenne” si trovano mescolati ai cinesi che hanno diturbato gravemente le celebrazioni del primo Maggio organizzate dalla C.G.T. e dal PCF)!
Quindi, meeting antifascista organizzato dall’UNEF e dall’UEC. Ma qui sorgono le prime grane: i ragazzi delle Jeunesses Communistes Marxistes-Leninistes (JCML, cioè i cinesi) se ne vengono fuori: macché antifascisti! I gruppetti di estrema destra sono solo un pretesto: la verità è che il PCF sta con Mitterand, col neocapitalista Defferre, con Mollet, l’imperialista di Suez. Applausi. Un amico legge ad alta voce “l’Humanité” e vi appicca il fuoco; grida, confusione. Ogni decisione è rimandata a domani.
Parigi, 3 maggio. Il Comitato per l’indipendenza dell’Europa, fondato dieci mesi fa per costituire un polo d’attrazione per tutti gli “intellettuali progressisti, nella prospettiva di una lotta coordinata contro l’egemonia americana, per l’indipendenza e la modernizzazione dell’Europa”, pubblica un Manifesto per l’indipendenza dell’Europa, firmato da decine di intellettuali tanto gollisti che della sinistra non comunista.
(….)
E’ sorprendente che questa presa di coscienza non si sia ancora concretata nella costituzione di un partito nazionalista europeo: forse stiamo uscendo ora dalla fase carbonara del Risorgimento europeo. Ma se De Gaulle è il Cavour dell’Europa, perché il Mazzini non viene fuori? Forse dovremmo fare un po’ tutti da “Mazzini collettivo”, è il parere di Gérard Bordes, direttore de “La Nation européenne”. Mentre scendiamo lungo Rue de Rivoli, le ultime notizie sulle bagarrese di stasera alla Sorbona, iniziate dai cinesi che hanno scavalcato l’UNEF.
Altro che meeeting antifascista! Tra una manganellata e l’altre delle forze dell’ordine, nei brevi intervalli tra gli urti brutali e il fitto lancio di pietre, si scandiva “Mitterand au poteau”, Mitterand al patibolo! Commenti velenosi dell’Humanité contro i cinesi che sono provocatori, esagitati, antidemocratici e, manco a dirlo, fascisti. Indetta una manifestazione per lunedì mattina; la Sorbona è stata chiusa.
Parigi, 4 maggio. Alla Brasserie Lipp c’è Hans, che torna da Monaco con Danielle e Peter, lo svedese altissimo (del movimento nazionalcorporativo di Per Engdhal); passando da Stoccarda ha visto i dirigenti regionali del NPD.
La tesi di certa stampa – soprattutto la stampa moderata italiana -, secondo la quale il successo elettorale dell’NPD sarebbe dovuto alle agitazioni studentesche di estrema sinistra, dimostra o malafede o ignoranza sbalorditiva. L’NPD ha tolto pochi voti ai cristiano-democratici: i moderati, è confermato dalla sociologia elettorale, votano sempre moderato; se sono infastiditi, serrano vieppiù i ranghi (vedi il 18 aprile in Italia, aggiungo io). Solo in caso di crisi economiche profonde il piccolo borghese diventa furioso e passa all’estrema destra. Qui è diverso: un quarto dell’elettorato socialdemocratico ha votato per il partito di Von Thadden. Il motivo è semplice: non tutti i voti SPD erano voti socialisti; la maggior parte erano voti dati al partito di opposizione. Voti protestatari, insomma. Nel momento in cui l’SPD va al governo, e c’è un forte e organizzato partito di opposizione nazionale, i voti vanno a questo. In Italia, penso io, dove il PCI è un partito essenzialmente protestatario, se ci fosse stato un partito nazionalrivoluzionario serio, avrebbe tolto a i comunisti almeno due milioni di voti. “Il Baden-Wurttemberg – dice Hans – è un Land moderato, lo è sempre stato; agitazioni studentesche non ce ne sono state, anzi all’università è forte l’NPD. Liberali e democristiani hanno continuato a votare come prima; è stata la frana del partito di Brandt che ha fatto superare al NPD la percentuale del 10 per cento. Naturalmente il partito ha fatto un lavoro enorme, migliaia di riunioni, è un partito di attivisti”. (da la rivista “L’Orologio”, maggio 1968 – documento dell’archivio di Amerino Griffini)