“«Il mio intento è mostrare come la società capitalistica di oggi promuova un sistema competitivo che produce un divario enorme di ricchezza e contribuisce a creare un nutrito gruppo di perdenti. Non ho risposte da dare, il mio è un modo per riflettere sulla nostra società: in che mondo stiamo vivendo?». Il creatore e regista Hwang Dong-hyuk sintetizza così l’essenza di Squid Game che tre anni fa è diventata un fenomeno globale su Netflix: con oltre 265 milioni di visualizzazioni è stata la serie più vista di sempre”: questo e’ l’incipit dell’articolo del Corriere della Sera sulla seconda serie dello sceneggiato orientale.
Il ritorno della serie sudcoreana su Netflix mostra in pieno come le critiche più acuminate al nostro tempo e alle sfumature che sta prendendo il capitalismo tra sorveglianza digitale e sradicamento delle sedi produttive non siano più una prorità dell’Occidente o dell’Europa. Latitano i pensatori profondi che indagano la contemporaneità? In Italia e nell’Ue ci sono solo poche voci dissonanti e tanti pensatori deboli. In Oriente, dove i fenomeni di solitudine digitale, di disumanizzazione e di squilibri sociali iniziano ad essere più marcati ci si interroga sulla direzione intrapresa. Anche con le serie tv. Perche’ ormai le serie tv sono una nuova forma di letteratura, uno strumento di formazione dell’immaginario culturale collettivo. A cui la politica e la cultura spesso hanno guardato con sufficienza, minimizzandone la portata. Mentre forgiano il pensiero delle nuove generazioni. Nel caso di Squid Game, con un indispensabile spirito critico rispetto a una competizione sempre più sfrenata.
Il capitalismo non ha alternative pratiche.Bisogna solo regolarlo.
Non esiste mercato senza capitalismo. Non esiste economia senza mercato. Non esiste una società prospera senza un vero mercato. Se per decreto proibiamo al cittadino di far quattrini, per sé, la famiglia, gli eredi, condanniamo una società all’obsolescenza, alla corruzione, all’elefantasi burocratica, al peggior statalismo inefficiente, alla povertà.
È normale che in una società ci siano ricchi e poveri. Legge di natura, come ci sono gli alti ed i bassi, i belli ed i brutti, gli intelligenti ed i tonti. Lo Stato deve garantire una certa eguaglianza di condizioni.