Un nuovo centrodestra, 2.0, con venature più marcatamente popolari e distante dalle passate suggestioni tecnocratiche, si è ricompattatto a Bologna. Matteo Salvini ha indovinato la data e la città: espugnare un luogo storico della sinistra, insieme a Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, colorare di tricolori e bandiere dei propri partiti piazza Maggiore, ha un doppio valore simbolico, perché i leader dell’opposizione hanno rimarcato soprattutto temi sociali e identitari, dall’attenzione agli ultimi e ai poveri, alla lotta contro i burocrati dell’Ue e le dissennate politiche di austerità. Temi dimenticati dalle sinistre prone ai diktat della finanza e sorde ai richiami di dolore delle classi lavoratrici, o del mondo dei lavoratori atipici, esclusi dalla narrazione renziana.
Nessun ritorno al Polo della Libertà per battere il neototalitarismo renziano
Salvini ha dettato il ritmo, una nuova formula popolare per scardinare il neototalitarismo soft di Renzi: “Per vincere – ha spiegato – bisogna essere uniti, ma senza organizzare un ritorno al passato. Questo non è un ritorno al ’94, alle vecchie formule, alle marmellate, qua comincia qualcosa di nuovo che è guidato dalla Lega, ma che è aperto a tutti gli italiani che oggi sono lontani dalla politica”. L’intuizione è rivolta a coinvolgere in un processo di cambiamento i tanti venti-trentenni affascinati dai proclami protestatari di Grillo o imbalsamati nell’astensionismo per la modestia delle proposte politiche in campo. Se ci sarà un fronte identitario con ambizioni di governo, non potrà crescere senza innesti di forze nuove, di volti nuovi e di nuove competenze oltre a quelle presenti in Lega, Fdi e in quello che resta di Forza Italia.
Il ruolo di Berlusconi
Berlusconi ha sentito l’ebbrezza della piazza dopo la “forzata” lontananza e ha dovuto riconoscere che questo scatto anti-Renzi si deve all’impegno di Salvini in primis: nonostante i suoi anni e i tanti errori e le posizioni morbide o “nazarene”, salendo sul palco di piazza Maggiore ha scelto di posizionarsi – rischiando contraccolpi nel Ppe – nel solco dei movimenti eurocritici, nonché alternativi all’europeismo parolaio del Pd e di Renzi. Insomma si è definito un perimetro di alternativa, che presto dovrà confrontarsi anche con le piccole aggregazioni neocentriste che si sono riunite oggi a Norcia (Quagliariello, Augello, Piso e Tosi) e Roma (Fitto e i conservatori), e con i movimenti di destra (Sovranità) che hanno registrato dissensi con Salvini.
I programmi oltre gli slogan, per evitare una “figura di Tsipras”
L’opposizione di destra a Renzi ha il merito di non aver fatto abbassare l’attenzione pubblica su temi cruciali come gli esodati, l’identità, l’immigrazione, gli effetti delle delocalizzazione per le industrie. Ma sull’Europa ha avanzato slogan senza possedere una conoscenza tecnica dei vincoli che si possono discutere e ribaltare. Procedere a naso, alla fine, potrebbe riservare un epilogo grottesco, in due parole una figura di Tsipras: il premier greco, dopo tanti proclami, si è allineato ai diktat dell’Unione, rinnegando il voto popolare del referendum. Le prossime politiche italiane saranno anche un referendum su Europa e sovranità, da affrontare con contezza dei rimanenti poteri che afferiscono ai governi nazionali.
La sfida delle amministrative
Torino, Roma, Milano, Napoli, Bologna: le elezioni per i sindaci delle metropoli saranno tappe essenziali per ridare nuovi volti, idee, programmi e forza pragmatica al fronte anti-Renzi. Barbadillo non crede che le primarie siano la salvezza di una alleanza, ma ogni formula partecipata e aggregante è meglio dell’attendismo e di incoronazioni in luoghi che sviliscono la politica (vedi la proposta Marchini lanciata da Berlusconi dal divano della festa della Di Girolamo). Nell’indicazione di un percorso a tappe, condiviso e con le potenzialità competitive nelle metropoli si misurerà il nuovo corso dell’opposizione nazionale 2.0. Dopo il tempo dei comizi, c’è quello dell’organizzazione, delle candidature, delle alleanze. Insomma dopo le parole ci vogliono i fatti.